La Social Street a Trento è in San Pio X

La Social Street a Trento è in San Pio X

 

Scopriamo attraverso l’intervista ad uno dei suoi promotori come sono riusciti a coinvolgere il quartiere in un processo di welfare generativo.

 

 

A cura di Lorenzo Pupi

 

Avevamo scritto di loro qualche numero fa. Sono una realtà nuova di Trento, che nasce da un esperienza di quartiere generativo a Bologna. Nell’ultimo anno i Residenti di San Pio X si sono organizzati in maniera spontanea per far rivivere il loro quartiere riaprendo le questioni legate a spazi comuni e welfare di quartiere, proponendo occasioni di incontro e scambio tra gli abitanti della zona. Sono partiti col conoscere i loro vicini di casa, a scambiare saperi e sapori, creando degli spazi e dei momenti di aggregazione. Non sono un organizzazione definita, sono più che altro un movimento spontaneo che cresce dal basso e coinvolge tutti, studenti, anziani, bambini, lavoratori, stranieri e piccoli esercenti commerciali. Tra le loro iniziative più famose citiamo la “Bacheca” uno spazio di scambio libri gratuito a presidio della cultura e del quartiere. A distanza di un anno da quando li abbiamo conosciuti, molte cose sono cambiate e la loro proposta di sharing economy sta prendendo piano piano piede nel quartiere e nei dintorni, dimostrazione del fatto che le persone hanno bisogno di sane relazioni di vicinato e dello scambio di esperienze.

In questa intervista leggeremo le parole di uno dei promotori, Domenico Recchia, originario di Matera e Trentino di adozione che lavora a pieno titolo nel sociale e attraverso questa esperienza spontanea di quartiere ci può dare il suo punto di vista di cosa oggi serve per coltivare lo strato culturale della cittadinanza e preservare al contempo i beni comuni.

 

Ciao Domenico come stai? Come si sta nel vostro bel quartiere in san Pio X ?

Bene grazie, abbiamo intanto scoperto con piacere di essere vostri vicini!

 

Per chi non lo sapesse ancora, cos’è una Social Street?

La Social Street è spesso associata ad esperienze di sharing economy, ma io credo che si tratta in realtà di un tipo di organizzazione molto fluida e senza gerarchia e/o forma giuridica: la sua sede è la strada. Io personalmente la vedo come un contenitore all’interno del quale si possono trovare risorse materiali e umane per avviare iniziative basate sulla gratuità che porta a darsi una mano a vicenda in caso di necessità e in modo disinteressato.

L’idea e la partecipazione a Social Street si fondata sul desiderio di conoscere persone nuove scoprendo interessi comuni, valorizzando i talenti, competenze e professionalità che vengono messe al servizio del proprio vicino di casa senza chiedere nulla in cambio. Insomma una forma 2.0 del buon vicinato, praticato abitualmente fino a 50 anni fa.

 

Avete partecipato a vari appuntamenti e convegni presentando la vostra idea di partecipazione di quartiere. Cosa state imparando da questa esperienza?

Abbiamo imparato che il cambiamento è vita: non bisogna aver paura di mettersi in gioco, nel provare strade nuove e nel mettere in discussione le vecchie, è importante fare tesoro degli errori, ma bisogna continuare ad osare. Il modello di Social Street ha un senso solo se ha un impatto sociale esteso ed è in grado di essere vicino alle persone.

 

Sempre più persone stanno aderendo al vostro gruppo Facebook “Residenti in San Pio X e dintorni”, trovate una diretta corresponsione tra i sostenitori in rete e quelli reali di quartiere? In sostanza le persone stanno condividendo anche nella vita reale e nelle strade del vostro quartiere, o esiste ancora un po’ di diffidenza circa quello che proponete?

E’ difficile rispondere a questa domanda perchè le due dimensioni, virtuale e reale, a mio avviso sono per molti versi autonome. Il gruppo on-line ha ormai una vita propria e non sempre le discussioni più partecipate sono poi quelle trovano applicazione sul piano del reale.

