Italia: fuori i soldi per la ricerca!

Autori:Redazione

Data: 01/12/01

Rivista: dicembre 2001

Avrete certamente seguito nei mesi scorsi le colossali, a volte ridicole polemiche sulla ricerca di biotecnologie al servizio dell’uomo, da quelle sulla trascrizione del genoma umano (gennaio) a quelle sulla clonazione delle prime cellule umane (scorso novembre). È stata artificiosamente organizzata una confusione cosmica con seguito di parole a vuoto di tanti grilli parlanti, minacce di scomuniche, scontri verbali tra scienziati e politici (Verdi e Cattolici) attorno all’eticità o meno di queste ricerche. Risultato: perplessità per non dire diffidenza delle persone comuni verso la scienza e invocazioni perché la ricerca sia limitata per legge.

A complicare ulteriormente il panorama, ecco il risultato sconfortante di uno studio del CENSIS: troppi intralci economici, burocratici e amministrativi ostacolano in Italia lo sviluppo della ricerca scientifica, dalle tecnologie mediche a quelle spaziali.

Eppure non passa giorno che dai laboratori di mezzo mondo non vengano notizie di nuove tecniche e nuove soluzioni per la cura di patologie gravemente invalidanti se non mortali: Alzheimer, Parkinson, midollo spinale, tumori.

L’Italia descritta dal CENSIS pare al palo: in ricerca spende poco e male, tra l’1,5 e l’1,6 per cento del Pil di cui quasi la metà investito dalle imprese private, da noi ci sono meno ricercatori rispetto a tutti i paesi nostri concorrenti, brevettiamo poco e quel poco stentiamo a proteggerlo dai copioni, non abbiamo sviluppato un minimo di coordinamento fra impresa e università.

Ormai da due secoli la salute fisica dipende sempre più dalle tecnologie sviluppate in laboratorio. Il ruolo della ricerca di base è molto diverso tra i paesi Ocse. Ad esempio, l’80% della spesa europea per la ricerca biotecnologica (diagnostica umana e sistemi terapeutici) è concentrato in quattro paesi, guarda caso i battistrada nel campo delle biotecnologie: Germania (l’unica in possesso di un vaccino anticarbonchio), Regno Unito (patria dell’ormai mitica pecora Dolly), USA (il genoma) e Francia. Dai brevetti ottenuti con i loro studi, questi paesi ricavano una montagna di denaro (pensate alla Bayer) e dettano i loro comodi agli altri.

Conviene dunque ad uno Stato impegnarsi a favore delle scoperte scientifiche, conviene da un punto di vista economico ma soprattutto del benessere fisico e mentale dei suoi cittadini. Immaginiamo ad esempio che il morbo di Alzheimer scompaia per incanto domani mattina: quante persone abbandonerebbero gli ospedali per tornare al lavoro e alle loro case? Quanto denaro risparmierebbe la Sanità pubblica? Quanto ne incasserebbe il Ministero delle Finanze? Immaginiamo anche che tra una settimana diventi possibile rigenerare le cellule del cervello e del midollo spinale: quanti traumatizzati salterebbero fuori dalla carrozzina o riprenderebbero a pieno il controllo delle funzioni cerebrali? E così via…

Quindi caro Governo, pensa quanti problemi potresti risolvere promovendo la ricerca e datti una mossa: noi che abbiamo una difficoltà fisica o mentale, ci contiamo molto sulla ricerca per liberarcene! Detto fuori dai denti, tira fuori i soldi per la ricerca e non ascoltare le chiacchiere di tanti sapientoni che, bene in salute, garruli blaterano di eticità e liceità della ricerca scientifica più avanzata mentre noi continuiamo a star seduti sulle carrozzine, ad essere tenuti buoni con 100 gocce di Valium al giorno, a piegarci sotto l’attacco della distrofia, a precipitare nel nulla della depressione.

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