Da diversi anni la ricerca scientifica persegue l’obiettivo di aiutare chi ha riportato una lesione spinale a tornare nuovamente a camminare e riottenere la propria autonomia. Recentemente, l’attenzione mediatica sulla tematica è stata richiamata anche dal plurimiliardario statunitense Elon Musk, fondatore della startup Neuralink, autorizzata lo scorso maggio dall’FDA – l’Agenzia statunitense per gli alimenti e i farmaci – ad avviare la sperimentazione umana di un chip informatico che, una volta impiantato nel cervello, dovrebbe ripristinarne le funzionalità neurologiche compromesse. Sebbene l’audacia e le modalità di realizzazione dello studio destino dubbi in molti, ad oggi, l’obiettivo di restituire la capacità motoria a soggetti con capacità deambulatoria compromessa non è mai parso così vicino. Anzi, è proprio un progetto europeo a restituire l’idea che questo non sia più un mero sogno. Lo studio in questione, pubblicato su Nature lo scorso maggio, porta la firma del gruppo di ricerca del Politecnico di Losanna, guidato da Grègoire Courtine. Il progetto, che ha permesso a Gert-Jan Oskam – quarantenne olandese paraplegico in seguito ad un incidente stradale – di tornare a camminare grazie “alla forza del pensiero”, ha una portata del tutto innovativa rispetto a qualsiasi precedente. Solo un anno prima, infatti, un altro studio – cui ha collaborato anche l’italiano Silvestro Micera – aveva portato allo sviluppo di un dispositivo di stimolazione, azionabile tramite un tablet, in grado di permettere la deambulazione di tre pazienti paraplegici. «Il nuovo approccio è completamente diverso», ha riferito Courtine nella conferenza stampa organizzata da Nature. «E’ un ponte digitale, quello che abbiamo stabilito fra il cervello e il midollo spinale. Non si tratta di una semplice stimolazione, ma di un’interfaccia che rende possibile una conversazione diretta fra il cervello e il midollo spinale». Il meccanismo, basato sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale (AI), è così strutturato: 64 elettrodi, posti sulla testa dell’interessato, registrano i segnali inviati dalla corteccia cerebrale sensomotoria, trasferendoli in modalità wireless ad un sistema di elaborazione posizionato in uno zainetto indossato dal soggetto, il quale – grazie ad un algoritmo – decodifica il movimento desiderato e lo invia ad uno stimolatore che fornisce impulsi elettrici al midollo spinale, permettendo il movimento. Ad oggi, questo dispositivo è stato sperimentato solo sul quarantenne ma con esiti del tutto positivi. Oskam è riuscito a camminare per circa cento metri e stare in piedi senza appoggiarsi ad un supporto per alcuni minuti. Inoltre, i ricercatori, hanno potuto appurare la presenza di un miglioramento, anche a dispositivo spento, della percezione sensoriale di Oskam, elemento che suggerisce lo sviluppo di nuove connessioni nervose e una riparazione parziale del midollo spinale. Al momento, la strumentazione necessaria risulta ancora piuttosto ingombrante, ma i ricercatori stanno lavorando per minimizzarne le dimensioni e, cosa più importante, renderla accessibile ad un numero sempre maggiore di pazienti, di diversa struttura fisica, età e patologia. Considerato il rapido progresso della ricerca in materia, i presupposti per riporre fiducia in questa nuova tecnologia che potrebbe migliorare drasticamente la qualità della vita delle persone con funzionalità motoria compromessa sembrano non mancare.