Pensare all’eventualità di donare i propri organi o di trovarsi nella situazione opposta di avere bisogno dell’organo di un’altra persona per continuare a vivere non è proprio qualcosa all’ordine del giorno. Forse perché quando si è in salute si pensa a ben altro o forse perché un tale pensiero porta con sé l’idea della morte. Eppure un bel po’ di ragazzi ha deciso di fermarsi a riflettere su quest’eventualità. È successo lo scorso 19 dicembre al teatro dell’Arcivescovile in un’assemblea dal titolo: “La speranza di ri…vivere”.
I ragazzi erano quelli dell’I.P.S.C.T. Livia Battisti di Trento (ex I.P.C.) ma i veri e propri organizzatori dell’evento sono stati i ragazzi della 4Aaz. guidati dal prof. Davide Kinspergher con la collaborazione di Prodigio (nell’ambito di un corso di “area professionalizzante” finanziato dal Fondo sociale europeo). Alda Pedrotti dell’A.N.E.D. (Associazione nazionale emodializzati) contattata per l’occasione da Prodigio, ha svolto un ruolo centrale nell’organizzazione pratica dell’evento. Innanzitutto per la sua esperienza personale (tre volte trapiantata, 20 anni in dialisi) e per aver a sua volta coinvolto nel progetto il dott. Maurizio Ragagni, coordinatore per i trapianti dell’Azienda Sanitaria di Trento.
Un’altra particolarità dell’assemblea è stata la presenza di intermezzi musicali: per l’occasione alcune ragazze si sono preparate dei pezzi da cantare o suonare con la chitarra. Il pubblico sembra aver gradito le esibizioni tanto da chiedere anche il bis in alcuni casi. La presenza della musica è stata pensata come un modo per alleggerire ai ragazzi il tema non certo facile delle donazioni ed evitare così fughe di massa a metà mattina. Il dibattito è stato comunque reso fluido dal dott. Ragagni che, in veste di moderatore, ha cercato di incalzare il giovane pubblico girando per la sala con un microfono. Nel contempo ha cercato di fornire più informazioni possibili sul vasto mondo delle donazioni di organi. Nelle statistiche europee il primo posto è occupato dalla Spagna con circa 32 donatori per milione d’abitanti. L’Italia è al sesto posto con circa 17 donatori per milione d’abitanti (vedi tabella). Ragagni ha cercato di sondare tra i ragazzi i possibili dubbi circa il concetto di morte. “Secondo voi una persona in coma è morta? No, se conserva ancora una attività cerebrale”. Ragagni ha insistito molto su questo punto. Molte resistenze riguardanti il trapianto d’organi sono proprio legate all’idea che sia difficile stabilire il confine netto tra la vita e la morte. Il confine però esiste: può essere considerato potenziale donatore d’organi la persona deceduta che si trova in condizione di morte cerebrale (la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo). Si capisce quindi che l’accertamento della morte cerebrale (e la volontà di donare) è una condizione indispensabile per effettuare un prelievo di organo. Il momento saliente dell’evento è stato quello delle testimonianze: due giovani trapiantati e una donatrice di midollo osseo. Mauro, 28 anni, ha avuto la relativa fortuna di avere un cuore sano dopo appena 2 settimane di lista d’attesa.
Questo lasso di tempo è variabile e la fortuna gioca un ruolo non secondario. Paolo (29 anni), ad esempio, fu chiamato un giorno per essere trapiantato di rene dopo circa 2 anni di dialisi. Dovette però rinunciarci perché proprio in quei giorni aveva la febbre. Un anno dopo se né rese disponibile un altro e questa volta gli andò bene. Paolo spiega i disagi di conciliare una vita normale con la dialisi: a giorni alterni bisogna depurarsi il sangue con un rene artificiale, stare per ore e ore fermi, organizzare la propria vita in modo ferreo dalla dieta fino ad arrivare al tempo libero.
L’ultima testimonianza è stata quella di una donatrice di midollo osseo. La donazione di midollo osseo è uno dei pochi casi di donazione da vivente a vivente. Grazie al gesto della signora Grandi, un ragazzo malato di leucemia ha potuto continuare a vivere. La discussione sui trapianti si è così chiusa emblematicamente sul punto di vista di chi dona: “Non importa a chi si dona, donare fa bene prima di tutto a se stessi”. Del resto, donare la vita, dare “la speranza di rivivere” a chi lotta con la morte è qualcosa che fa piacere a chiunque ami la vita. Sembra miracoloso ma non lo è. Semplicemente è la vita che va avanti.
La diagnosi di morte celebrale può essere formulata solo se è stata riscontrata la contemporanea presenza di stato di incoscienza, assenza di riflessi del tronco e della respirazione spontanea, silenzio elettrico-cerebrale.
L’accertamento e la certificazione di morte cerebrale sono effettuati da un collegio di tre medici (medico legale, anestesista-rianimatore e neurologo).
Questi medici verificano il perdurare delle condizioni che hanno determinato il momento della morte per un periodo di osservazione non inferiore alle 6 ore per gli adulti e i bambini in età superiore ai 5 anni, non inferiore alle 12 ore per i bambini di età compresa tra 1 e 5 anni e non inferiore alle 24 ore nei bambini di età inferiore ad 1 anno.