Intervista all’Assessore Provinciale il dott. Luca Zeni
Dal Piano per la salute approvato nel maggio 2015 agli interventi nel campo assistenziale, dal volontariato al contrasto di situazioni di marginalità.
A cura di Giuseppe Melchionna
Sanità
Cosa intende lei nel concreto per contrasto alle disuguaglianze nel campo socio-sanitario?
Contrastare le diseguaglianze sociali nella salute significa sostanzialmente promuovere una società più equa capace di ridurre le differenze nello stato di salute della popolazione prodotte da fattori sociali -e quindi modificabili- come il livello d’istruzione, l’accessibilità dei servizi e i fattori di rischio comportamentali. Concretamente questo implica che le politiche socio sanitarie devono essere valutate rispetto al loro impatto sul divario sociale e calibrate al fine di ridurlo.
Il Trentino in questo senso parte da una situazione positiva anche se la crisi economica degli ultimi anni ha comunque evidenziato anche da noi l’aumento di alcuni indicatori da non sottovalutare (disoccupazione giovanile, occupazione femminile inferiore rispetto a quella maschile, allungamento della vita e conseguente aumento delle multimorbilità ecc.).
Bisogna, quindi, agire su più fronti: sociali, economici, ambientali. Il Piano provinciale per la salute rappresenta un forte impegno dell’amministrazione in questo senso, tant’è che pone la riduzione delle diseguaglianze sociali nella salute come priorità che deve accompagnare trasversalmente gli obiettivi legati all’aumento del benessere sull’intero ciclo di vita; alla creazione di un contesto di vita e di lavoro favorevole alla salute e alla promozione di un sistema sociosanitario che renda i servizi alla persona più vicini al cittadino, più efficaci, più sicuri, più sostenibili.
Si tratta di obiettivi a grande raggio che hanno natura programmatoria e che necessitano di essere ora tradotti in azioni concrete attraverso la elaborazione di precisi Piani operativi.
Cosa cambia dal suo punto di vista nel 2016 con il Piano per la salute approvato nel maggio scorso in provincia di Trento? (Il Piano formalmente è stato approvato con DGP n. 2389 del 18 dicembre 2015)
Il cambiamento più rilevante sta già nell’impostazione di partenza in quanto questo Piano è un Piano per la salute, non un Piano sanitario o socio-sanitario.
Qual è la differenza? Un Piano socio-sanitario si limita ad organizzare l’offerta dei servizi rivolti alla persona, mentre un Piano per la salute (salute definita dall’OMS come “benessere dal punto di vista fisico, mentale e sociale”) deve affrontare tutti i determinanti della salute, cioè quell’insieme dinamico e interdipendente di fattori individuali, ambientali e socio-economici (tra cui ovviamente anche la qualità dei servizi sanitari e sociali) che incidono sullo stato di salute complessivo.
Con il Piano la salute viene considerata come risorsa dell’individuo e della comunità (approccio salutogenico), non come un bene da ripristinare in caso di danneggiamento (approccio patogenico).
In questo modo il Piano della salute 2015-2025 diventa uno strumento per promuovere una visione strategica di un Trentino più sano, più equo e quindi più sostenibile e democratico.
In questo senso si può pensare al piano come a una mappa. Il grande lavoro e, quindi la grande sfida che vogliamo sostenere oggi è quello di cominciare a lavorare su questa mappa per tradurla, in modo partecipato, in azioni concrete attraverso lo sviluppo successivo di piani operativi di implementazione corredati da un dettagliato crono-programma e da precisi indicatori che serviranno per la rendicontazione ed il monitoraggio.
Vita indipendente e disabilità.
In questo contesto che ruolo svolge il calcolo ICEF e come si inserisce nell’opera di riduzione delle diseguaglianze sociali nel campo sanitario e nell’incremento della soglia di solidarietà nel sistema sociale regionale avendo riguardo alle persone non autosufficienti?
Rispetto a questa domanda una precisazione è d’obbligo: la Provincia di Trento in quanto Autonoma non ha diritto ad una quota dei 5 milioni stanziati dal legislatore nazionale e a cui lei faceva riferimento, ma interviene con fondi propri.
Le politiche promosse dalla PAT rispetto al diritto ad una vita indipendente perseguono l’obiettivo di sviluppare autonomia e realizzazione consapevole del progetto di vita della persona disabile, supportandola nel suo contesto quotidiano e riconoscendole un ruolo attivo nell’interazione con i servizi sociosanitari del territorio.
