Infortuni sul lavoro

Data: 01/06/02

Rivista: giugno 2002

Avevo conosciuto Denis all’ospedale Villa Rosa di Pergine (TN) dove era ricoverato dopo uno gravissimo incidente sul lavoro. Anche lui seguiva un programma di riabilitazione funzionale stimolato dalla grandissima speranza di poter tornare a camminare ed agire, speranza che sempre accompagna quanti si trovano improvvisamente immobilizzati in un letto per un trauma alla colonna vertebrale. Nei centri di recupero funzionale si fa presto a far amicizia con chi è le tue stesse condizioni. Dopo le mie dimissioni dall’ospedale non ebbi più occasione di incontrarlo né sentirlo per cui la nostra amicizia si era appannata. All’improvviso però, ai primi di giugno, lo ritrovo sui giornali per il risarcimento record riconosciutagli da un giudice di Trento nella causa da lui promossa contro un’assicurazione che rifiutava di indennizzarlo per il danno subito. Invero non è la prima volta che “persone normali” divenuti disabili per incidenti di vario genere si scontrano con le assicurazioni che pur di non “scucire” si aggrappano anche al minimo appiglio. Ricordiamo a questo proposito il caso di Sebastiano, tetraplegico per incidente stradale, trascinato al lungo per i tribunali prima che un giudice ingiungesse all’assicurazione di liquidarlo con più del triplo della somma offerta dalla stessa. Stessa storia quella di Nicola, paraplegico per infortunio sul lavoro, cui per motivi mai ben chiariti l’assicurazione rifiutava di liquidare il danno.

Ma vediamo un po’ da vicino come sono andate le cose nel caso specifico di Denis. Il 19 luglio ’95, poco dopo essere stato assunto alle Acciaierie di Borgo Valsugana, stava eseguendo manutenzione su un carro ponte posto a 20 metri di altezza quando rimase impigliato con la tuta negli ingranaggi in movimento. Il suo braccio sinistro fu violentemente risucchiato e stritolato dalla macchina che gli provocò per il contraccolpo la lussazione delle vertebre cervicali con danno irreversibile al midollo spinale.

Con Denis ancora in cura all’ospedale iniziava la lunga trafila di accertamenti, perizie, cause, udienze ecc. ecc. alcune doverose altre meno, per stabilire responsabilità e danno da quantificare e risarcire: ben sette anni! Per farla breve, la Procura di Trento aveva messo sotto processo il direttore dello stabilimento ed il responsabile della manutenzione meccanica riconoscendoli responsabili di lesioni colpose e mancata osservanza della legislazione anti infortunistica infiggendo loro nel febbraio ’97 una condanna a due mesi ciascuno di reclusione (poi ridotta a niente: 4,5 di milioni di multa a cranio!!!). Altri scontri legali con rinvii e ricorsi fino ai primi di giugno di quest’anno quando si è arrivati alla fine (o almeno ce l’auguriamo): il giudice Benini ha dato ragione a Denis sempre presente alle udienze, riconoscendogli un risarcimento due milioni e mezzo di euro così ripartiti: 250 mila di danno morale, 500 mila di danno biologico e un milione per l’assistenza più gli interessi maturati dal giorno dell’infortunio (luglio ’96).

I suoi avvocati avevano avanzato in sede civile una richiesta di 5 milioni di euro di risarcimento ma anche di fronte al dimezzamento deciso dal giudice si sono dichiarati soddisfatti: la somma stabilita per sentenza è una delle più alte mai concesse in Italia per indennizzo di un infortunio sul lavoro ed due milioni e mezzo di euro sembrano ragionevoli. Ben diversa la posizione dell’azienda: i suoi legali avevano tentato la via del concorso di colpa chiedendo addirittura la restituzione dei soldi già versati dopo il patteggiamento (500 milioni di lire a Denis ed altri 500 ai genitori): richiesta nettamente respinta dal giudice.

Che ve ne pare? Possiamo credere che “Giustizia è stata fatta” per la vita di un giovane buttata via dentro un’azienda spesso soccorsa con soldi pubblici e assicurata presso la maggior compagnia di assicurazioni d’Italia? Noi gridiamo assolutamente NO!: i soldi, due milioni e mezzo di euro, cinque, dieci, tutti quelli della BCE ed anche i dollari di Fort Knox potranno garantire a Denis un’assistenza magari coi fiocchi giorno e notte, potrà togliersi ogni capriccio, spendere e spandere… ma diciamocelo… chi se ne frega! La sua libertà di muoversi, di afferrare o decidere quando andare in bagno, a letto o chissà dove è andata a farsi fottere mentre sudava il suo pane quotidiano in un’azienda che non ha saputo tutelare la sua salute e che poi ha avuto anche la spudoratezza di chiedergli la restituzione di soldi versati in sede di patteggiamento: complimenti alle acciaierie di Borgo!

Una piccola fotografia del fenomeno

Dal 1996 sono morti sul lavoro in provincia di Trento ben 80 persone con un trend più o meno stabile oscillante attorno ai 13-14 per anno (13 nel 2001 e 2 in un solo giorno a fine maggio 2002). Ecco alcune percentuali: degli 80 lavoratori deceduti nei sei anni ’96 – ’01, il 35% era occupato nell’edilizia, il 15 in agricoltura ed il 5 nel settore metalmeccanico. Prima causa di morte il mal funzionamento di macchine o la disattenzione di operatori (20 morti). Seconda causa quella che vede il lavoratore schiacciato da carichi sospesi o altri pesi (18, in particolare nel settore agricolo per rovesciamento del trattore: 9) e terza gli incidenti stradali verso o da il posto di lavoro: 16.

Gli infortuni mortali si sono verificati per il 46% nell’artigianato, per il 20 nell’industria, il 18 in agricoltura, l´11 nel commercio. Per il 56% si tratta di lavoratori dipendenti (ben 45 morti), per il 26 di lavoratori autonomi e per l’11 di coltivatori diretti.
Trento occupa la diciassettesima posizione nelle province per frequenza di infortuni in generale, l’undicesima per
quelli di una certa gravità e la decima per infortuni mortali.

La gravità delle conseguenze degli infortuni aumenta con l´età dell’infortunato mentre gli incidenti alla guida o a bordo di autoveicoli comportano le conseguenze più invalidanti sul piano fisico.

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