Viaggiare avendo una disabilità non è semplice, lo sa bene Giulia Lamarca, psicologa e travel blogger che da dieci anni ormai gira il mondo in sedia a rotelle. Dopo l’incidente che le ha cambiato la vita, Giulia decide di non perdersi d’animo, reagire e fare dei propri viaggi un’occasione di crescita personale e rinascita. Assieme al marito Andrea – e, ora, anche a Sophie, la loro bimba di pochi mesi – ha visitato le mete più svariate, dal Giappone all’Indonesia, dalla Cina agli USA, arrivando persino a Machu Picchu.
Superando limiti e difficoltà, ha creato un “precedente” nella storia dei viaggi in carrozzina ed è diventata una voce nella promozione del cambiamento globale, combattendo per il diritto di tutti al volo e a godere liberamente di quanto di bello ogni luogo possa offrire. Tramite il proprio profilo Instagram – che ormai conta 184mila follower – e la pubblicazione del suo recente libro Prometto che ti darò il mondo, Giulia sprona ognuno di noi a superare i propri limiti, denunciando allo stesso tempo le criticità incontrate nei propri viaggi.
Prometto che ti darò il mondo raccontare la tua esperienza di vita attraverso la lente del viaggio. Che significato ha per te questa parola?
Per me viaggiare significa principalmente fare esperienze, guardare con i propri occhi un Paese, significa adattarsi. Mettersi alla prova in posti diversi.
Nei vari viaggi intrapresi da te e Andrea quali sono state le principali sfide incontrate? E quanto è essenziale una buona pianificazione precedente alla partenza?
Tutto è una sfida, non ci sono tante persone con disabilità che viaggiano. Ogni volta che prendo un aereo e scelgo una meta so che dovrò adoperarmi per trovare un modo per riuscire a fare le cose, che dovrò discutere con le persone per spiegare cosa mi serve. A mio parere non serve tanta pianificazione ma spirito di adattamento. L’unica cosa che devi realmente pianificare è cosa ti è essenziale.
Leggendo il tuo libro il tema delle barriere architettoniche emerge con forza: come valuti il contesto italiano paragonato a quello estero? Credi che la scarsa accessibilità sia una problematica di natura culturale nel nostro Paese?
Ci sono Paesi più problematici di altri, l’Italia rientra sicuramente fra quelli problematici. Sinceramente io non credo che il nostro Paese voglia migliorare su questa cosa. Se avesse la volontà stanzierebbe più fondi, e gli enti del turismo farebbero una comunicazione ad hoc.
Da qualche mese è nata Sophie, la vostra bimba, eppure non avete smesso di viaggiare. Come valutereste questa nuova esperienza di viaggio in tre?
Bella e unica, ovviamente è diventato ancora più complesso, ma è magnifico. Con il nostro esempio vorremmo spronare le famiglie a continuare a viaggiare.
Nel libro scrivi che viaggiare in carrozzina non è semplice e richiede «coraggio, testardaggine e un buon compagno di viaggio», ma è sicuramente possibile e voi ne siete la prova. Che consiglio daresti a chi vorrebbe seguire il vostro esempio ma teme i limiti?
Trovate qualcuno che sia disposto a darvi una mano, sia egli il vostro compagno di viaggio o uno sconosciuto in un paese straniero. È infatti tra persone che si abbattono le barriere. Quindi, il mio consiglio è quello di fidarsi della gente e chiedere aiuto.