I benefici della pet therapy

Usata sia per scopi terapeutici che ludici ed educativi, la pet therapy venne
“inventata” dallo psicoterapeuta Boris Levinson nel 1961, dove aver notato il
benessere psichico tratto da un bambino autistico dalla presenza di un cane. In
questo tipo di cura, il rapporto positivo con la natura si traduce dunque in benessere
psicologico. La natura sa infatti offrirci tutto ciò di cui abbiamo bisogno, da sempre.
Inoltre, bisogna considerare la fedeltà degli animali domestici, la loro totale assenza
di giudizio e il fatto che – nel loro accudimento – si crea un contatto fisico e un
legame basato sull’affetto incondizionato. Ecco, quindi, che questo tipo di terapia è
molto utile per chi ha una fragilità perché implica un miglioramento delle capacità
sociali, aiuta nella gestione della rabbia e aumenta l’autostima, ma insegna anche la
disciplina, perché prendersi cura di un animale richiede costanza. Si tratta, insomma,
di un toccasana privo di effetti collaterali. Che sia attraverso un cane, un gatto, un
cavallo o un asino, con la pet therapy ci si trova quindi davanti a una bellezza
tramutata in disponibilità da parte della natura nel farci sentire meglio di cui non
possiamo che essere grati!

 

Cenni storici
Antesignane della pet therapy furono, nel 1919, le prime terapie con i cani, pensate
per alleviare lo stress e la depressione dei soldati tornati dal fronte della Grande
Guerra. Pietra miliare fu poi l’anno 1961, quando lo psicoterapeuta Ben Levinson
citò questo trattamento nel suo lavoro “Il cane come coterapeuta”; fino ai giorni
nostri, con il Ministero della salute, che ne razionalizzò l’impiego nel piano Nazionale
Integrato 2015-2018. Una delle strutture più avanzate in Italia in materia è il Pet
Village di Senigallia.

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