Il punto sul Servizio Civile Trentino

Data: 01/06/04

Rivista: giugno 2004

Un convegno per incontrare gli addetti ai lavori, le associazioni direttamente interessate e, perché no, anche i volontari. Questo era lo scopo dell’incontro di studio tenutosi mercoledì 12 maggio, a Sardagna e organizzato dall’Ufficio provinciale Servizio Civile.

Ad aprire i lavori è intervenuto il presidente della Provincia, Lorenzo Dellai, che ha ribadito l’atteggiamento della PAT nei confronti del pianeta giovani: un approccio fatto di umiltà perché nessuno conosce le ricette giuste per avvicinarsi ai ragazzi, per scovare le loro grandi potenzialità e risolvere le loro problematiche. In questo senso, secondo il presidente, il Servizio Civile può essere un’ottima opportunità per un dialogo tra istituzioni e ragazzi e tra questi ultimi e la comunità che li circonda. Si tratta di un’esperienza di grande valore e soprattutto capace di produrre grandi valori.

L’ospite principale del pomeriggio era Roberto Marino, dell’Ufficio nazionale Servizio Civile. Il suo intervento tenta di offrire un quadro della situazione nazionale nel delicato passaggio tra obbligo e scelta. I numeri parlano chiaro, la crescita è esponenziale sia per quanto riguarda i giovani coinvolti (18.000 nel 2003 e ben 37.000 nell’anno in corso), sia per quanto riguarda i progetti (si è passati in un anno da 2.000 a 3.400 e per il 2005 se ne aspettano ben 5.000). Da questo bilancio risulta che l’iniziale scetticismo in merito alla volontarietà è stato superato e gli enti, ma soprattutto i ragazzi, hanno capito che si tratta di un’esperienza utile. Ai volontari permette una crescita umana, professionale e un ritorno economico, grazie alla possibilità di fare nuovi incontri di mettersi alla prova, di entrare nel mondo degli adulti scontrandosi con la comunità e con i suoi bisogni. Anche per gli enti e per l’utenza finale i vantaggi sono molteplici, anche se Marino ha sottolineato come in molti casi i ragazzi siano utilizzati come forza lavoro a basso costo, con una mancanza quindi di formazione e di qualità. L’aspetto più preoccupante è l’insicurezza per il futuro in quanto, quasi sicuramente diminuiranno le risorse e ci sarà una sproporzione tra domanda e offerta di volontari e progetti. Il traguardo finale rimane quindi la qualità del Servizio Civile, tenendo bene a mente che si tratta di una scelta volontaria e che quindi al centro è necessario metterci proprio i ragazzi.

Proprio ai fini di una maggiore qualità, è stata pensata la nuova normativa anche in materia di accreditamento: più burocrazia, quindi, ma anche più sicurezza e più tutela dei volontari. Anche la valutazione dei progetti sarà più severa e più improntata sulle esigenze dei giovani che faranno questa scelta.

A ribadire il concetto di un Servizio Civile Volontario di qualità, interviene in seguito Sara Guelmi che spiega brevemente la storia, l’evoluzione, le conquiste e le difficoltà del neonato ufficio provinciale. Si sono ottenuti risultati positivi in due direzioni: nel rapporto e nel supporto agli enti interessati e nella comunicazione verso i ragazzi, fatta con metodi spesso fuori dagli schemi ma proprio per questo efficaci.

Proprio per raggiungere al meglio il pubblico giovanile si è pensato anche ad una ricerca statistica affidata all’Istituto IARD. I risultati presentati dimostrano le grandi differenze tra l’obiezione di coscienza, spesso considerata come la scelta meno dolorosa se paragonata alla leva, e il nuovo Servizio Civile. Quasi il 50% dei ragazzi trentini intervistati pensa che questa nuova opportunità sia molto positiva, soprattutto per la possibilità di una crescita dal punto di vista umano. Ma solo uno scarno 10% pensa di approfittarne e, più l’età avanza, minore è la disponibilità verso il Servizio Civile. La ragione principale sembra essere la presenza di altri impegni più importanti. Proprio per questo, secondo i ragazzi, gli incentivi alla scelta del SCV potrebbero essere la possibilità di svolgerlo nei momenti lasciati liberi da studio e lavoro, la flessibilità di orario e di carico di lavoro. Le paure principali in merito sono quella di non sentirsi all’altezza dei compiti assegnati e quella di avere orari troppo rigidi. Si nota una certa volontà di allontanare quindi le eccessive responsabilità, sia in termini di tempo che di compiti, come fa notare Carlo Buzzi dell’Università di Trento. Sembra quasi che i giovani che si avvicinano al SCV desiderino sfruttare questo anno per rimanere ancora per dodici mesi ragazzi, rimandando l’ingresso nel mondo degli adulti e le decisioni cruciali.

Le aspettative, invece, sono di tipo squisitamente ideologico: poter dare servizio agli altri e crescere da un punto di vista culturale.

Per quanto riguarda, infine, l’informazione su questa nuova realtà, rimane ancora una fetta abbastanza consistente di ragazzi disinformati (circa un 30%) e pensate che ben l’80% dei giovani intervistati non è a conoscenza dell’esistenza dell’ufficipo della PAT per il SCV.

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