“Sono nata il 24 maggio 1928 e vengo dal commercio e dall’industria”. Inizia così la lunga chiacchierata che abbiamo fatto con la signora Maria,ospite della Civica casa di riposo di Trento. L’idea di fare questa intervista ci è venuta spontanea visto che la nostra associazione si occupa di tutte le diversità: pertanto, in fase di confezione di questo numero, ci era sembrato opportuno far parlare anche chi magari da un po’ di tempo non può raccontare la propria storia all’esterno della struttura in cui è ospite. Nella signora Maria abbiamo trovato una persona disponibile, aperta e felice di esporci la sua vita. Il colloquio con la signora è avvenuto all’interno della casa di riposo, precisamente al sesto piano in una cameretta messaci gentilmente a disposizione dal personale.
Maria ci da quasi subito l’impressione di essere una persona con una gran voglia di parlare. Quindi abbiamo approfittato della situazione intervenendo solamente con qualche domanda di puntualizzazione o sulla vita all’interno della casa civica.
L’intervista si è subito snodata con il racconto delle origini della signora. Inaspettatamente più il discorso proseguiva e più ci sembrava di ascoltare il riassunto di un bel film d’altri tempi. Il padre aveva fatto la prima guerra mondiale ed era stato in campo di prigionia in Siberia, in Russia. Durante quel periodo, grazie alla Croce Rossa Internazionale, aveva potuto studiare molte lingue straniere e nel 1917 si era addirittura recato a S. Pietroburgo per vedere cosa era successo con la famosa rivoluzione bolscevica d’ottobre. Nel 1919 era riuscito a fare ritorno in Italia. La madre invece era ragioniera. I due si erano incontrati ai “consorzi comuni”, una fondazione che si dedicava alla ricostruzione della case abbattute durante la guerra.
La interrompiamo un secondo per domandarle come aveva vissuto la sua infanzia ed automaticamente il racconto continua con la descrizione di un passato felice, sereno e tranquillo passato a studiare intensamente pianoforte e a cucire a maglia sotto l’insegnamento della madre: non mi hanno mai lasciata libera un attimo dice orgogliosa la signora.
Maria durante la seconda guerra mondiale però fu costretta a smettere di studiare quello che le piaceva perché lei e i suoi congiunti erano stati sfollati a Tuenno, in Val di Non, luogo di origine della famiglia. Questo intoppo non le aveva impedito di acquisire il diploma di terza media presso le scuole di Cles. Finita la guerra erano ritornati a Trento ed il padre la mandò a studiare a Biarritz in Francia presso i Gesuiti ma lì vi rimase poco perché, grazie all’interessamento della direttrice della scuola di Parigi, dopo un mese si trasferì nella capitale francese per approfondire lo studio della lingua d’oltralpe. A Parigi vi rimase sei mesi studiando e facendo l’abilitazione all’insegnamento del francese in tutto il mondo. Lei ci spiega che ha imparato la lingua studiando con il metodo detto “immersione”, che in Italia non è usato visto che si basa sul fatto di studiare la lingua pensando nella lingua stessa.
Una volta ritornata in Italia si dedicò all’attività del padre, i cereali, finché lui morì quando lei aveva ventitre anni. Decise così di chiudere la ditta che le era rimasta in eredità e di investire in immobili. Quest’ultimo investimento le avrebbe garantito la sopravvivenza per tutta la vita.
Ci racconta che ha conosciuto il famoso pilota Ascari. Lei aveva una bellissima Balilla fuori serie. Per prendere la patente non aveva faticato tanto dal momento che a quei tempi l’esame di teoria non c’era ed in quanto alla pratica aveva ricevuto un’infarinatura da suo padre che la teneva in mezzo alle gambe quando guidava. Il signor Dalrì che le dava lezioni di guida, la chiamò addirittura alle Scuderie Trentine per fare le corse ma Maria non voleva con la sua macchina per paura di distruggerla. Dalrì insistette ulteriormente proponendole di gareggiare in coppia con il leggendario Ascari ma lei non ne volle sapere per il fatto che aveva paura di morire in un incidente stradale, data la risaputa passione per la velocità del pilota.
