HIROSHIMA, 6 AGOSTO 1945

Ho scritto questo racconto nella ricorrenza del settantacinquesimo anniversario dello scoppio della prima bomba atomica su Hiroshima, quando “l’infinita stupidità umana” (come la definì Einstein) produsse uno dei più grandi orrori che la Storia ci riporta.

Lo ripropongo oggi, che spirano forti venti di guerra, perché non è permesso dimenticare.

“Enola Gay” – Il potente bombardiere B-29, guidato dal pilota dell’aviazione americana Paul Tibbets, porta, dipinto con la vernice rossa, il nome della madre che gli ha dato la vita. Trasporta la bomba che la toglierà a settantamila persone in un solo, tremendo, attimo e ad altre duecentomila nel corso degli anni successivi all’esplosione a causa della radioattività. O, forse, molte di più, poiché nessuno sa quanto veramente sia costato, in termini di vite perse o atrocemente vissute, questo olocausto.

 

Isola di Tinian (Arcipelago delle Marianne) – notte tra il 5 e il 6 agosto

Nessuno dei membri del bombardiere B-29 riesce a dormire: si sa che già da giorni è partito dallo stato maggiore dell’esercito l’ordine di procedere all’attacco. Ora è arrivato anche il “via libera” del servizio meteorologico. Tibbets informa il suo equipaggio che l’ordigno è una bomba nucleare. Non sa se ne comprendono a pieno la potenza di deflagrazione e la forza distruttiva che la caratterizza. Lui è uno dei pochissimi che hanno visitato il laboratorio di Los Alamos dove l’ordigno è stato costruito. «Con questa missione metteremo fine alla guerra; molte vite di soldati e prigionieri americani verranno salvate. E i morti di Pearl Harbour saranno vendicati». È stato convincente? Non lo sa. Ma si fida del suo equipaggio: ne ha scelto personalmente i componenti e sa che obbediranno agli ordini, così come gli è stato insegnato di fare nel corso degli anni di servizio militare.

 

Isola di Tinian (Arcipelago delle Marianne) – 6 agosto ore 2.44

Tibbets ha dato le ultime informazioni ai suoi uomini: «Appena sganciata la bomba indossate gli occhiali di protezione, perché la luce sarà accecante. Farò una brusca virata di 180 gradi per allontanarci il più possibile e non essere investiti dall’onda d’urto generata dall’esplosione». Poi ognuno occupa la sua postazione sull’Enola Gay: tra circa sei ore raggiungeranno l’obiettivo.

 

Nei pressi di Hiroshima – 6 agosto ore 8.00

La stazione radar ha rilevato la presenza di tre aerei americani in avvicinamento. L’ufficiale in comando osserva i punti muoversi sullo schermo. Deve decidere in fretta «Non c’è scorta e volano alti, saranno in ricognizione». Perciò prende la decisione di non lanciare allarmi aerei per non interrompere le attività produttive e di non allertare la contraerea.

 

A bordo dell’Enola Gay – 6 agosto ore 8.15

L’aereo ha raggiunto il bersaglio: il ponte Aioi sul fiume Ota. La bomba viene sganciata e inizia la sua corsa verso l’obiettivo della distruzione totale. Tibbets effettua la virata di 180 gradi, già provata infinite volte durante l’addestramento. Ha calcolato di avere circa due minuti di tempo per sfuggire all’onda d’urto, salvare la propria vita e quella dell’equipaggio e riportare alla base il B-29.

 

Nel cielo sopra Hiroshima – 6 agosto ore 8.16

A 600 metri dal terreno, il meccanismo di sparo si attiva e innesca la reazione a catena.  Nel cielo si forma un’enorme palla di fuoco con un diametro di svariati metri e una temperatura superficiale di circa 300 mila gradi. Una pioggia di radiazioni cade al suolo, provocando la morte istantanea di coloro che colpisce. Le radiazioni luminose, infrarosse e ultraviolette sono visibili a chilometri di distanza. La palla di fuoco, cresciuta a dismisura, incendia tutto ciò che di combustibile trova nel suo raggio d’azione. La potentissima onda d’urto sbriciola edifici di cemento e acciaio. Il novanta per cento della città è rasa al suolo, mentre gli incendi proseguono senza sosta nelle ore successive. È la fine istantanea di settantamila vite umane, polverizzate, bruciate o sepolte sotto le macerie.

 

Isola di Tinian (Arcipelago delle Marianne) – 6 agosto

Dopo il lungo viaggio di ritorno, l’Enola Gay atterra finalmente alla base del 509° gruppo aereo, da cui era partito. L’equipaggio riceve un’accoglienza trionfale e viene festeggiato, applaudito, decorato, filmato e fotografato. Solo Claude Robert Eatherly, il meteorologo che col suo messaggio “Stato del cielo su Kokura coperto. Su Nagasaki coperto. Su Hiroshima sereno, con visibilità dieci miglia sulla quota di tredicimila piedi” ha determinato la sorte di Hiroshima e dei suoi 250.000 abitanti, riceve con turbamento tutti questi omaggi: ha visto sparire la città sotto l’enorme nuvola gialla, quasi che il sole fosse sceso sulla terra, una città industriosa e vivace diventare un enorme calderone ribollente, una spianata di macerie e di fiamme, un girone infernale che non potrà mai dimenticare.

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