Il Volontariato oggi Riflessioni sull’incontro organizzato da CSV trentino per discutere di come cambia il volontariato sociale. Senza chiedere il permesso

Il Volontariato oggi

Riflessioni sull’incontro organizzato da CSV trentino per discutere di come cambia il volontariato sociale.

Senza chiedere il permesso

Di Giulio Sensi

http://blog.vita.it/linvolontario/2015/12/12/senza-chiedere-il-permesso/

Se c’è una cosa difficile nel mondo di oggi, specie nel terzo settore, è parlare di innovazione senza dire banalità o riciclare gli stessi temi che vengono ripetuti da anni. Così quando Andreas Fernandez e gli amici di Non profit network – CSV Trentino mi hanno chiamato a parlare di questo tema, la mente ha cominciato a fumare e non ha ancora smesso. Il titolo della relazione che mi hanno affidato è “Innovare per cambiare, il volontariato protagonista”. Ne parlerò insieme al presidente di cheFare Bertram Niessen e questo amplifica l’ansia da prestazione. Partiamo dalle domande. Una importante l’ha posta Flaviano Zandonai a Trentino Tv, come può il mondo del volontariato trovare la carica innovativa che un tempo aveva? Un tempo era sicuramente più facile essere innovativi, perché il campo di sperimentazione possibile era più ristretto e le innovazioni di sistema, comprese quelle tecnologiche, più lente. E c’erano più risorse per tutti. Oggi sono finiti i soldi ed è necessario iniziare ad usare la testa. Zandonai sostiene che siamo alla fine di un ciclo, che si è esaurita la spinta dei movimenti sociali che aveva generato il terzo settore “contemporaneo” e quindi quella spinta deve diventare altro. Deve vivere una rivoluzione che coinvolgerà l’economia, anche quella del terzo settore, e la pubblica amministrazione. I cambiamenti ci sono, ma nel terzo settore italiano, come in tutto il Paese, si vivono ormai costantemente diverse velocità. C’è un Paese che cresce e un Paese che decresce poco felicemente. C’è un Paese che si arricchisce e uno che si impoverisce. E non è solo questione di giustizia sociale, ma pure di opportunità e capacità. Una cosa è certa: stando fermi non si cresce, serve investire, c’è bisogno di idee, di muoversi, di fare cose nuove e in modo diverso. Se è vero che l’innovazione è prima di tutti un investimento sostenibile, quello più importante che il volontariato può fare è sulla sua grande ricchezza: le persone. Quelle che costruiscono relazioni sociali, offrono servizi, diffondono speranza. L’innovazione del volontariato si gioca su questo asse: sulla sua capacità di far crescere le comunità in quanto formate da individui uniti da relazioni sociali positive e motivanti. Non sempre è così e questo è un problema enorme del volontariato: i volontari non sono antropologicamente diversi dai cittadini “comuni” -ho sempre combattuto la retorica del volontario eroe-, e vivono gli stessi vizi delle altre realtà umane. Preoccupa vedere quanti conflitti, quanta sete di potere, quante posizioni di privilegio, quante relazioni di dominio, quanti blocchi al cambiamento, spesso generazionali, si vivono dalle grandi alle piccole realtà di volontariato. E i “pistoleros” che comandano tali realtà dovrebbero capire quanto sia tossica la loro leadership, andare a guardare le anatre nello stagno del parco, lasciando il posto a chi ha voglia di generare e non di frustrare. Il volontariato innovativo deve rinunciare al potere e non lo sostengo a fini morali. Lo deve fare perché la sua missione principale dovrebbe essere quella di diffondere il potere fra le persone e i territori in cui interviene. Può farlo solo se la sua pratica non è calata dall’alto, se diventa contagiosa e attraente. Zandonai sostiene, giustamente, che è finita l’era degli specialisti. Si è innovativi se sui problemi di interesse collettivo si trovano soluzioni condivise. E con una formula geniale aggiunge: “chi fa volontariato è chiamato non tanto a lottare contro i mulini a vento, ma ad allearsi coi mulini a vento, coi mugnai…“. Il punto è proprio questo: si è innovativi se non si basta a se stessi, se si è capaci di vedere il proprio alleato nel posto più impensabile. Se si va oltre la missione classica, se non ci si concentra solo sul servizio, ma soprattutto sulla rigenerazione di legami sociali. Perché il servizio è un mezzo e non un fine: questo dovrebbe essere il cuore dell’impegno volontario.(…)

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