Dopo un’immersione così emozionante nel passato di Antonietta dobbiamo però riprenderci e ritornare al presente; le chiediamo quindi in che modo è entrata in casa di riposo.
Lei ci dice che dopo la morte della madre, quando aveva quarantaquattro anni, si era improvvisamente ammalata non riuscendo più praticamente a parlare e a muoversi. Le cure erano cominciate subito e lei stessa aveva chiamato una sua amica psicologa in Svizzera che le aveva spiegato che il passaggio da una vita molto attiva ad un invece di assistenza alla madre,quindi molto calma e fatta di tempi rallentati, l’aveva portata a quello stato di paralisi psico-motoria. Confessa di essere stata molto fortunata visto che era circondata dall’affetto di molti amici, tra cui molti della Trento bene. Lo testimonia il fatto che quando è stata premiata con la medaglia d’oro la scrittrice Isabella Bossi Fedrigotti anche lei era presente alla cerimonia su invito esplicito dell’autorevole premiata.
Nel 1980 è entrata in casa di riposo di sua spontanea volontà ed ha potuto permettersi questa soluzione proprio grazie a quei famosi appartamenti in cui aveva investito da giovane.
Le domandiamo come si svolge una sua giornata tipo all’interno della casa di riposo e lei ci descrive accuratamente le sue azioni quotidiane dall’alzarsi al mattino fino a quando va a dormire la sera. Le attività che la impegnano maggiormente sono la lettura e la scrittura epistolare. Uno dei pochi rammarichi della sua vita attuale è lo scarso dialogo con il resto degli ospiti della casa di riposo. Infatti molti non sono in condizione di comunicare razionalmente con un interlocutore perché ammalati più o meno gravemente. Il suo piatto preferito è polenta e gorgonzola e per quello che riguarda la cucina non ha proprio niente di cui lamentarsi. L’unico appunto che la signora Maria ha fatto riguarda l’orario(recentemente cambiato) in cui le danno le medicine e cioè le 9.00 che non l’aggrada perché era abituata a quello vecchio.
Le domandiamo se dopo tutta la vita abbia ancora un sogno nel cassetto e lei ci risponde che è quello di rassegnarsi poiché i problemi si accettano con gli anni. Insiste sul fatto che bisogna tenere la testa impegnata così la malattia non può progredire troppo velocemente. Orgogliosamente Maria afferma: “Bisogna essere qualcuno nella vita allora si ha soddisfazione, del passato bisogna ricordare solo le cose belle, il presente bisogna saperselo godere e soprattutto bisogna essere aperti e dare soddisfazione alle persone che ci stanno vicino”.
Vedendo Maria leggermente affaticata, le domandiamo per finire cosa ne pensi della società contemporanea e della considerazione di quest’ultima per gli anziani. La signora ci risponde che al giorno d’oggi non si sente sicura perché vede che ci sono molti attentati, sinonimo di instabilità della nostra società; dal suo punto di vista quello che conta ai giorni nostri sono solamente l’oro, il petrolio ed il grano, di conseguenza ecco perché soffiano in questo momento, così vicini anche a noi, i venti di guerra.
Per quanto riguarda gli anziani, Maria ci ricorda che in paesi più civilizzati del nostro, quali Francia ed Inghilterra, esistono le assicurazioni che, una volta arrivati alla pensione, garantiscono le cure mediche o comunque l’assistenza di cui una persona possa avere bisogno; inoltre, in questi paesi non esistono le case di riposo ed esiste la tradizione di tenersi i genitori anziani in casa. La signora conclude la sua intervista con una precisazione sul concetto di fede: “Il Signore non viene giù dalla croce per aiutarti, bisogna sapersi aiutare da soli e collaborare con Lui per migliorarsi”.
Con questa frase molto saggia si chiude l’intervista alla signora Maria che in questa ora e mezza di ricordi e di impressioni ci ha fatto scoprire come si possa essere forti anche ad una certa età solamente vivendo.