In molti pensano non esista differenza tra un drogato e un tossicodipendente, e la maggior parte di coloro che la pensano in questo modo non definirebbero mai sé stessi drogati.
La verità è che un drogato è chiunque si sia sottoposto all’azione di una qualsiasi sostanza stupefacente; non importa se sia successo una volta o mille, se l’effetto sia durato cinque minuti o l’intera notte, il fatto è che qualunque organismo abbia assunto una droga risulta ed è definibile drogato per il lasso di tempo in cui questa è rimasta in circolo.
Vivrò in un brutto posto, avrò scelto le compagnie sbagliate, sarò io in errore, eppure vi giuro che in ventotto anni ho visto più drogati di quanti avrei voluto. Gran parte di loro fortunatamente oggi sono sposati, magari con figli, e hanno superato quel periodo che in molti attraversano in cui tutto va provato, in cui bisogna sempre esagerare, in cui fare la cosa sbagliata “fa figo”. Sono cresciuti, maturati, hanno passato la loro fase trasgressiva trovando la forza di chiuderla definitivamente con un punto, hanno fatto in modo che una fase non diventasse una vita intera.
Ed ecco che arriviamo al tossicodipendente.
Il dizionario definisce tossicomane una persona dedita all’uso di sostanze stupefacenti, e tossicodipendente colui che ha raggiunto un grado tale di intossicazione da non potere più, biologicamente, fare a meno della droga, e che per procurarsela può anche ricorrere ad azioni delittuose e farsi a sua volta spacciatore di droga. Queste definizioni sono certamente veritiere, ma largamente incomplete.
Un tossico annienta se’ stesso e chi lo circonda. Un tossico distrugge la sua vita pezzo per pezzo un giorno dopo l’altro. Un tossico è un bugiardo patologico. Persone di questo genere spengono i sentimenti, lentamente, senza accorgersene, senza riconoscerlo mai nemmeno davanti all’evidenza.
Si allontanano dalla realtà sempre più dopo ogni tiro di coca, dopo ogni fumata, dopo ogni volta in cui hanno scambiato il giorno per la notte e viceversa. Uomini e donne, indistintamente, perdono amore, orgoglio e dignità esclusivamente per una dose o busta in più.
Non sono una tossicodipendente, non lo diventerò, non vorrò mai esserlo, ma ne ho amato uno a tal punto che il mio desiderio di aiutarlo ha distrutto la mia vita, ha cancellato la mia sicurezza, ha reso nullo il mio amor proprio.
Lui mi ha lacerata, e solo ora, dopo tanto tempo capisco che la colpa non è mia se non sono riuscita a salvarlo, ad aiutarlo, a tirarlo fuori da quel buco nero in cui si è rifugiato per anni, o addirittura decenni.
Non puoi aiutare chi non vuol essere aiutato, per quanto ti sforzi, per quanto tu gli stia vicino, per quanta ragione tu possa avere, la droga vincerà sempre su chi non vuole ammettere di avere un problema, una dipendenza.
Per tutto il tempo in cui sono stata con lui ho domandato a me stessa ogni santo giorno come potesse scegliere la droga davanti a me, a noi, al nostro amore; impazzivo, soffrivo, biasimavo me stessa perché non riuscivo a capacitarmene, ad accettarlo, a farmene una ragione. Incolpavo me stessa, mi sentivo inadeguata, cercavo nella mia persona mancanze e difetti che lo spingessero a farsi ancora. Soffrivo. Soffrivo immensamente.
La colpa non era mia, non lo è mai stata.
La colpa in queste situazioni è di chi non accetta e non riconosce la propria dipendenza, di chi minimizza il problema, di chi mente a sé stesso raccontandosi che può uscirne quando e come vuole, di chi distrugge la propria vita per quella misera polverina bianca che distrugge la parte migliore delle persone.
Ho amato un tossicodipendente, forse lo amavo ancora quando l’ho lasciato, ma ho smesso di chiedermelo quando ho capito che non voleva essere aiutato.
Sembrerò egoista: tra lui e me ho scelto me!
Desiderare di aiutare chi ha questo tipo di dipendenza è lodevole ma si arriva ad un punto in cui ci si rende conto che non ce la si può fare senza collaborazione dall’altra parte, e soprattutto senza il sostegno di persone competenti.
Chi non riconosce di essere tossicodipendente difficilmente accetterà di farsi seguire passo dopo passo in una riabilitazione e quasi mai si rivolgerà a strutture adibite appositamente per risolvere questa problematica.
Magari vi prometteranno di farlo, vi asseconderanno, ma troveranno sempre una scusa per eludere ogni promessa e ogni impegno preso.
La verità è che io non avevo i mezzi per risolvere la sua dipendenza, solo lui li aveva, il primo dei quali è sicuramente la volontà di farlo. Il secondo potrebbe essere l’umiltà di ammettere di avere un problema, e a seguire l’impegno di accettare il sostegno di persone competenti nell’ambito.
Ho amato la parte di lui che la droga non aveva ancora intaccato, ho amato ciò che avrebbe potuto essere, ho amato ciò che avremmo potuto essere insieme. Amavo l’idea che avevo di noi, che poi ho capito essere lontanissima dalla realtà.
A volte mi ritrovo ancora a pensare che se non avessi mollato la presa magari ce l’avrei fatta a tirarlo fuori da tutto quello schifo, ma abbandono in fretta quel pensiero perché ancora mi lacera dentro e mi concentro sulla scelta che ho fatto, quella che ritenevo giusta dopo tanta sofferenza: ho scelto me stessa.
Ripeto, non si può aiutare chi non vuol essere aiutato, e nel tentativo di farlo il rischio è quello di perdere se stessi, e, a mio parere, non ne vale la pena.