LA MEDICINA DI GENERE: UN NUOVO APPROCCIO INCLUSIVO ALLO STUDIO DELLA SALUTE UMANA

Data: 01/02/22

Rivista: febbraio 2022

Le persone sono tutte uguali? Certamente no: ognuno ha le proprie peculiarità caratteriali ma, prima di tutto, fisiche e anatomiche. Sebbene questa risposta possa sembrare scontata, nella realtà molto spesso si tende ad appianare le differenze, con risultati poco piacevoli. Un esempio significativo in materia ce lo offre il campo della salute, dove ancora troppo spesso viene adottata una prospettiva “androcentrica”, incentrata sul prototipo dell’uomo medio come oggetto di studio e approfondimento medico. 

Sin dall’antichità, la medicina ha infatti abitualmente considerato la donna come “un piccolo uomo”, uguale in tutto e per tutto alla versione maschile, eccezion fatta per i soli aspetti correlati all’apparato riproduttivo e psicologico, in questo caso studiati maggiormente nelle donne, a discapito degli uomini. Ciò ha comportato negli anni la quasi totale esclusione del sesso femminile dagli studi condotti in ambito clinico e farmacologico, compresa la sperimentazione a livello animale. Negli ultimi decenni è però stato scoperto che le differenze fra corpo femminile e maschile vanno ben oltre la mera sfera riproduttiva e, anzi, sono parecchio significative! Uomini e donne, infatti, possono presentare sintomi differenti e necessitare di tipologie di diagnosi variabili per la stessa patologia. Ma le differenze non finiscono qui, anche la reazione dell’organismo umano ai trattamenti terapeutici può risultare diversificata in base al sesso di appartenenza: una cura può essere efficace per l’uomo ma avere effetti minori, inesistenti o addirittura collaterali nella donna. Si parla, in questo caso, di “paradosso donna” per cui, sebbene le donne siano più longeve degli uomini, il tempo guadagnato è in realtà tempo di malattia: pur risultando le principali consumatrici di farmaci, godono di minori garanzie in termini di efficacia, tollerabilità e sicurezza.

Per queste scoperte dobbiamo ringraziare la medicina di genere: risalente agli anni novanta, questo nuovo approccio alla medicina ha l’obiettivo di studiare l’impatto di sesso e genere sullo stato di salute e sullo sviluppo delle patologie umane al fine di garantire un equo accesso e una corretta e tempestiva prevenzione, diagnosi e cura a ogni singolo individuo. Anche il concetto di genere e la relativa stereotipizzazione dei ruoli femminili e maschili all’interno della società hanno infatti un impatto notevole sulla salute umana: se i report dell’INAIL nel quinquennio 2014-2018 indicano che gli uomini riportano più frequentemente infortuni sul lavoro rispetto alle donne, queste ultime sono invece maggiormente soggette al rischio di incorrere in incidenti domestici (66%) e allo sviluppo di sindromi ansioso-depressive provocate dallo stress dovuto agli sforzi per far combaciare le esigenze lavorative con il loro ruolo di principali care giver in famiglia. 

Sebbene appaia evidente l’importanza di un approccio attento al sesso e al genere nella salute, la medicina di genere è una materia spesso poco nota anche agli esperti del settore e che gode ancora di poca notorietà. Proprio per questo, le recenti posizioni assunte dall’Italia in materia ne fanno un grande esempio di inclusività nel panorama internazionale: con l’adozione del recente “Piano per l’applicazione e la diffusione della medicina di genere”, approvato nel giugno 2019 in attuazione dell’art 3 della legge 3/2018, l’Italia risulta essere il primo Paese al mondo a possedere una normativa in materia. Redatto con il supporto di istituzioni e associazioni che da anni si occupano della materia a livello nazionale, il piano predispone una strategia d’azione che potenzia le seguenti aree: 1) attuazione di percorsi clinici di prevenzione, diagnosi e cura specializzati; 2) ricerca e sperimentazione incentrata sul genere; 3) formazione e aggiornamento del personale medico e degli studenti; 4) comunicazione e informazione alla cittadinanza. 

Non ci resta che sperare di vedere al più presto gli effetti positivi di simili disposizioni, consapevoli dell’importanza di veder riconosciuto a ogni individuo l’inviolabile diritto alla salute.

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