La solidarietà della rete

Autori:Redazione

Data: 01/08/14

Rivista: agosto 2014

“Mio figlio cacciato dal campo estivo perché Down” questa l’accusa che il genitore Andrea Mantovani rivolge al gestore del centro estivo Ottavia di via delle Canossiane a Roma dopo che suo figlio Danilo, affetto dalla sindrome di Down, è stato cacciato dal campo dopo un giorno di permanenza. “Ha detto che era molto dispiaciuto, ma Danilo non poteva frequentare, era difficile da gestire e lui non aveva personale da dedicargli”. A quel punto il genitore si è offerto di pagare un tutor a parte e la risposta è stata: “Sai, poi non vorrei che crei problemi agli altri bambini che, tornati a casa, si lamentino di Danilo e magari i genitori portino via i loro figli dal centro”. La questione a questo punto è chiara, Danilo non può frequentare non per la mancanza di operatori in grado di occuparsene, ma per la paura che il centro possa accusare delle perdite economiche a causa sua. Come se già questo non fosse sufficiente il padre ha anche dovuto pagare i 15 euro per la giornata passata al campo. Il racconto di Andrea non è stato smentito dal titolare che ha risposto alle pesanti accuse: “Il problema è che non abbiamo operatori. Da parte nostra non c’è stata nessuna volontà di discriminare il bambino”.

Certo è comprensibile la preoccupazione dello staff del campo nel dover gestire una situazione con cui magari non hanno confidenza o che non conoscono a sufficienza, ma ciò non può giustificare un comportamento così drastico. Non appena Andrea ha diffuso la notizia è scattata la solidarietà del web. Sui social network si è dispiegata l’indignazione di tutti, sia chi si è trovato in una situazione vicina a quella di Andrea e Danilo, sia chi ha solo voglia di dire la sua in proposito, ha manifestato la vicinanza alla famiglia chiedendo un giusto risarcimento per il torto subito. “Ho lanciato un’iniziativa: pubblichiamo le foto dei nostri bambini, visto che qualcuno ancora crede che possano essere pericolosi”. Ecco il messaggio lanciato sul noto social Facebook da parte di Andrea. Ma può davvero un’iniziativa partita dal web portare a risultati concreti? L’unione fa la forza, ma può un “mi piace” e un “condividi” fare giustizia? In questo caso la visibilità offerta dalla rete può essere un’arma vincente.

Come ci mostra un’altra situazione, non troppo diversa da quella appena illustrata ma che si è svolta negli Stati Uniti nella nota catena di fast food KFC (Kentucky Friend Chicken). La sfortunata protagonista è una bambina, Victoria Wilcher di anni tre, la quale, dopo essersi seduta a mangiare con la nonna, sarebbe stata invitata da un dipendente del ristorante a lasciare il locale perché il volto della bambina, sfregiato a causa dell’attacco di alcuni pitbull, spaventava i clienti. Già poco dopo l’attacco, ad aprile, la nonna aveva aperto un profilo Facebook della nipote arrivando a circa 250 follower. Dopo aver pubblicizzato l’accaduto l’aumento è stato esponenziale, e il 18 giugno ne contava 160 mila. L’episodio è poi finito sulle televisioni locali e nazionali. La storia ha poi avuto un “lieto fine” con le scuse di KFC, che ha dichiarato:”Abbiamo preso molto seriamente l’accaduto, la nostra politica è di avere tolleranza zero nei confronti di azioni irrispettose o irriguardose verso i nostri clienti”.

Oltre a ciò la nota catena ha erogato un risarcimento di 30 mila dollari che aiuteranno non poco a pagare le cure di Victoria. Certamente lo smacco subito è duro da ingoiare e i soldi sono una magra consolazione dato che, come dicono i genitori, Victoria dopo l’accaduto ha paura perfino di guardarsi allo specchio. L’episodio ci mostra l’incredibile potere mediatico che il web sta acquisendo e che, in alcuni casi, va incontro ai torti subiti dalle persone “qualunque”, che altrimenti avrebbero non poche difficoltà a dare visibilità alla loro storia. Certo, il mondo di internet e dei social network ha tanti difetti e lati negativi, ma nel vedere migliaia di persone che fanno “passaparola” su questi eventi non si può non sorridere all’evoluzione del mondo dell’informazione che passando per canali più liberi permette a chiunque di dire la sua, nel bene e nel male.

 

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