Con l’approvazione della legge n. 180 del 13 maggio 1978 che sanciva la chiusura degli ospedali psichiatrici (meglio conosciuti con il nome di “manicomi”), su tutto il territorio nazionale sono entrati in funzione i Servizi per la salute mentale.
L’opinione pubblica ben poco sa di questo servizio pubblico, e molti sono coloro che addirittura lo ignorano. La causa, forse, è la continua permanenza, profondamente radicata nella popolazione, di tutti quei luoghi comuni esistenti sul malato mentale. Per conoscere meglio il Servizio di salute mentale, per cercare di capire come funziona e qual è l’utenza annua nel nostro territorio, abbiamo intervistato Renzo De Stefani, primario del Servizio di salute mentale di Trento.
Dott. De Stefani, ci può spiegare come è strutturato il Servizio da Lei diretto?
Il Servizio di salute mentale di Trento ha il suo riferimento principale presso il Centro di via Petrarca, 1.
Questo Centro serve per dare la prima accoglienza e la prima risposta a tutta la domanda psichiatrica della città di Trento.
Il Servizio si avvale anche di diverse aree di attività collegate tra loro per garantire agli utenti la possibilità di essere seguiti in maniera coordinata e integrata. In queste aree comprendiamo le attività ambulatoriali, quelle domiciliari e le cosiddette “strutture intermedie”, che sono luoghi dove, o limitatamente alle ore diurne o per periodi protratti nel tempo, trovano accoglienza persone con bisogni prevalentemente di carattere riabilitativo.
Da non dimenticare poi che all’interno del Servizio esiste, presso il “Santa Chiara”, un reparto psichiatrico con 16 posti letto che serve ad accogliere le persone “in crisi”, che non è possibile seguire nelle altre aree territoriali.
A quanto ammonta l’utenza annua che beneficia di questo Servizio?
Il Centro “vede” in un anno circa 8-900 persone. Di queste, circa 250 rappresentano “la cosiddetta prima visita” e circa 300 costituiscono lo “zoccolo duro” del Servizio, in quanto sono le persone più intensivamente seguite a causa della gravità del loro disturbo.
Qual è la patologia più diffusa? E quale percentuale occupa nella popolazione trentina?
Dal punto di vista strettamente numerico i disturbi di interesse psichiatrico più frequenti sono quelli depressivi e d’ansia. Come è facile intuire, parlare di ansia e di depressione mette assieme condizioni molto diverse fra loro.
Si può andare dal breve episodio depressivo reattivo che segue, ad esempio, un lutto, alla psicosi depressiva che stravolge completamente la percezione del mondo nella persona che soffre. La grande variabilità di quadro depressivo e di ansia spiega come nella popolazione questi disturbi siano statisticamente più frequenti. Si può dire che circa il 15-20% della popolazione in un anno vada incontro a un episodio ansioso o depressivo.
E la patologia che impegna di più il Servizio?
Tutti i servizi pubblici di salute mentale seguono, per almeno il 70-80% del loro tempo, utenti con disturbi di tipo psicotico-schizofrenico. Questo perché i disturbi psicotici sono i disturbi che maggiormente compromettono la vita della persona che ne soffre e perché necessitano di interventi complessi ed integrati che solo all’interno del servizio pubblico possono essere trovati.
È invece conoscenza diffusa che chi soffre di depressione o, come spesso si usa dire di “esaurimento”, trova sul “mercato” molte e diverse possibilità di risposta.
In conclusione come possiamo classificare la realtà dei Servizi di salute mentale trentini rispetto alle realtà del resto d’Italia?
La realtà trentina è abbastanza buona e in linea con la realtà delle altre regioni del centro nord. Questo non significa che non vi siano ancora persone e famiglie che vivono situazioni anche drammatiche e che non sono sufficientemente seguite. Inoltre, c’è ancora molta strada da fare in tema di integrazione tra servizi psichiatrici ed altri servizi del territorio, nel coinvolgimento delle famiglie degli utenti, nella promozione convinta dei movimenti di auto-mutuo-aiuto che costituiscono una grandissima risorsa potenziale.