Intervista Alla Presidente Bruna Penasa della Cooperativa La Sfera

Data: 01/08/17

Rivista: agosto 2017

Categoria:Interviste

Può raccontare brevemente ai nostri lettori come e quando è nata la vostra cooperativa?

 

La Sfera nasce su iniziativa di Aft, Associazione Famiglie Tossicodipendenti nel 1995, quando venne rilevata l’esigenza di alcune persone, uscite dalle comunità terapeutiche, di reinserirsi nel mercato del lavoro. L’attività prevalente fino al 2004 era l’edilizia, successivamente invece abbiamo differenziato le attività, sia per necessità legata a una crisi del settore, ma anche per creare contesti diversi funzionali al reinserimento.

 

Chi sono i beneficiari dei vostri servizi?

 

Come cooperativa di reinserimento lavorativo il nostro obiettivo è quello di reinserire persone affinché acquisiscano nuovamente competenze utili a restare nel mondo del lavoro. Nei primi anni abbiamo operato esclusivamente con persone uscite dalle comunità terapeutiche, quindi soggetti con alle spalle problemi di dipendenze, mentre dal 2004, quando si conclude una prima fase per la cooperativa, vi è stato un ampliamento delle figure alle quali viene offerto il reinserimento, accompagnato dall’implementazione della rete dei servizi e a un contestuale cambiamento gestionale, passando a un modello più strutturato in cui vi è una direzione e un presidente istituzionale. Anche il Consiglio è mutato negli anni, passando in questa fase ad una formulazione mista composta da soci lavoratori e volontari. Nel 2010 assistiamo a una terza fase durante la quale abbiamo ulteriormente differenziato i canali ampliarci a più settori, e contestualmente abbiamo cercato di aprirci anche alle esigenze di altre persone, seguendo più linee di reinserimento lavorativo. Oggi abbiamo diversi progetti individualizzati con persone con disabilità o svantaggio alle quali è dedicato l’intervento 18 bis, oppure lavori di pubblica utilità svolti da chi ha commesso dei reati per evitare la pena detentiva, o ancora in convenzione ex art. 14, che prevede l’obbligo per il datore di lavoro di assolvere al collocamento di persone con disabilità in misura proporzionale all’organico presente. La convenzione permette al datore di lavoro di dare una commessa a una cooperativa sociale di tipo B la quale svolgerà l’attività assumendo la persona con disabilità per un tempo minimo di un anno.

 

Che dimensione ha la vostra cooperativa in termini di lavoratori e come sono organizzati gli interventi di reinserimento?

 

Attualmente contiamo circa 330 lavoratori, dei quali 200 rappresentano l’organico stabile, l’85% circa a tempo indeterminato, mentre altri sono lavoratori stagionali o vincolati dalla durata degli interventi. Cerchiamo, dove possibile, di favorire il reinserimento di persone con meno di 30 anni di età, anche se alcuni settori come ad esempio i lavori socialmente utili vedono un’età media più alta. Definito il progetto individualizzato, la figura inserita viene seguita dal responsabile sociale che si occupa della costruzione, del monitoraggio e della valutazione dei progetti di reinserimento. L’assegnazione di un ambito lavorativo idoneo determina l’affiancamento a un responsabile di commessa e normalmente la supervisione di un tutor dell’inserimento lavorativo. Viene di fatto costruito una sorta di processo produttivo a misura, dove il lavoratore viene messo al centro; c’è un livello minimo che non può naturalmente mancare, ovvero quello di riuscir ad avere una sostenibilità dell’attività nel suo complesso. Il percorso termina quando la rete dei servizi insieme al responsabile sociale definiscono che il progetto è chiuso, quindi si presume che la figura non abbia più necessità del supporto della rete, ma le tempistiche per ognuno sono molto differenziate. Nella nostra filosofia il percorso di reinserimento termina con il ritorno nel mercato del lavoro, ma negli ultimi anni non è sempre possibile, quindi molte figure vengono incluse in cooperativa fino al raggiungimento dell’età pensionabile.

 

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