Le strutture pubbliche, pur con le migliori intenzioni, non riescano a coprire tutte le necessità sociali espresse dalle fasce disagiate, anziani, malati, bambini e abbandonati, largamente presenti nella nostra società.
Di tutta questa gente, chi se ne fa carico? Lo Stato? Le strutture locali? Sì, ma ad affiancarlo c’è un mondo che, pur senza poter contare su grandi risorse economiche, su strutture territoriali pubbliche e mezzi adeguati, fa fronte alle mancanze degli organismi istituzionali con grande efficacia: è il volontariato capace di affrontare situazioni anche là dove l’ente pubblico non è in grado di intervenire.
Un italiano su dieci fa il volontario: in totale ben 600.000 persone che dedicano con continuità ed in modo del tutto gratuito parte del loro tempo a cause solidali (altri tre milioni lo fanno in modo saltuario) assistendo 2 milioni e mezzo di persone.
Si riconoscono in tredici mila organizzazioni, in aumento anno dopo anno, per le quali svolgono un’attività equivalente a quella fornita da quasi 70 mila lavoratori, pur senza ricevere particolari attenzioni dallo Stato.
Curiosamente si è sempre ritenuto che il volontariato si basasse per lo più sull’impegno di persone ormai in pensione o alla ricerca di un’attività, magari non troppo costrittiva, che desse loro l’opportunità di sentirsi ancora utili.
Un’idea totalmente superata stando a quanto emerge da una ricerca effettuata dal Dipartimento per gli Affari Sociali qualche tempo fa su un campione di 1600 giovani tra i 15 e i 29 anni: sono tantissimi, addirittura 1 su sette, quelli che fanno volontariato ed il 60% di essi continua il suo impegno oltre il primo anno.
Ma dove si impegnano? Dalla ricerca emerge che il settore socio-sanitario è quello che esercita la maggior attrazione: ben il 48% degli intervistati s’impegna nell’assistenza sociale, il 32% in quella sanitaria mentre il 18% pratica attività educative.
Il volontariato rimane comunque un’esperienza praticata da meno del 13% dei giovani che in un caso su tre hanno iniziato la loro esperienza di solidarietà in parrocchia. E il 77% come giustifica il loro disimpegno? Poco tempo e “pigrizia”, insieme alla limitata conoscenza delle cosiddette “associazioni no profit”, tengono lontano molti giovani dall’accesso al mondo organizzato della solidarietà. Ecco di seguito alcune risposte date dai giovani:
Attualmente svolgi attività di volontariato?
Sì 12,9%.
Ritieni molto, poco o per niente importante l’operato di coloro che svolgono attività di volontariato?
Molto 91,6%; abbastanza 3,9%; poco 4,1%; per niente 0,4%.
In quale dei seguenti settori dovrebbe operare chi svolge attività di volontariato? E poi?
Assistenza sociale 54,6%; assistenza sanitaria 40,1%; ambiente 24,7%.
Chi, tra i soggetti elencati, promuove maggiormente le attività di volontariato?
Le associazioni 52,1%; la Chiesa 35,4%; le singole persone 26,8%; i comuni/le regioni 15,9%; i partiti 2,2%; non sa/non risponde 2,3%.
Come ti sei avvicinato all’attività di volontariato?
Attraverso la parrocchia 31,8%; ne hai sentito parlare da amici e conoscenti 27,3%.