Ashley X, nome di fantasia a tutela della sua identità e della famiglia, fisicamente dimostra sei anni ma, per l’anagrafe, ne ha nove. Una grave patologia del cervello, la “encefalite statica” le ha bloccato lo sviluppo della mente allo stadio di tre mesi facendo di lei un’eterna neonata, bisognosa di attenzione continua, incapace di articolare qualsiasi movimento, nutrita tramite un sondino e totalmente dipendente dai familiari.
Il suo corpo, però, cresceva normalmente e così i suoi genitori, come detentori della “patria potestà” hanno chiesto ai medici dell’ospedale di Seattle di fermarne la crescita messi in allarme dalla comparsa dei primi segni di pubertà. Un intervento medico esterno era, per loro, il modo migliore per affrontare il suo futuro: mantenerla piccola di statura e leggera in modo da accudirla con maggior facilità, con minore spesa e senza l’aiuto di personale specializzato e per proteggerla da violenze sessuali da cui non potrebbe difendersi. Puro egoismo? Forse si ma, a loro difesa va ricordato che, venuti a conoscenza della malattia, non hanno preso la scorciatoia dell’abbandono in istituto ma se ne sono presi cura affrontando, con l’aiuto delle due nonne, i costi dell’assistenza resi ancor più gravosi, nel frattempo, dall’arrivo di due altri figli perfettamente sani.
Gli esimi “dottori”, con tanto di laurea e giuramento d’Ippocrate, hanno esaudito la loro volontà congelando, con i ferri del mestiere, l’orologio biologico di Ashley e diventando, cosa che non guasta mai, famosi come i primi dottori a sperimentare una simile “terapia” su un essere umano.
Per loro, una bambina “totalmente priva d’autocoscienza” era la cavia ideale per l’esperimento. Chi l’ha incontrata riferisce di una bella bimba, priva di deformità, sempre sorridente, vigile e cosciente dell’ambiente circostante, capace di riconoscere, a livello molto semplice, chi le sta intorno e appassionata di musica.
Le ragioni, apparentemente caritatevoli, partono dal presupposto che Ashley “non ha provato dolore” durante le fasi del processo che l’hanno portata, oggi, ad essere una bambina di nove anni con la statura di una di sei e l’ossatura di una quindicenne. Cosa le hanno fatto? Tre anni fa, l’ospedale pediatrico di Seattle avviò quello che sarebbe diventato il “trattamento Ashley”: asportazione dell’utero per sterilizzarla, delle ghiandole mammarie in via di sviluppo e della milza. Contemporaneamente la bambina fu sottoposta ad una massiccia terapia ormonale per accelerare lo sviluppo delle ossa e bloccarne definitivamente la crescita. In cambio, non le hanno dato “l’eterna giovinezza” perché i suoi organi, la cute, l’apparato respiratorio e quello cardiaco continueranno ad invecchiare e, col passare del tempo, la bambina diventerà una “nonnina di sei anni”.
Le tecniche e le procedure eseguite sono state pubblicate su “Archivi di pediatria e di medicina adolescenziale” americani. L’intervento è presentato come la prima sperimentazione su un soggetto umano indifeso e affetto da grave lesione cerebrale eseguito col permesso della famiglia. Intanto, i suoi “medici curanti” Daniel Gunther e Douglas Diekenna, travolti da una notorietà mescolata con molto denaro, si sono detti disponibili ad eseguire nuovi “trattamenti Ashley”, previa “l’approvazione delle richieste da parte di un comitato etico”.
La scelta dei genitori di Ashley, due professionisti, di cultura universitaria e status sociale medio-alto, ha scatenato polemiche in tutto il mondo. Così, per spiegare le proprie ragioni e dare informazioni, hanno aperto un blog in Internet cui sono giunte lettere di sostegno ma anche di perplessità e perfino di minacce, ingiurie e critiche.
Affermano di aver agito solo per migliorare la qualità della propria vita e di quella della bambina: potendo muoverla facilmente le risparmieranno le piaghe da decubito inevitabili a chi è allettato in permanenza ed il rischio d’abusi sessuali in caso di ricovero in un istituto.
Con il confronto in foto “prima – dopo” il trattamento pubblicato nel sito, hanno manifestato ad altre coppie la disponibilità a condividere la propria esperienza. In modo riprovevole, avevano anche messo accanto alla bambina delle immagini pubblicitarie delle proprie attività.
Nelle ultime settimane, è da dire, le hanno tolte così come i molti messaggi di protesta contro di loro sostituendole con foto in cui mostrano quanto sia “felice” ora la bambina e con le lettere di chi si è detto d’accordo con l’intervento. Spazio anche alle richieste d’informazioni pervenute da tutto il mondo. Tra queste quella di una madre inglese disposta a portare la figlia cerebrolesa di quattordici anni in America per farla sterilizzare e quella di una neozelandese desiderosa di conoscere i possibili costi della “terapia” per la figlia di otto anni.
Le perplessità rimangono tutte ed intatte né sappiamo quali saranno nel lungo periodo gli effetti di questa “cura” e se sia stata una scelta dettata da amore, pietà o interessi privati. Facciamo presente, per inciso, che in Belgio è una pratica consolidata frenare con terapie ormonali la crescita di bambini con gravi handicap per mantenerli piccoli e poterli meglio accudire e che in Olanda è prevista l’eutanasia per bambini minori di 12 anni affetti da gravi malformazioni. Non abbiamo giudizi morali, etici o che sia da esprimere, se non lasciare al tempo la risposta ai dubbi e alle incertezze sviluppatesi a dismisura e spesso a sproposito sul caso: c’è infatti qualcuno in grado di affermare la validità o meno di questo tipo di “manipolazione della vita?”.