La peste nera e la fine delle medioevo

Data: 01/04/03

Rivista: aprile 2003

Ricorderete certo a metà marzo la notizia diffusasi rapidamente nel mondo di un’epidemia di polmonite di origine sconosciuta e la paura da essa indotta nell’opinione pubblica. Da allora circolano sulla stampa informazioni su decine di contagiati deceduti nel giro di qualche giorno e sull’assoluta mancanza di terapie: ben oltre i cento i morti ai primi di aprile.

Il virus responsabile della polmonite anomala sembra essere un coronavirus, della stessa famiglia degli agenti che causano i comuni raffreddori. Ma un altro patogeno, un paramyxovirus della famiglia responsabile di orecchioni e morbillo, è stato riscontrato nei campioni prelevati dai pazienti. La malattia non è ancora sotto controllo dalla scienza: secondo i cinesi, il trattamento antivirale cui sono stati sottoposti a marzo i soggetti colpiti dalla “Sars”, potrebbe essere quello giusto.

Ma cosa succedeva nei secoli scorsi quando un’epidemia del genere si diffondeva inattesa tra la gente? Tutti ricordiamo quella descritta da Alessandro Manzoni nei “Promessi sposi”: centinaia di contagiati abbandonati nei lazzaretti e migliaia di moribondi e morti in ogni angolo della Lombardia. La lettura di quei capitoli lascia sgomenti ma quell’epidemia fu davvero ben poca cosa rispetta quella che a metà del XIV secolo colpì l’Europa: la “peste nera”.

Altre volte il continente era stato investito da epidemie, colera, vaiolo, tifo, difterite ed altre ve n’erano state nell’antichità, nel 429, 543 e del 570 d.C. tanto per citare ma nessuna eguagliò quella del 1348. Scoppiata nell’autunno del 1346 in Crimea e portata in Europa da mercanti genovesi nel 1348, la pesta si diffuse rapidamente gettando le popolazioni nella più grande disperazione.

Chi si ammalava veniva allontanato immediatamente da casa oppure erano i suoi stessi familiari a scappare lasciandolo morire in solitudine poiché il rischio di essere contagiati era elevatissimo. Uomini, donne, bambini e anziani all’improvviso e spesso nel giro di poche ore venivano portati via dall’inguaribile epidemia.

Durante questo periodo la decadenza dei costumi, l’imbarbarimento nella vita quotidiana, la fuga dei ricchi, la disperazione degli infetti e l’abbandono dei moribondi come la generale rassegnazione caratterizzavano la vita quotidiana.

Il distacco dal congiunto, il pensare per sé e la crisi dei valori cristiani furono accelerati dalla paura della morte di fronte alla quale anche gli ordinamenti e le istituzioni furono sul punto di crollare. Circa un terzo della popolazione europea, 20 milioni su 60, morì: per un confronto, durante la seconda guerra mondiale che non fu seconda a nessuno per stragi e distruzioni, i morti furono “soltanto” il 5%!!

Ma il 1348, primo anno della peste nera, secondo moltissimi studiosi rappresentò l’anno del concepimento dell’uomo dell’età moderna: fu la peste a mettere in moto il cambiamento d’epoca che segnò la fine del medioevo ed aprì le porte al Rinascimento.

Il libro ricostruisce attraverso le cronache dei testimoni oculari del tempo gli immensi effetti della catastrofe sull’economia, sulla politica, sull’arte, la letteratura, la medicina e la teologia nonché sulla vita di tutti i giorni e sulla morale di quegli anni.

Nel testo è citata anche la nostra città raggiunta dalla peste il 2 giugno 1348. Secondo Giovanni da Parma, canonico presso l’abbazia di San Vigilio, “di sei persone ne morivano certamente 5” ed in città “i cristiani si evitavano a vicenda come la lepre rifugge il leone o l’uomo sano il lebbroso”.

Un’annotazione curiosa. Secondo il canonico “la peste era irresistibilmente attratta dalla bellezza di giovani ragazze [..] più giovani erano più in fretta morivano [..] si trattava di donne molto belle, cosa che a Tento non era affatto un’eccezione!!

La peste nera e la fine delle medioevo
di Klaus Bergdolt
1997 Edizioni PIEMME Spa
Prezzo: 8,90 Euro

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