I disturbi alimentari

Data: 01/08/04

Rivista: agosto 2004

L’allarme dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è di qualche anno fa: nei Paesi ricchi, gli obesi sono in aumento spropositato! Se nel Sud del mondo la gente muore di fame, nelle società occidentali post-industriali mangia il 50% più del necessario e, in sovrappiù, non fa movimento. Pesare un terzo oltre il peso “ideale” non è solo esteticamente indesiderabile ma anche dannoso per l’organismo, provoca stress all’apparato cardiocircolatorio, intasa le vene rendendo difficoltoso il flusso del sangue, alza la pressione, appesantisce l’apparato scheletrico, provoca traumi agli organi interni risucchiati dal grasso, ecc.. ecc..

Tanto parlare di soprappeso da ipernutrizione nei Paesi del ricco occidente, ci fa dimenticare che, accanto agli obesi, ci sono persone che di propria volontà, si lasciano letteralmente morire di fame.

Si tratta di soggetti sofferenti di anoressia e di altri, al contrario, di bulimia nevosa, due delle più conosciute e diffuse patologie legate all’alimentazione. Chi ne patisce, al di là dell’errato rapporto col cibo, evidenzia una grande fragilità a livello psicologico e relazionale. Nel mondo ne soffrono centinaia di migliaia di persone, spesso nemmeno considerate malate, gente che non “sente” la propria malattia finché non raggiunge il limite.

Studi medici, psicanalitici e sociologici sui disturbi alimentari hanno tracciato il profilo generale di questi ammalati anche se, nei fatti, ognuno di loro ha una sua storia propria. Spesso all’origine del cattivo rapporto col cibo c’è una dieta drastica, imposta da canoni estetici tarati su una magrezza evanescente ed irrazionale. Altre volte si tratta del forte disagio sociale e affettivo di un soggetto in cerca di attenzione, amore, coccole oppure del rifiuto per il mutamento fisico del proprio corpo, della possibilità della maternità.

Sono centinaia i fattori patogeni rintracciati in decenni di studi ma finora pochi sono stati i risultati concreti raggiunti sulla strada di una cura efficace.

Anoressia e bulimia sono ancora sottovalutate, nascoste, discreditate. I genitori spesso non capiscono o non riescono ad ammettere la malattia dei propri figli e gli adolescenti in parte non comprendono, in parte non riescono a canalizzare in altra maniera il forte disagio che comporta la crescita, l’entrare nel mondo adulto. Nella mente dei bulimici e degli anoressici s’innesca un conflitto forte e morboso ed il cibo diventa l’unico pensiero: quanto sia concesso mangiare, come e dove consumare il rito, come purificare il proprio corpo dopo averne assunto troppo… In ogni attimo del giorno e della notte i pensieri arrivano lì, davanti al bivio fame/cibo e non si riesce a scegliere.

Con una differenza sostanziale: se l’obiettivo costrittivo della bulimica è ingurgitare cibo oltre ogni misura, quello dell’annoressica è dimagrire ad ogni costo. Però, mentre quest’ultima privandosi sistematicamente del cibo, vive la propria astinenza come una vittoria, la prima vive il proprio stato con maggior frustrazione.

Inoltre l’anoressica è maggiormente visibile, il calo repentino di peso provoca un cambiamento visibile, la sua magrezza è lampante sebbene cerchi di mascherarla allo sguardo dei familiari dentro abiti larghi. Il disagio della bulimica rimane più spesso celato, non è detto che il suo peso corporeo subisca oscillazioni rilevanti. Per alcuni versi, però, questa patologia comporta problemi fisici maggiori dell’anoressia. Il vomito auto-indotto dopo una grande abbuffata per svuotare lo stomaco, provoca enormi problemi all’apparato digerente. Se consideriamo che mediamente il soggetto afflitto da bulimia vomita un paio di volte la settimana per un periodo minimo di tre mesi (ma anche per anni) possiamo ben immaginare i danni portati dalle secrezioni gastriche alle pareti dell’esofago, alla cavità orale, ai denti e anche alle unghie (infatti per costringersi a rimettere ci si mette le classiche due dita in gola).

Esistono anche disturbi alimentari passeggeri, legati a particolari situazioni nervose ed affettive (la fine di una storia sentimentale, lo stress per lo studio, incomprensioni in casa o sul lavoro), anch’essi comunque non da sottovalutare. Chi, infatti, si lascia andare a prolungati digiuni concomitanti con situazioni difficili andrebbe sempre tenuto d’occhio perché il passo tra un momento nero e una malattia è, soprattutto dopo una certa età, molto breve.

Per perdere peso ci sono centinaia di modi, dalla palestra alla dieta seguita da uno specialista; per risolvere le difficoltà del rapporto col mondo esterno esistono terapie di gruppo, medicine alternative, la possibilità di viaggiare e cambiare ambiente; se il problema è lo stress si possono trovare decine di alternative… Mangiare è un bisogno primario e, saperlo fare in modo corretto, è un dovere verso noi stessi e verso chi guarda al nostro modo di agire come ad un modello da imitare.

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