La rotta Balcanica

Data: 01/12/18

Rivista: dicembre 2018

Categoria:Disagio e inclusione

A partire dalla primavera 2018, lungo la cosiddetta Balkan route, si è aperta una nuova rotta migratoria che dalla Turchia mira all’Europa fermandosi in Bosnia ed Erzegovina. Essendo sigillate le frontiere a nord della Serbia, verso Ungheria e Croazia, migliaia di migranti si trovano bloccati da quasi due anni nei campi profughi di Grecia, Macedonia e Serbia.

Parte di questi si sono riversati in direzione Albania e Montenegro e, altri, attraversando il fiume Drina, verso i confini occidentali della Bosnia ed Erzegovina, da dove cercano disperatamente di attraversare il lungo confine con la Croazia, nel tentativo di raggiungere quindi Slovenia, Italia, Austria e proseguire il loro viaggio verso il nord Europa.

Dall’inizio del 2018 ad oggi in Bosnia sono arrivate circa 10.000 persone: Pakistan (30%), Siria (17%), Afghanistan (12%), Iran (11%) e Iraq (10%). Ma sono presenti anche nordafricani e nepalesi.

Le elezioni imminenti e la questione religiosa sollevata dal partito nazionalista serbo determinano un disinteresse politico per le condizioni di vita delle persone migranti e per l’avvio di procedure di asilo.

La Bosnia sta sopperendo all’assenza di un’organizzazione statale delle migrazioni attraverso il volontariato e le donazioni locali, la presenza di ong internazionali come Ipsia (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli) e agenzie internazionali. La maggior parte degli arrivi si concentra nelle zone di Sarajevo e, in maniera esponenziale, nella parte nord-occidentale del paese: insediamenti informali sono stati stabiliti a Borići (Bihać) e Velika Kladuša.

Un paio di volontarie del servizio civile internazionale SCI e Corpo civile di Pace CPP di Ipsia aiutano la Croce Rossa nella gestione dell’emergenza di questi campi.   

Per cause strutturali le condizioni igienico-sanitarie sono in continuo peggioramento in entrambi i campi.

Se nel territorio di Bihać la presenza quotidiana della Croce Rossa locale garantisce tre pasti al giorno, servizi igienici, distribuzione di vestiti, coperte, tende e prodotti per l’igiene personale, nel campo di Velika Kladuša la situazione è meno strutturata con la presenza quotidiana di piccole ong e associazioni composte perlopiù da giovani europei che con le loro scarse risorse forniscono servizi igienici, vestiti, tende, coperte e due pasti giornalieri, quando possono. Nel prato di Kladuša, ci sono solamente tre bagni chimici, due docce fredde e l’elettricità arriva tramite un generatore a orari discontinui.

Tra i maggiori disagi, il propagarsi di malattie cutanee (scabbia) e le infestazioni di pulci e pidocchi, sia sulle persone, che tra coperte e tende.

Alcune centinaia di persone, con maggiori mezzi economici, risiedono illegalmente in appartamenti dati in affitto dalla popolazione locale tant’è che la povera Bosnia, mai rialzatasi dal conflitto degli anni ’90, considera le migrazioni un’opportunità; addirittura un indotto.

Ogni giorno vengono riportati incidenti ai confini con la Croazia, sono state accertate sistematiche violenze e aggressioni al confine.

E l’inverno è alle porte.

 

Per sostenere Ipsia è possibile fare una donazione

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presso la Cassa Rurale di Trento

 

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