Gli amici lo ricordano così

UN SALUTO DAGLI AMICI:

Carlo Nichelatti:

Pino, ci siamo conosciuti più di 25 anni fa, io avevo da poco tempo avuto l’incidente e restavo in casa, arrabbiato con il mondo, in imbarazzo per la mia nuova condizione. Un giorno, non ne ricordo il motivo, sei venuto a trovarmi per farmi coraggio, per dirmi che la vita non era finita, ma che sarebbe stata diversa. Così è nata un’amicizia. Tu eri invalido già da molto tempo e avevi appena creato la cooperativa La Ruota. Io ero un adolescente che doveva finire le scuole superiori e proprio grazie a quel nuovo strumento di trasporto ho potuto frequentare e finire gli studi senza gravare eccessivamente sulla mia famiglia.

Da diretto conoscitore della disabilità, avevi la tenacia e la capacità di trovare le soluzioni e di renderle disponibili a tutti. Un pioniere che affronta situazioni ostili ed inesplorate per far strada a coloro che verranno dopo. Lo hai fatto con la cooperativa la Ruota, con l’associazione Prodigio e con gli appartamenti domotici quando la domotica era “roba da film di fantascienza”.

Con la tua testimonianza, non solo nelle scuole, hai aperto gli occhi e le menti a tanti ragazzi, mettendoli di fronte alla disabilità, un mondo per molti sconosciuto. Raccontavi la tua storia per far capire che la vita è preziosa,che va rispettata, che basta una sciocchezza per metterla a rischio e che il divertimento non può prescindere dalla sicurezza.

Ora sono qui a salutarti ancora una volta. Sono sicuro che il Signore ti ha accolto tra le sue braccia come un figlio che ha usato con profitto i propri talenti e che nella vita ha cercato solo di fare del bene.

Ciao Pino, mi mancherai tanto.

Diego Freo racconta:

Ho conosciuto Pino Melchionna nel marzo 1990.

Stavo cercando lavoro e avevo letto sul quotidiano l’Adige di Trento di una nuova cooperativa sociale che si proponeva di aiutare le persone con problemi di deambulazione a spostarsi sul territorio. Non solamente per andare al lavoro o per cure sanitarie, ma anche per andare al cinema, in pizzeria o a trovare un amico.

Mi sono presentato presso la sede della cooperativa La Ruota (in Via Degasperi 59) dove ho trovato i soci fondatori, tra cui Pino, il Presidente.

Con entusiasmo Pino Melchionna mi ha raccontato che l’idea della cooperativa era nata da un suo bisogno – acquisire maggiore autonomia, senza dovere sempre dipendere dai favori dei familiari e degli amici – che era però anche il bisogno di molte persone che come lui, per malattia o infortunio, si erano ritrovate su una sedia a rotelle, giovani o meno giovani, ma comunque con la voglia di vivere.

Dopo alcuni mesi di tirocinio, mi ha assunto come autista-accompagnatore.Da quel giorno, per una decina d’anni, ci incrociavamo quasi quotidianamente. Nella sua veste di Presidente della cooperativa La Ruota, che nel breve volgere di alcuni anni si andava sviluppando sul piano dimensionale, territoriale e nella tipologia dei servizi offerti; e come utente del servizio di trasporto ed accompagnamento. Pino stesso utilizzava in prima persona questo servizio per andare in cooperativa, a messa, a trovare i suoi molti amici o a parlare con i politici e gli amministratori locali per proporre innovative soluzioni per aumentare la qualità della vita di anziani e persone con varie forme di disabilità; ma era anche un amico, con il quale scambiare due parole, bere un caffè al bar e commentare le gioie e le fatiche del vivere.

Dal 2000 in poi ci siamo visti meno assiduamente. Io impegnato in un nuovo lavoro; lui nell’avvio e nel consolidamento di un’altra sua “creatura”, l’associazione PRODIGIO con la quale proseguiva la sua attività di promotore di iniziative di sensibilizzazione rispetto alle tematiche della disabilità.

