Il disagio giovanile

L’adolescenza è una fase estremamente determinante del processo di crescita. Questo periodo è compreso tra gli 11 e i 18 anni, ossia tra la fine dell’infanzia e l’entrata nel mondo dei grandi. Fino a cinquanta anni fa, era il momento in cui un giovane  imparava le regole e gli obblighi necessari per diventare uomo: i cinquantenni e oltre ben ricordano l’autorità, a volte l’autoritarismo, dei genitori (ci si rivolgeva loro con il voi!) e degli anziani, il rispetto dei doveri, delle cose altrui e delle leggi, la disciplina a scuola (silenzio e mani sui banco!), il quasi obbligo di frequentare la chiesa e obbedire ai suoi comandamenti. Casa, scuola, chiesa, oratorio, campi da calcio e spiazi  erano i punti di aggregazione più importanti, poiché esercitavano uno stretto controllo sulla formazione del giovane  costringendolo a tener conto, prima di tutto, di regole da condividere con gli altri. Se qualcuno mostrava comportamenti non proprio corretti (prepotenza, egocentrismo, rifiuto delle regole, etc.) si sentiva rimproverare, quasi minacciare: Cossa vot che i diga i altri?

In questi ultimi 40 – 50 anni, però, la scala dei fattori formativi è cambiata: famiglia, scuola, oratorio, anziani hanno perso la loro centralità, lasciando troppi ragazzi ad un fai da te della crescita che troppo spesso li lascia ad annaspare nel vuoto e nel conflitto. Questa è la fase dello scontro tra genitori e figli. Contrasti generazionali caratterizzano da sempre il rapporto giovani-adulti: servono all’adolescente per misurare e verificare la validità dei modi di essere e i limiti dei comportamenti che sta imparando, ma anche ad infrangerli entro margini accettabili. Il periodo adolescenziale è contraddistinto soprattutto da elementi di strutturazione dell’identità, di attesa e di passaggio all’età adulta: un ragazzo si prepara a diventare diverso, un altro, da “ciò che era prima” ma “non è ancora”.

I punti di riferimento classici contano sempre meno, specialmente nelle grandi ed anonime concentrazione di persone, lasciando i giovani ad inventarsi una autoformazione in cui spesso l’Io prevale sul Noi, l’aggregazione è sostituita dalla baby gang, il bullismo fisico e il cyberbullismo diventano comportamenti normali, l’etica della rinuncia è disprezzata a favore del qui e subito, l’esclusione è il metodo con cui tener lontano chi non si adegua, prevaricazione, trasgressione, conflitto, alcol e droga dettano il ritmo del quotidiano e della vita. A queste condizioni fatalmente il risultato finale è il disagio giovanile, quel mal di vivere del nostro secolo sempre più invasivo in tanti giovani.                 

Se ieri lo spiazal e i spiazaroi erano il massimo luogo di aggregazione,  oggi è la baby gang, il branco prepotente e di mucchio, l’aggregazione in cui il debole insicuro Io individuale diventa Io collettivo che dà forza e sicurezza e perfino una sensazione di onnipotenza: bullismo, vandalismo, emarginazione, alcol e droga, suicidio giovanile non sono altro che la loro interfaccia con il resto degli altri!!!

Sono diversi i modi in cui queste manifestazioni di malessere si manifestano. Un esempio ben appropriato è la devianza sociale cercata come espressione di se stessi. I ragazzi d’oggi, in generale, hanno sempre meno rispetto per le regole e sempre più tentazioni per il proibito, mostrano mancanza di rispetto per le regole e per le persone, usano un linguaggio scurrile e si compattano tra loro facendo i bulli e vandalizzando le cose, vedi le bici piegate alla stazione di Trento, le scuole danneggiate, le bande notturne col motorino fracassone, i wrighter, etc…. Si sentono vivi solo nella contrapposizione con gli altri e non hanno rispetto per le persone, specie per i pari età, cosa che porta sovente a forme di violenza: si sente spesso parlare di bullismo in cui un ragazzo, un compagno di scuola, di squadra o di condominio più forte, si prende gioco di uno più debole, denigrandolo, angariandolo, derubandolo o anche picchiandolo davanti agli altri ragazzi.

Altre forme di disagio giovanile sono l’esclusione e l’autoesclusione. Uno dei rischi, specie di quest’ultima, è il ricorso bevute esagerate di birra e vino per poi passare alle sostanze stupefacenti leggere, fino alle droghe pesanti, col rischio di arrivare ad una forte dipendenza, se non alla morte da overdose. Un altro rischio: il suicidio giovanile. Al telegiornale si parla di ragazzi suicidi perché stanchi dei maltrattamenti, del senso di inutilità e vacuità e delle prese in giro da parte degli altri ragazzi.

In alcuni casi si può verificare un’altra forma di violenza più sottile come quella del cyberbullismo, ossia il bullismo online, dove i ragazzi celati dietro un computer o un cellulare, deridono, insultano, minacciano la vittima prescelta. Talvolta rubando persino l’identità della vittima creando un profilo falso col quale postano immagini, video o pettegolezzi imbarazzanti che, il più delle volte, sono anche invenzioni create dal bullo stesso.

Probabilmente il bullo dentro di sé avverte una sofferenza dovuta nella maggior parte dei casi a problemi di relazione, in famiglia, a scuola, per strada, ma il fatto di curare le proprie “paturnie” a spese di qualcuno di più debole e fragile di lui crea un doppio danno. Anche il ragazzo preso di mira dal bullo inizia a vivere un proprio disagio, perché diventa uno “sfigato” agli occhi degli altri e egli stesso inizia ad autoescludersi dal mondo esterno rinchiudendosi dentro casa o in un mondo suo.

Si può sperare di battere il disagio? Nessuno ha la formula miracolosa!!! Si fa appello all’ascolto e alla comprensione dei bisogni degli adolescenti a scuola ed in famiglia, ad un maggior coinvolgimento collettivo, all’impegno nel sociale, all’offerta di opportunità di lavoro, allo sport per aiutare i giovani a crearsi una capacità di giudizio su se stessi e i propri comportamenti. In ogni caso, per prevenire episodi gravi di bullismo, è a disposizione a Trento un numero verde, il 43002, cui segnalare fatti di prepotenza.

Servirà? È un atto di fiducia cui solo il tempo darà una risposta anche se… anche se un po’ di devianza correlata al disagio è utile per cambiare le regole di una società: secondo il sociologo Acquaviva, infatti, è il diavolo (la devianza) a cambiare il mondo, e non l’angelo (il conformismo alle regole). 

Meditate, gente… meditate!!!

                                                                                                                                                                                                         Ugo Bosetti

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