Nel 2014 in occasione del recepimento delle linee guida ministeriali sul “modello di vita indipendente”, la P.A.T. ha introdotto l’indicatore Icef quale strumento per garantire una maggiore equità tra i destinatari di questa prestazione. Le risorse messe a disposizione dal “progetto vita indipendente” sono infatti destinate a coprire le spese del personale di assistenza. Si tratta pertanto dell’erogazione di un sostegno economico a favore di persone disabili che, in quanto tale, deve necessariamente tenere conto, al fine di garantire una giusta redistribuzione, delle condizioni economiche-patrimoniali familiari del ricevente.
L’indicatore ICEF, già applicato in diverse politiche di settore, è oggi ritenuto uno strumento valido per tutelare e aumentare l’equità nella redistribuzione delle risorse pubbliche. Il suo utilizzo è quindi coerente con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze sociali nel campo d’accesso ai diversi servizi, e in particolare a quelli socio-sanitari.
Fondi per la non autosufficienza.
Per quanto riguarda il Trentino, come s’intende distribuire le risorse nel campo dell’assistenza delle persone non autosufficienti e in particolare, cosa ci può dire rispetto all’utilizzo del sistema voucher per i fruitori del servizio di assistenza domiciliare?
Come Provincia non abbiamo diritto ad attingere ai fondi nazionali in quanto provvediamo direttamente al finanziamento degli interventi per la non autosufficienza con risorse del bilancio provinciale. Per questo settore si continuerà a garantire lo stesso elevato livello di qualità in essere (rileva evidenziare alcuni dati di spesa: per le RSA spendiamo 130 milioni euro; per gli istituti per disabili 12 milioni euro; per l’assegno di cura 10 milioni di euro; per il servizio trasporto “Muoversi” tre milioni di euro ecc.) concentrando l’attenzione a sviluppare modelli innovativi di servizi che accompagnino la persona lungo tutto l’arco di vita con interventi preventivi, con la promozione di sani stili di vita, favorendo l’inclusione sociale e lavorativa delle persone a rischio di emarginazione, abbattendo quelle barriere che limitano l’effettiva partecipazione nei diversi contesti di vita all’interno di una rete integrata che vogliamo sempre più favorire. Ad esempio, il Piano di cui ho già parlato individua alcune azioni specifiche da promuovere per costruire valore intorno alla disabilità. Degne di nota in questo senso sono, ad esempio, le progettualità legate al tema del “Dopo di noi”; le sperimentazioni di forme alternative dell’abitare potenziando interventi a supporto della domiciliarità; il sostegno alla genitorialità nell’accoglienza della disabilità dei figli, anche con percorsi formativi specifici; lo sviluppo dei servizi a rete per l’assistenza delle persone disabili al fine di favorire una reale integrazione anche attraverso la promozione del volontariato in una logica di comunità.
Venendo ora al tema dei voucher si può affermare che il servizio di assistenza domiciliare, date le sue caratteristiche e l’articolazione di prestazioni, può essere un terreno interessante nel quale introdurre un modello sperimentale di buoni di servizio. L’obiettivo principale deve restare il rafforzamento delle capacità decisionali dell’utente e della sua rete di riferimento nella costruzione di un servizio personalizzato.
Attualmente stiamo sondando la possibilità di sperimentare questo modello.
Mobilità e trasporto pubblico per persone a ridotta mobilità.
Consapevoli di quanto si è fatto in Trentino (sulla mobilità e trasporto pubblico per persone a ridotta mobilità) per adeguare le infrastrutture agli standard di accessibilità, quali sono i prossimi passi e su cosa bisognerebbe maggiormente soffermarsi secondo lei?
In Trentino già da molti anni si opera per garantire l’accessibilità del trasporto per i disabili: oggi, in particolare, si fa riferimento, oltre che alla legislazione provinciale in materia di trasporti pubblici, anche alla l.p. n. 1 del 1991 che, nel capo VI, disciplina gli interventi diretti (servizi di trasporto) e quelli agevolativi (contributi per l’adattamento dei veicoli per la guida e il trasporto dei disabili) della Provincia in materia di trasporto dei disabili. Rispetto al servizio “Muoversi”, servizio individualizzato di trasporto e accompagnamento per persone portatrici di minorazioni, gestito direttamente dall’Assessorato alla Salute e Politiche sociali, si rileva un elevato livello di gradimento del servizio dimostrato anche dal numero crescente di persone che vi aderiscono nel tempo. Questo è un servizio pressoché unico sul territorio nazionale, premiato e riconosciuto come un’eccellenza nei servizi della Pubblica Amministrazione in ragione della sua capacità di rispondere in modo personalizzato e flessibile ai bisogni individuali di spostamento dei cittadini iscritti. Oggi il trasporto serve circa 1000 persone e si rileva un incremento di circa 100 utenti all’anno. L’obiettivo è quindi quello di mantenerlo anche se si dovranno trovare delle strategie di razionalizzazione che comunque garantiscano una particolare attenzione alle situazioni di maggiore gravità. Una di queste strategie sarà, ad esempio, quella di prevedere l’integrazione e la programmazione unitaria dei trasporti organizzati dagli altri servizi sociosanitari e socio assistenziali sul territorio. Per quanto riguarda il trasporto pubblico per i disabili, in sinergia con la Società Trentino trasporti esercizio, si sta cercando di trovare strategie che si allontanino dalla realizzazione di servizi speciali di trasporto esclusivamente dedicato alle persone portatrici di minorazione, privilegiando invece un trasporto egualmente accessibile ed utilizzabile da tutti.
