IAN SAGAR – Le mie vite in gioco

Un libro di vita, di sport, di riflessioni, di problemi, di rinascite, ma soprattutto di grandi cadute.

Due concetti permeano da questa autobiografia. Il primo: non si vince e non si perde mai completamente. Il libro, molto scorrevole e fattuale, narra dei numerosi intrecci di cui una vita è costituita. Abbrivio di tutto l’incidente in giovane età in un contesto storico geografico diverso dall’Italia: l’Inghilterra al tempo della Lady di Ferro. Il recupero, il lavoro, i rapporti, i tentativi per riassettare la propria vita. O meglio “le vite”: dove il percorso della propria esistenza curva così repentinamente che si ha la sensazione che si spezzi per poi continuare con una rotta diversa. Ne Le mie vite in gioco si evidenziano questi spezzoni ed ognuno è una partita, che in qualunque modo finisca ti proietterà sempre ad una nuova sfida. Sembra impossibile, ma anche la partecipazione alle Paralimpiadi di Londra 2012 con la nazionale di basket non diventa l’approdo sicuro di questo percorso, il lieto fine, ma un bivio che può portare su o giù. In questa filosofia sta la forza di questo libro.

Il secondo concetto: il tempo. Il tempo scorre lentamente, ma passa velocemente: dalla citazione si può capire che esiste una parte indiscutibile dello scorrere del tempo e una parte individuale ed introspettiva del come passa. Nella disabilità questa differenza è ancora più marcata e il tempo non è più “normale” delle persone “normali”. La disabilità non ci rende padroni del nostro tempo.

[…Me ne sono accorto con il tempo, il concetto di normalità è qualcosa di estremamente astratto e soggettivo. Non è una qualità. Bello, intelligente, sportivo, quelle sono qualità; normale no, normale vuol dire come gli altri. Io non avevo ben chiaro il concetto di normale finché ho capito che non facevo più parte del gruppo di persone che vengono chiamate in quel modo…”]

Una pubblicazione florida di spunti, riflessioni formulate spesso con zanardesco ottimismo. Consigliatissimo.

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