Poche ma buone le presenze alla conferenza sul libro di Elena Valdini “Strage continua” con l’autrice invitata da Giovanna Giugni. Anzi, per dirla con parole della stessa Giugni, “pochissimi ma ottimi”.
La scarsa affluenza non ha però reso meno interessante l’evento. Introduttivo al dibattito è stato l’intervento di Franco de Battaglia, giornalista dal 1970. Egli ha percorso tutta la carriera all’Alto Adige, diventando prima caporedattore alla redazione di Trento e poi direttore responsabile di tutta la testata (Bolzano e Trentino) aprendo nel 1994 il «Corriere delle Alpi» a Belluno. Alla fine, con il giornale «Trentino» ha lasciato i reparti operativi per dedicarsi ad argomenti consoni alla sua preparazione di opinionista, anche se ci tiene a precisare che in buona sostanza preferisce essere considerato un puro e semplice giornalista.
Franco De battaglia ha ricordato che la cronaca nera, ambito tristemente legato al libro di Elena Valdini, è una grande scuola obbligata per chi lavora nell’ambito giornalistico.
Il libro, secondo De Battaglia conserva la forza e la verità di un vero giornalista, attività effettivamente svolta dall’autrice. Non è un libro facile per via dell’argomento che si vorrebbe affrontare gradualmente, di caso in caso, ma le cifre sono pazzesche, troppo per non costringersi ad una visione d’insieme. I morti sono in media 20 al giorno (50.000 morti in 10 anni o 6.000 morti all’anno se si preferisce) e si può parlare di “terrorismo stradale”, forse non molto dissimile da quello politico. D’altronde, afferma De Battaglia, ogni generazione distrugge i propri figli (basti pensare a Crono, padre di Zeus, li divorava ma, mitologia a parte, anche alle guerre mondiali, in cui sono morti soprattutto giovani). Persino un flagello recente come quello della droga (si intende quella davvero pericolosa e importata dalle multinazionali), cominciato attorno agli anni 70, può essere considerato opera dei “padri” che, intimoriti dalle escandescenze sessantottine dei figli, vi hanno riversato la doccia fredda dell’eroina.
L’intervento dell’autrice è stato sostanzialmente volto a evidenziare alcuni messaggi presenti nel libro, come l’inappropriatezza del termine “incidente stradale” che fa sembrare questo triste avvenimento una inevitabile fatalità quando invece è un meccanismo determinato da fattori quali le macchine veloci, gli orari delle discoteche, lo sfrenato consumismo che incide sullo stile di vita, la cattiva educazione alla guida, ecc.. Insomma: le “violenze stradali” come vengono più coerentemente chiamate in Francia (più avanti di noi sul fronte della prevenzione) non sono una casualità, nonostante l’informazione a riguardo sia spesso episodica e ne enfatizzi gli aspetti fatalistici (sfortuna, destino…).
Non esiste un vero bollettino dei caduti e in genere la stampa parla solo dell’inasprimento penale. Vi è anche spesso un’assurda polemica sul buon gusto riguardo a quelli spot preventivi definiti “troppo forti” che mostrano scontri stradali e vi è inoltre il falso luogo comune che solo chi ha vissuto un incidente in prima persona possa davvero comprendere. Secondo Valdini il Trentino è fortunato perché, quantomeno, è una delle pochissime regioni che ha all’attivo 4 o 5 gruppi che si occupano del lutto, seguendo casi di famiglie colpite da tragedie che troppo spesso si trovano abbandonate.
Per uscire da questa situazione una speranza è l’istruzione e l’educazione stradale ma, il semplice fatto che le scuole affrontino da anni queste materie solo con sporadiche collaborazioni esterne (vigili, associazioni varie…) senza istituzionalizzarle, rende pessimisti.