Le nostre strade si sono nuovamente incrociate a partire dal 2010, quando con sorpresa l’ho incontrato nelle aule del Centro di Formazione professionale Enaip di Villazzano – dove attualmente lavoro − impegnato come testimone nel modulo denominato “Educazione della responsabilità”.Da allora, quasi ogni anno, veniva a scuola per parlare ai nostri studenti e raccontare la sua storia: la dinamica del suo incidente, la lunga degenza, la riabilitazione e il ritorno a casa; l’arrivo al bivio tra il lasciarsi andare o l’essere utile ad altre persone nella sua situazione. Incontri che non vertevano solo sulla (necessaria) sicurezza stradale. Ma soprattutto su domande di senso, che distinguono l’essere umano e che catturavano l’attenzione anche dei nostri studenti più refrattari alle attività d’aula.

Un grazie di cuore a Giuseppe Melchionna, che ha fatto nascere la prima cooperativa di trasporto disabili del Trentino, l’associazione PRODIGIO, e poi la sua casa domotica, abitata e non costruita per scopi puramente didattici, e tante altre iniziative di cui è stato promotore e anima pulsante.

Dorotea Maria Guida scrive:

Mi sono commossa e addolorata per la spiacevole notizia della perdita di Pino Melchionna.

Purtroppo io non ho conosciuto personalmente Pino, ci siamo scritti delle e-mail e ci siamo intrattenuti alle volte al telefono.

Ma egli ha avuto grande merito di avermi trasformato da scribacchina di poco conto in provetta giornalista freelance.

Con gli articoli che ho scritto per Pro.di.gio ho scritto il mio primo libro, ossia una raccolta di interviste ad amici e conoscenti disabili dal titolo “Ops… ho scordato la disabilità a casa”

Gliene sarò sempre grata.

Esprima il mio cordoglio ai suoi familiari ed amici più cari.

Ringraziandola,  la saluto.

 

Maria Devigili ricorda così:

Pino

E’ la prima volta che mi si chiede di scrivere qualcosa per una persona che non c’è più. Quindi non so neppure da dove incominciare. E’ un po’ come quando ho scritto il primo articolo per Prodigio: “da dove inizio?” mi chiedevo. Eppure, è strano, ci sono così tanti ricordi che è difficile condensarne uno solo. Per questo ora mi fermerò solo su due ricordi. Il primo e l’ultimo ricordo che ho di Pino. Il primo. Anno 2003, in un bar della Clarina, la prima volta che ci siamo visti. Accadde perché avevo risposto ad un annuncio appeso alla bacheca dell’Università: cercasi volontarie aspiranti giornaliste. Pino mi spiegò che si trattava di Servizio Civile, fino ad allora non era mai stato aperto alle donne. Di quell’incontro ricordo il suo inseparabile berrettino, la sua sicurezza, il suo essere vulcanico. Da lì a poco scoprì anche che non appena aveva un’idea, cercava di metterla in pratica. Per questo a me sembrava in un certo senso un uomo d’affari. La sua intraprendenza lo ha portato a fare molte cose e credo che ne avrebbe fatte molte di più se solo ne avesse avuto il tempo. Aveva anche una parte fortemente introspettiva, legata alla fede. Quella parte la lasciava intravedere solo a volte, non amava sbandierarla in modo plateale. E poi c’era il Pino “comico”, chi non si ricorda il suo neologismo “handicappone” ? Ironico e autoironico, sempre con la battuta pronta, capace di sdrammatizzare in ogni occasione, come ad esempio nel caso di certe atmosfere iperformali (capitava spesso ai tavoli della Provincia). E veniamo all’ultimo ricordo. Poco meno di un anno fa, al telefono, per scambiarci gli auguri di Natale e per concordare un articolo su Prodigio. La cosa strana è che non ricordo molto di quella telefonata. Avevo il proposito di andare a trovarlo ma in Trentino ci tornavo, ci torno, poco. Non pensi mai che quella è l’ultima volta che lo sentirai e se anche lo sapessi forse non diresti nulla di sensato. Anche perché il senso non è facile trovarlo, io lo sto ancora cercando. Ma credo che Pino lo avesse già trovato, un bel po’ di tempo fa.

 

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