Il Dalai Lama a Trento

Data: 01/06/13

Rivista: giugno 2013

A volte un incontro e l’ascolto di alcune parole possono cambiare o condizionare la giornata o addirittura scatenare una riflessione che curi aspetti che prima non erano stati considerati. Questo succede quando una guida spirituale o un forte capo carismatico ti invita a guardare oltre o a cambiare la direzione del tuo campo visivo per ampliare la probabilità di centrare un bersaglio chiamato felicità. Colui che ha indirizzato gli uomini alla meta che sperano di raggiungere è il Dalai Lama che l’11 aprile ha incontrato la città di Trento. L’evento pubblicizzato e atteso si è tenuto al Palatrento, struttura che ospita grandi personaggi come sua Santità. Dopo un lungo tempo di attesa il Dalai Lama è stato accolto in un clima di meditazione e di speranza. Una volta uscito dalla massa di persone che lo proteggevano, vista l’importanza della persona, egli ha incominciato a proferire parole che sono state ascoltate in assoluto silenzio per recepirne a pieno il significato.

Tibet: un genocidio culturale in corso. Il governo di Pechino calpesta la dignità umana

Prima di raccontare il suo pensiero e quindi la sua filosofia di vita sua Santità ha voluto diffondere delle notizie che riguardano la sua terra, ossia il Tibet. Questo territorio è poco conosciuto e per questo non vengono menzionate le catastrofi e le ingiustizie che tutt’ora avvengono. Pochi sanno che il Tibet è presieduto dalla dittatura Cinese che impedisce alla popolazione di vivere liberamente e di esprimere il proprio pensiero e il proprio culto. Ai tibetani, per questo motivo, è severamente proibito pregare in nome del Dalai Lama, esporre nelle abitazioni o in luoghi di culto le sue foto e nominare il suo nome. Se tutto ciò avvenisse la pena sarebbe la morte. Queste proibizioni sono imposte anche ai monasteri tibetani, che sono espressamente fonte di preghiera e di formazione spirituale. Molti monasteri sono stati distrutti e molti monaci uccisi proprio per aver disobbedito alle regole della dittatura. La richiesta che ha fatto il Dalai Lama concerne l’unità e la solidarietà di tutte le popolazioni nei confronti della sua popolazione perché si sta diffondendo un fenomeno assai preoccupante tra gli abitanti: l’autoimmolazione. Per contrastare e per ribellarsi all’occupazione cinese giovani, donne e uomini protestano nei centri abitati offrendo alla gente uno spettacolo raccapricciante. Questi soggetti si danno fuoco per far sentire la loro parola e il loro malessere alle autorità cinesi. Molto spesso le persone autoimmolate non decedono subito, ma a distanza di mesi dopo una lunga e sofferente agonia. Sua Santità ha voluto portare alla luce questi aspetti che vengono nascosti e taciuti, che non permettono di esprimere il diritto più importante dell’esistenza di un uomo come quello della libertà. Il Dalai Lama si è auto-definito un rifugiato nella sua terra per la condizione di pericolo che tutt’ora vive. Nonostante ciò egli continua, e dichiara che continuerà, a diffondere il suo culto e tutta la sua speranza per il cambiamento non solo del Tibet, ma del mondo intero.

L’assunzione della guida del paese

Da giovane non era interessato alla ricerca interiore e, come un ragazzo “normale”, non amava tanto studiare ma lo faceva per il timore che nutriva verso i suoi tutori. All’età di 16 anni la sua vita, però, fu totalmente travolta da un evento fondamentale per quello che sarebbe stato il suo cammino: egli assunse la guida del Paese. Quell’evento significò il punto di partenza di una strada tortuosa che percorre ancora oggi. Dal 1954, grazie all’incarico ricoperto, incominciò ad confrontarsi con illustri cariche politiche e spirituali che influenzarono quello che era il pensiero del giovane Dalai Lama. Nel 1959 venne definito un rifugiato ed iniziò da questo momento l’esilio vero e proprio. La situazione difficile non gli impedì di proporre la sua filosofia che è possibile definire come “la cura dell’anima”, in quanto è in grado di generare la felicità.

“La sorgente della felicità è il buon cuore”

Questa filosofia coinvolge la sinergia dell’anima con la consapevolezza della mente. “La sorgente ultima della pace” sostiene a gran voce il Dalai Lama “È dentro ad ognuno di noi e li c’è quella potenzialità che abbiamo, che dobbiamo toccare e che dobbiamo usare. Il vero pericolo è quello di perdere la compassione dell’altro anche verso il nemico. Ecco come questa attitudine, nonostante le situazioni traumatiche e invalicabili, riesce a mantenere la pace mentale avendo come risultato la felicità”. Queste parole pronunciate con grande fiducia insegnano che la nostra mente può essere educata alla compassione e alla comprensione verso il prossimo. Ascoltandolo sorgono spontaneamente delle domande sulle modalità con cui il Dalai Lama mantenga questo stato di continua pace interiore. Ebbene, dal pubblico è sopraggiunta una domanda, rivolta a Sua Santità, che chiedeva proprio com’è possibile che sia sempre presente un sentimento di felicità e di fiducia che caratterizza la sua vita. A questo punto la risposta è stata diretta e toccante: “Nella vita di ogni umano sono presenti momenti tristi dettati da problemi che possono sembrare irrisolvibili, ma proprio a questo punto entra in gioco la forza della mente. Ogni problema può essere visto da due prospettive: la prima è vedere il problema come qualcosa che non si può cambiare e quindi bisogna accettarlo così com’è e proprio per questo soffrire per una cosa che non si può cambiare è insensato. La seconda è vedere il problema e, se c’è la possibilità di cambiarlo, agire su di esso per trasformalo a nostro favore, godendo del suo valore più positivo”. Vedere i problemi e le difficoltà in questo modo suscita un sentimento di pace che in entrambi i casi provoca un benessere piacevole, in quanto intristirsi o incupirsi non è opportuno, e tutto questo provocherà beneficio alla mente e all’anima”.

Queste parole insegnano come a volte le difficoltà siano create dallo stesso essere umano e, se vengono viste da altre prospettive, non sono altro che un divertente gioco che è in grado di promuovere sentimenti che altrimenti non sarebbero conosciuti.   

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