Giuliana Chiara ha 16 anni e fa parte dei giovani atleti dell’Associazione Sportiva Dilettantistica Atletica Rotaliana, da ben 4 anni. Occhi azzurri, sguardo sincero e un portamento fiero, da cui si intuisce subito il temperamento determinato che la caratterizza. Se non te lo dice, nemmeno te ne accorgi che ha una protesi al piede. Sì, avete capito bene: è una giovane paratleta che corre e gareggia con i compagni normodotati, non arrivando mai ultima! Proprio per questa sua peculiarità, e per il potenziale visto in lei dal suo allenatore Elio Bert, il responsabile del settore giovanile Luca Zulini, con l’appoggio del presidente della società Antonio Bettin, ha deciso di promuovere un progetto di affiliazione a nome della FIDAL (Federazione Italiana Di Atletica Leggera), di cui l’Associazione Rotaliana fa parte, con FISPES (Federazione Italiana Sport Paralimpici E Sperimentali). Per riuscire in questa “mission” serve, però, un secondo paratleta. In questo modo, si potrà offrire l’opportunità a tutti i giovani disabili sportivi del Trentino di poter gareggiare ed allenarsi alla pari, con una specifica preparazione ad hoc.
Buongiorno Giuliana, come stai? Ti va di presentarti brevemente al nostro pubblico lettore?
Buongiorno! Sto bene, grazie. Ho appena finito lezione a scuola e sono corsa qui, al campo sportivo, per allenarmi. Che dire? Sono una ragazza di 16 anni, vivo a Faedo, sono la più piccola di tre fratelli, frequento l’istituto tecnico economico sportivo e la mia specialità è la velocità nell’atletica leggera. Come già saprete, ho una protesi al piede che mi caratterizza.
Sei, perciò, una paratleta molto giovane. Cos’è successo?
Non è stata colpa di un incidente, come può essere facile pensare. Semplicemente sono nata così, senza un piede. La mia gamba, infatti, nella parte inferiore si assottiglia e termina “tondeggiante”. I medici non hanno saputo spiegarne il motivo, in quanto mia mamma, per tutta la gravidanza, non ha avuto problemi né complicazioni. In famiglia non c’è familiarità con questo tipo di mutazione genetica, perciò tuttora non conosciamo il perché. Ho iniziato fin da piccola a mettere protesi al piede. Ne ho provate e cambiate molte, soprattutto durante la crescita. Alcune mi irritavano la pelle, altre facevano male, perchè non si adattavano perfettamente… Ora, per fortuna, grazie all’attento lavoro di Fabrizio, tecnico ortopedico presso Orthotecnica di Gardolo, sono riuscita a trovare un arto artificiale semplice da indossare, che si adatta molto bene alla mia gamba e che mi dà pochissimo fastidio. Sono più comoda e corro meglio.
La passione che hai per l’atletica come è nata?
Ormai sono 4 anni che pratico atletica, mentre prima facevo danza. Ho cambiato disciplina seguendo un consiglio del mio insegnante di ginnastica della scuola media, il professor Gioberge, che, osservandomi durante le attività sportive nelle sue ore, mi ha suggerito di provare ad iscrivermi ad un’associazione di atletica leggera, perchè secondo lui ero portata. Così ho fatto e, dopo i primi allenamenti e i primi risultati, è nata la mia passione.
Come ti trovi con la tua squadra? E con i tuoi compagni di classe?
Adesso bene. All’inizio non avevo detto a nessuno del mio arto artificiale, un po’ per timore, un po’ per vergogna. Ad allenamento cercavo di renderlo il meno visibile possibile, indossando i pantaloni lunghi d’inverno e i calzettoni alti durante l’estate. Poi ho iniziato a crearmi le mie amicizie e, a poco a poco, mi sono “sbloccata”. La prima volta che ho detto di portare una protesi al piede, la maggior parte dei miei compagni di squadra mi ha risposto di non essersene mai accorta, e che non lo avrebbe mai pensato. Questo mi ha fatto capire quanto spesso siano state sciocche le mie paranoie e le mie paure. Sono persino diventata meno timida nel parlarne e nel mostrarla. A scuola, invece, la situazione è sempre stata un po’ più difficile, soprattutto alle scuole medie, dove mi sono scontrata con l’ignoranza e la cattiveria di alcuni ragazzi. Non sapevano nulla di me, eppure mi prendevano in giro, facevano commenti e battutine poco piacevoli. In quei momenti mi scoraggiavo e andavo un po’ in crisi, domandandomi “Perchè a me?” La mia forza sono i miei fratelli maggiori e i miei genitori, a cui tuttora confido i miei timori nei momenti no. Mi hanno sempre aiutata molto, ricordandomi che sono unica e speciale, e che più determinata sono, prima raggiungerò i miei obiettivi. Ora che sono alle superiori, per fortuna, la situazione è cambiata in meglio. Siamo un gruppo classe unito, dove tutti sono ben integrati.
Qual è il tuo più grande sogno?
Diventare una grande atleta paralimpica o, almeno, un’insegnante sportiva specializzata in atletica leggera. Perciò spero tanto che questo progetto di affiliazione tra FIDAL e FISPES vada a buon fine, perché è un’opportunità unica: potrò finalmente confrontarmi con giovani alla pari e far valere il mio potenziale! Sto bene nella mia squadra attuale, sia chiaro, ma rispetto agli altri faccio il doppio della fatica per ottenere risultati discreti. Non arrivare mai sul podio, a causa di questa mia limitazione fisica, è demoralizzante.
C’è un messaggio che vorresti rivolgere alla gioventù?
Ai ragazzi come me dico di non avere paura. Ignorate i commenti, le battute, i risolini. Sono tutto frutto di ignoranza e “paura del diverso”. Siate forti. Cadete? Rialzatevi più coraggiosi di prima! Le crisi le abbiamo tutti, sono normali. L’importante è trovare una valvola di sfogo, un modo per non sopperire a quella cattiveria gratuita che nessuno si merita. Oltre allo sport, e al sostegno dei miei cari, quando sono arrabbiata, mi aiuta tanto scrivere su un foglio tutto ciò che mi dicono e, poi, strapparlo e buttarlo via… una liberazione!
A chi, invece, ha ancora stereotipi e pregiudizi verso le diversità, dico: aprite la mente e allargate gli orizzonti! Il mondo è così bello, perchè siamo tutti differenti! Se fossimo tutti uguali… che noia!
Noemi Manfrini