Intervista a Marta Bordas

Data: 01/08/11

Rivista: agosto 2011

Vi proponiamo un’intervista molto particolare che attraverso parole semplici e dettate da un’esperienza vissuta in prima persona, aiutano a riflettere ed a immaginare in termini diversi una società più attenta a tutti i suoi abitanti, che nell’innovazione e nel rispetto delle tradizioni sa trovare energie sempre nuove.

Ciao Marta, hai voglia di raccontare un po’ chi sei ai nostri lettori?

Mi chiamo Marta Bordas e abito a Barcellona, Spagna. All’età di sedici anni ebbi un incidente che mi provocò una lesione al midollo spinale e, quindi, mi costrinse su una sedia a rotelle a vita. Fu in quello stato che mi resi conto che non mi era più possibile andare in tanti posti che normalmente frequentavo, che tanti luoghi erano ormai vietati per me. Decisi perciò di studiare Architettura, per imparare come eliminare le barriere architettoniche. Ancora con questa voglia, sto lavorando sulla mia Tesi di Dottorato per promuovere un Disegno Universale per tutti, per ogni diversa necessità della persona.

Da quanto tempo sei qui a Trento? Cosa pensi di questa città?

Sono a Trento da quattro giorni, grazie al gentile invito del Prof. Antonio Frattari, dell’Università di Trento, che lavora su questi tematiche da qualche tempo. Trento è una bella città, facile da amare. Ho trascorso una bella giornata passeggiando per il centro storico e ammirando i monumenti come ad esempio il Castello del Buonconsiglio, che secondo me avrebbe bisogno di un intervento per facilitare l’accesso a tutti, nel rispetto della bellezza e integrità della struttura.

Sappiamo che hai partecipato ad un progetto europeo che aveva come obbiettivo quello di trovare nuove soluzioni di mobilità urbana; ci racconti di cosa si tratta?

Questo progetto Europeo si chiama LOCUS – Let’s Open Cities for Us: traduzione: “aprire le città a tutti”. Si tratta di un Programma Intensivo Erasmus, a cui partecipano nove Università europee (Finlandia, Germania, Romania, Polonia, Francia, Svezia, Portogallo, Italia e Spagna). Si è cercato così di unire varie esperienze e conoscenze per un arricchimento complessivo del risultato. Il progetto ha previsto lo studio di quattro città caratterizzate da un notevole patrimonio storico artistico, fatto questo, che ha reso difficoltosa qualsiasi proposta d’intervento architettonico. Queste città si contraddistinguono per una complessa planimetria, perciò una libera mobilità delle persone non è sempre assicurata. Questo equilibrio tra patrimonio e accessibilità deve essere affrontato con il massimo rispetto e coerenza.

Quali sono, secondo te, gli accorgimenti che una città dovrebbe adottare per far vivere al meglio tutti i suoi cittadini e visitatori?

Le città dovrebbero facilitare una libera mobilità a tutti gli abitanti. Per rendere questo possibile, talvolta è necessario intervenire con soluzioni architettoniche che prevedano una mobilità in senso verticale, si pensi ad un ascensore, a una rampa meccanica o a una funicolare. Dobbiamo capire e accettare questi elementi come parte integrante della città, così come abbiamo accettato attraverso la lente del progresso, tante altre cose che sono divenute per noi naturali. Pensiamo ad esempio all’introduzione dell’elettricità, o ai servizi sanitari negli edifici di interesse storico e turistico.

Perchè, secondo te, è importante investire nella libera circolazione delle persone ?

Per rispondere a questa domanda prenderò ad esempio uno studio di LOCUS: le città medievali erano protette dalle mura Romane, perché la loro origine e funzionalità era quella di difendersi dai nemici. Questa necessità, invece, è anacronistica al giorno d’oggi. L’obbiettivo di una società contemporanea come la nostra è al contrario quello di aprirsi alle influenze esterne, proprio per incrementare le relazioni, i traffici, la produzione e l’arricchimento in generale. Non più quindi la volontà di rimanere isolati. Questo modello di accessibilità intermunicipale dall’esterno verso il centro, lo si può applicare anche ad un modello di accessibilità trasversale che coinvolga la città stessa. Ritengo che tanto più è sviluppata la circolazione, tanto più si generano attività e benessere.

Avresti voglia di raccontare quanto la tua esperienza personale abbia contribuito a dare valore agli studi che hai intrapreso?

Il fatto di avere studiato Architettura e Disegno Urbano ed essere un’utente di sedia a rotelle, si traduce nel fatto che vivo in prima persona la mancanza di accessibilità e mi rendo conto immediatamente quando qualche cosa non funziona e perché. I nuovi termini scoperti e utilizzati nel Disegno Universale sono ad esempio, i disegni basati nell’esperienza (Experience-based Design) o disegni centrati sull’utente (User-centred Design); quindi, la mia formazione accademica insieme alla mia condizione di mobilità ridotta, mi conferiscono una conoscenza particolare e necessaria.

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