Centralità della persona disabile attiva nella scelta dei servizi.
A suo parere come si declina a questo punto la centralità della persona disabile attiva nella scelta e nella proposta di servizi di natura non esclusivamente sanitaria?
Partiamo dal Piano della Salute, attorno al quale hanno lavorato in questi ultimi anni le Strutture dell’Assessorato alla salute e alle Politiche sociali: le direttrici di questo strumento di pianificazione, che toccano contemporaneamente sia il mondo della sanità che le politiche sociali convergono verso una comune visione della centralità della persona non come “oggetto passivo, ossia parte che subisce le cure e i servizi” bensì come “consapevole protagonista della propria vita, delle scelte che la riguardano e del proprio futuro” in salute (comportamento attivo). Per garantire la qualità dei servizi sotto il profilo relazionale e sociale, va abbandonata, quindi, la logica secondo la quale la cura delle persone, comprese quelle disabili, sia esplicata esclusivamente attraverso servizi predefiniti in modo standardizzato; al contrario, vanno costruiti percorsi socio-assistenziali personalizzati attorno alla singola persona, tenuto conto dei suoi specifici bisogni, dei sui cambiamenti nelle diverse fasi della vita e nei diversi contesti (ad esempio, nuovo modello del servizio vita indipendente). Primo obiettivo dell’Amministrazione sarà pertanto quello di rafforzare l’informazione delle persone circa la prevenzione e la cura delle patologie di carattere fisico e relazionale e l’orientamento alla scelta dei servizi più appropriati. E’ in particolare previsto l’incremento degli sportelli informativi sul territorio. Sempre più, nel contesto di vita dei disabili, andranno rafforzati i servizi che offrono supporto alla domiciliarità, alla semiresidenzialità, alle esperienze di coabitazione in piccoli gruppi e alla vita attiva anche in condizioni di gravità, in maniera proporzionale alla diminuzione del ricorso al ricovero in struttura.
Volontariato.
Allo stato attuale la Provincia di Trento cosa ha stanziato o intende stanziare per sostenere il volontariato declinato in tutte le sue forme? Esiste spazio ancora per il volontariato “puro” o esso diviene sempre più utopico nel contesto attuale?
Lo stanziamento di risorse per il volontariato nel bilancio 2016 ammonta ad oltre 800.000 euro. Il volontariato è una delle risorse nei vari territori trentini e diventa sempre più importante proprio in occasione di difficoltà sia economiche che di valori e tanto più quando sono in crisi le unità di base della convivenza e relazione umana, come quelle familiari e parentali. Il volontariato è tale quando è espressione della solidarietà gratuita delle persone ed esisterà sempre fino a quando esisteranno degli individui disponibili a rendere disponibili gratuitamente proprio tempo ed energia a favore degli altri. D’altra parte è innegabile che, a fronte di bisogni crescenti, determinate organizzazioni di volontariato stiano sempre più e sempre meglio occupando spazio di servizio alla comunità. Lo svolgimento in maniera importante e organizzata di tali attività di promozione umana e di interesse generale comporta la necessità di disporre sia di risorse economiche per sostenere i costi vivi delle attività svolte (materiali, sedi ecc.), sia di qualche unità di personale dipendente o lavoratore autonomo specializzato, il che è consentito dalla legge, a condizione che l’apporto del servizio volontario e gratuito rimanga prevalente rispetto al lavoro retribuito. E’ plausibile che entrambe le realtà continuino a convivere, anche in considerazione della diversa estensione e consistenza dei servizi resi: l’impegno principale della Provincia e degli enti locali, nei prossimi anni, sarà quello di promuovere la collaborazione ed il coordinamento dei servizi resi direttamente dall’ente pubblico, dalle realtà retribuite e dal volontariato, fin dalla fase dell’ideazione e della progettazione degli interventi.