Giovani al volante ed il rispetto della vita

Data: 01/10/04

Rivista: ottobre 2004

Il nostro presidente Pino è attivamente impegnato da anni a dialogare nelle scuole coi ragazzi per spingerli a tener in maggior conto la propria vita. In questa veste, sabato 18 settembre, è stato contattato dal quotidiano Il Trentino per un’intervista sui troppi drammi della strada che quasi quotidianamente fanno prima pagina sui giornali. La riproponiamo qui.


Sulle strade rispettate la vita!

Anche quest’anno le strade trentine sono state teatro di drammatici incidenti nei quali la protagonista assoluta è stata la morte di vite giovani.

Ogni volta che i mezzi d’informazione raccontano questi fatti tragici non posso non pensare a quella che è stata la mia storia personale, di sopravvissuto da un incidente della strada. Anch’io, come quei giovani, stavo vivendo una notte in compagnia di amici: festeggiavamo l’addio al celibato di uno di noi. C’era allegria, in parte dovuta ai brindisi che hanno accompagnato la cena. La macchina era veloce, la musica a tutto volume riempiva l’abitacolo. Quanti di voi hanno vissuto questa situazione? Di colpo lo schianto e alcune ore più tardi mi sono trovato su un letto d’ospedale, in terapia intensiva: le mie gambe, le mie braccia non rispondevano più. Oggi, a 25 anni di distanza, vivo la mia disabilità con speranza e cercando di trasmettere, soprattutto ai giovani, un senso di responsabilità nei confronti della propria esistenza. Da alcuni anni partecipo ad incontri all’interno delle scuole medie e superiori del Trentino proprio per portare la mia testimonianza. Senza la presunzione di poter salvare delle vite umane, ma consapevole che il mio esempio possa far riflettere.

Nei dialoghi con i giovani e leggendo le cronache dei giornali sono arrivato alla conclusione che purtroppo sono molte le persone che non hanno rispetto per la sacralità della vita, una sacralità intesa anche in senso laico. Bere per vincere la timidezza, correre per sentirsi importanti nel gruppo sono alcuni dei comportamenti che i giovani mi raccontano nei nostri incontri. E, poi, quei particolari ricorrenti nelle stragi sulle strade: la velocità e l’orario. Di fronte alla morte e al dolore delle famiglie il rispetto non deve mai venire meno, tuttavia non possiamo nascondere certe responsabilità. Si possono togliere tutte le curve dalle strade, gli alberi, ma la responsabilità comunque di chi si mette al volante e di chi siede con lui: i passeggeri, come ho avuto modo di dire tante volte agli studenti delle scuole, hanno il diritto-dovere di costringere chi sta guidando a moderare la velocità a costringerlo a fermarsi o, provocatoriamente, scendere dalla macchina.

Non è sufficiente invitare i giovani ad andare piano in auto, a non bere e a non rientrare a casa troppo tardi. Non è sufficiente se nessuno ha insegnato loro il valore della vita. La vita è fatta (anche) di limiti: i nostri giovani dovrebbero imparare a conoscerli prima che il senso d’onnipotenza, sotto forma di acceleratore, li trascini verso la morte. Troppe volte le strade diventano luoghi di sfida, luoghi dove si cerca di esorcizzare i problemi e le sofferenze che inevitabilmente fanno parte della nostra quotidianità. Io, paradossalmente, convivendo con la sofferenza ho imparato ad accettarla e quindi ad amare e apprezzare la vita e non ritengo la mia esistenza di serie B per il fatto di essere su una carrozzina. Non si deve però arrivare a questa estrema conseguenza perdere l’uso delle gambe o peggio ancora la vita stessa per comprendere il valore sacro dell’esistenza.

Non è mia intenzione e compito spiegare i motivi (famiglie, scuola ecc.) per cui molti giovani non hanno coltivato questo senso di responsabilità nei confronti della vita. Voglio però invitare ragazzi e ragazze a visitare i centri di riabilitazione, a prendere concretamente contatto con quelle che sono le conseguenze degli incidenti. Ricordiamoci: ogni anno l’Italia deve far fronte dai 1000 ai 1500 nuovi casi di para-tetraplegia. Ne vale la pena?

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