L’alcolismo è uno dei più grandi problemi della salute pubblica. È una dipendenza che deriva dall’assunzione di bevande alcoliche e che provoca sofferenze sia a livello fisico che psicologico.
Un pomeriggio di aprile ho incontrato (userò dei nomi fittizi) Francesco (ex-alcolista) e sua moglie Linda. Nell’immaginario comune un ex-alcolista è una persona che ha vissuto, in un certo momento, un evento particolare (la così detta causa scatenante) che lo ha spinto ad abusare della suddetta sostanza. Sfatiamo subito il mito. Sicuramente per alcuni l’avvicinamento e la conseguente abitudine al bere deriva da un trauma, ma per molti la discesa verso alcolismo non è determinata in maniera così netta. “All’età di 14 anni ho iniziato a bere qualche bicchiere di birra con gli amici, ai 18 sono cominciate le prime sbornie: il percorso regolare di tutti i giovani. Un po’ alla volta ho iniziato a bere sempre prima durante il giorno. La dipendenza, se vogliamo dare un intervallo di tempo, è stata nel periodo dai 30 ai 40anni.”. All’epoca Francesco (ben 17 anni fa ormai) non riconosceva il problema, credeva di aver sotto controllo la situazione, ma così non era. I rapporti interpersonali peggioravano, i problemi sul lavoro diventavano più frequenti e il rapporto con la moglie, pian piano andava sgretolandosi. “Litigavamo spesso ed io ero sola a crescere nostro figlio. Un po’ alla volta creavo sempre più barriere, ma non ammettevo l’esistenza di un problema così radicato. Sapevo che c’era, ma gli credevo quando mi diceva che si sarebbe impegnato a smettere da solo.” Dopo l’ultimo di tre incidenti in macchina la situazione diventò insopportabile. Linda chiese al marito di pensare seriamente alla possibilità di farsi aiutare e, nell’estate del 1993 i tempi furono maturi per iniziare a cambiare. Nonostante lo scetticismo iniziale, Francesco infatti decise di seguire il consiglio della moglie. Dopo un primo contatto col Servizio di Alcologia Distretti Sanitari di Trento i due coniugi scelsero il percorso che ritenevano più adatto a loro, rivolgendosi così al Club Cat (Club degli Alcolisti in Trattamento) in cui hanno impegnato molte energie riuscendo a raggiungere l’obbiettivo preposto. Francesco ha sottolineato come, inizialmente, si sia restii a rivolgersi agli enti competenti in quanto, essendo Trento una città molto piccola, si ha sempre timore di mettere a nudo se stessi, di fronte a persone che, magari, potremmo conoscere. Come fare quindi? “Bisogna attuare un vero e proprio cambio di prospettiva. Nel mio caso mi sono detto: mi vergogno adesso che sto cercando di fare qualcosa di buono e non lo facevo prima, quando uscivo dai bar e tutti mi vedevano ubriaco?”. È proprio questo un punto cruciale. Bisogna sentirsi fieri quando si vuole risolvere le difficoltà e non fragili. I due intervistati hanno tenuto a sottolineare che definire l’alcolismo una malattia potrebbe essere fuorviante: rischia in primo luogo di deresponsabilizzarci e, in secondo luogo, di far pensare che l’aiuto debba venire solo dagli altri, più che da noi stessi e così non è assolutamente. Una persona che soffre di dipendenza deve trovare dentro di se la forza e la grinta che gli permetteranno di uscire dal “tunnel”. L’aiuto esterno ovviamente rimane fondamentale ma il primo passo deve essere nostro in prima persona.. L’alcol è e rimane una droga. Si può chiamarlo come si vuole, ma induce alla dipendenza come una qualsiasi sostanza stupefacente. Si insinua nella nostra quotidianità mascherato da amico. È talmente inserito nella società che spesso chi non si fa il bicchierino di fine serata è additato come il guastafeste. Linda lo ha definito un gas invisibile che si insinua in ogni dove: una metafora che coglie il nodo cruciale: la difficoltà di combattere un nemico che appare o trasparente e invisibile o amichevole e invogliante. La sua assunzione è sempre un comportamento a rischio! Non sai mai dove ti condurrà: magari al semplice bicchiere bevuto in compagnia, diversamente potrebbe diventare un problema molto più grande.
Rispetto a molti anni fa l’informazione su questa tematica è molto più diffusa e ci permette di essere maggiormente a conoscenza delle possibilità che si possono avere per cominciare un programma di recupero. La prevenzione, di pari passo, assume un ruolo sempre più importante: si cerca di sensibilizzare la popolazione al minor uso di sostanze alcoliche. È fondamentale riuscire a capire che l’uso di queste apre un ventaglio di conseguenze negative che non si limitano ai postumi da sbornia del giorno dopo. Ci sono i problemi legati alla salute, gli incedenti che si possono provocare e così via. Il Trentino è una delle regioni in cui vi è un più alto consumo di alcol. Ed il problema è trasversale: colpisce tutte le età.
Per questo l’Azienda Sanitaria si sta impegnando in progetti che riescano a “rieducare” gli abitanti ad avere un più sano stile di vita. Per i giovani si sta diffondendo il progetto di educazione tra pari che consiste nella formazione, da parte di operatori sanitari, di ragazzi che, attraverso le loro conoscenze, coinvolgeranno i loro coetanei sensibilizzandoli verso il problema del consumo di alcol. Sono ancora poche le persone giovani che ammettono di avere una dipendenza, ma le cose si spera cambieranno in relazione alla maggior attenzione che circola sul nostro territorio.
Aprile è stato il mese della prevenzione, ma l’attenzione di stampa, radio e televisione, non deve scemare nei prossimi mesi: l’informazione ci rende liberi. Liberi di conoscere le conseguenze che i nostri stili di vita meno sani ci spingeranno ad affrontare, liberi di capire che a volte, dietro a certi usi che crediamo quasi salutari(“ buon vino fa buon sangue”) si nasconde tutt’altra verità.
Per avere maggiori informazioni su alcolismo e prevenzione ed avere un primo aiuto rivolgersi al Servizio Di Alcologia al numero 0461 – 904682 / 4534 / 4679 / 4632 o scrivere all’ e-mail: edusal@mail.apss.tn.it o visitare in sito: www.apss.tn.it/Public/ddw.aspx?n=48880