Le proposte non arrivano più solo da noi, è attorno ad una proposta che si innesca il processo, si crea il gruppo per interessi, che si autoganizza. Noi cerchiamo solo di facilitare questi processi di emersione dal basso, facendo rete e trovando spazi e/o risorse necessarie alla realizzazione dell’idea.

 

State applicando in maniera creativa e rispettosa anche delle tradizioni la cosidetta “share economy” o economia dello scambio di risorse ed esperienze: organizzate feste di quartiere, coinvolgete associazioni, istituzioni e i piccoli commercianti per ricreare lo spirito di cittadinanza, l’appartenenza e il rispetto per i beni comuni. Quali i pregi e i difetti durante questo personale cambio di paradigma sociale? Con che occhi guardate adesso le vie e le persone intorno a voi?

Il quartiere e i suoi abitanti stanno diventando più familiari. Oggi quando vado a comprare qualcosa mi fermo anche per parlare con i commercianti del mio quartiere e quindi i confini della mia abitazione sono più fluidi.

Arrivando poi alla casetta dei libri del quartiere provo l’irresistibile desiderio di fermarmi non solo per vedere cosa c’è di nuovo al suo interno, ma con la speranza, spesso soddisfatta, di trovare un messaggio nella cassetta delle lettere che abbiamo istallato su un lato della stessa.

 

Avete concluso o avete in cantiere qualche particolare iniziativa? Ce ne vuoi parlare?

 

A giugno 2015 abbiamo partecipato e vinto un concorso di idee indetto da una cooperativa sociale di Trento, La Sfera. Il concorso, Sfera Change Up, è stato promosso in occasione del ventennale della cooperativa ed aveva lo scopo di sostenere progetti di ricerca-azione proposti da singoli o gruppi.

La partecipazione a questa iniziativa ci ha permesso trovare un partner che crede nel nostro progetto e lo condivide e che, per questo, ha deciso di supportarci anche in una nuova avventura legata al Piano Giovani di Zona.

 

Social Street San Pio X, è secondo te una realtà riproducibile in qualche altro quartiere di Trento e dintorni ? E in caso dove e perché?

 

Io credo fortemente nell’importanza della condivisione. Un risultato finale, che mi sono promesso di condividere con tutte le persone interessate, riguarda infatti un documento di sintesi del processo attuato in quest’esperienza con la speranza che questo possa essere da stimolo per qualche altro quartiere non solo di Trento. Ovviamente non abbiamo la presunzione di fornire noi l’unica versione esatta, poiché cambiando le peculiarità di ogni quartiere cambiano anche le criticità e le possibilità specifiche, ma penso che sia utile anche per incentivare e sviluppare una cultura d’impresa tra docenti, ricercatori, esperti e singoli cittadini che può sfociare nella creazione di nuove forme d’impresa, magari più responsabili da un punto di vista sociale.

 

Progetti futuri o ambizioni non ancora risolte per questa bella storia di wellfare generativo?

 

Ora come dicevo siamo impegnati con le Politiche Giovanili nell’ambito di un progetto che abbiamo chiamato: “Nel mio quartiere? Ri-generazioni partecipate”.

In estrema sintesi nei mesi di Marzo/Aprile abbiamo intenzione di svolgere dei percorsi all’interno del quartiere con alcune classi delle scuole e con il circolo anziani del nostro rione, promuovendo quindi lo scambio inter-generazionale e l’educazione alla cittadinanza.

Il catalizzatore di questo progetto sarà il momento conclusivo e di restituzione alla comunità, durante il quale verrà realizzato, per il quartiere, un murale con l’aiuto di un collettivo di artisti.

 

 

Grazie per la tua e vostra disponibilità, per averci raccontato il vostro quartiere e vorremo che questo ultimo spazio fosse dedicato alla voce di tutto il quartiere:

 

La sfida è passare dal virtuale al reale per poi arrivare al virtuoso”- I Residenti di San Pio X

 

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