Velocità, entusiasmo e voglia di competizione, questo è quello che è riuscito a trasmetterci Guido Meda: il più amato telecronista del Moto GP. Dopo aver già ascoltato qualche anno fa Filippo Preziosi, Direttore Tecnico della Ducati e recentemente Casey Stoner, campione mondiale di Moto GP nel 2007 in sella alla Ducati del Team Desmosedici, vi proponiamo ora l’intervista al famoso commentatore. Lui, in veste di giornalista sportivo, è da sempre attento a trasmettere i valori di un vero motociclista. Ecco il suo punto di vista, che speriamo ci possa far riflettere.
Un telecronista noto come lei, sente la responsabilità di far presente, ai giovani spettatori che seguono il Moto Mondiale, la pericolosità di emulare i piloti sulla strada?
Ovviamente sì. Ma al di là di qualche monito buttato dentro nelle mie telecronache non posso non raccontare le corse. Mi è capitato spesso di chiedermi se le mie urla o le gesta dei campioni non siano magari di cattivo esempio per chi poi prende la moto e va per strada con l’adrenalina della gara vista in tv ancora in corpo. Però ho anche pensato che il ragionamento che faccio con me stesso è sul filo del ricatto morale. Va da sé che le corse sono le corse e la strada è la strada. Che in gara ci vanno piloti che sanno quello che fanno mentre chi va in strada molto spesso non è preparato. Non posso essere io quello che traccia la linea del buonsenso. Posso dare una mano, cerco di farlo, ma non gravarmi di quelle responsabilità che ogni motociclista deve avere con se stesso.
Come sa, tanti sono gli incidenti sulla strada, molti dei quali riguardano i motociclisti. Visto la sua passione per la guida delle moto ed alla luce del suo incidente del 2003, può dare ai lettori dei consigli per prevenire questi sinistri?
Io ne ho uno di consiglio che è del tutto radicale. Per strada con le moto potenti non bisogna andarci. Perché se si è motociclisti è naturale lasciarsi prendere la mano ed è naturale sentirsi invulnerabili. Io ho dovuto farmi male per accorgermi che dietro ad ogni portone c’è una minaccia, che ad ogni semaforo, anche verde, si nasconde un pericolo. Ho imparato a guardare ogni metro di guard rail pensando che può rappresentare la mia fine. Io vado in giro preoccupato. Ed è per me l’unica maniera di muovermi in moto per strada. Frustrante, se volete, ma penso che sia un passo avanti. Io sono come tutti i motociclisti adulti un sopravvissuto e un miracolato. Cerco di rendermene conto e vado in pista a levarmi i veleni e a soddisfare la mia passione. Molti dicono che costa troppo. Anche qui sono radicale. Se abbiamo due soldi per comprare un casco e una bella moto allora forse vale la pena fare qualche ulteriore sacrificio ed investirne un po’ per andare a farsi una girata in pista con la tuta addosso. Il fatto che le piste sono care non può essere un alibi per andare come dementi per strada. In pista non ci puoi andare? Amen, per strada devi andare piano e basta.
Da tanti anni noi svolgiamo incontri nelle scuole, per sensibilizzare i ragazzi ad una guida sobria e responsabile. Spesso è emerso da parte loro, una certa visione fatalista e determinista nei confronti degli incidenti stradali. Cosa risponde a questa pensiero?
Che è ineluttabile. Che attraverso i drammi bisogna passarci per capire che cosa vale la pena rischiare e cosa no. È tipico dei giovani, lo era anche per me. Ti senti invincibile. E poi tra smanettoni c’è l’abitudine a raccontarsi che andare in moto può valere il rischio di non andarci mai più. Che idiozia. Eppure si sente anche questo. Esce dalla bocca di motociclisti ridicoli, che si sentono padroni del mondo e appena mettono la terza mettono in mostra tutti i limiti della loro incapacità alla guida. I corsi di guida esistono e non sono assolutamente inutili. C’è una carenza di conoscenza delle tecniche di guida che non corrisponde alla quantità di moto mostruose che ci sono in giro. In questo senso penso che spiegare ad un motociclista che si comporta male quanto sia sfigato, quanto non sappia guidare, quanto sia brutto da vedere sulla sella, possa essere persino più efficace di un verbale che una volta pagato uno torna a fare come prima. Bisogna essere colpiti nell’orgoglio per cercare di migliorarsi. È una visione inedita, se volete, ma io ci credo. Sono istruttore di una scuola riconosciuta dalla federazione e la prima cosa che faccio con gli allievi che arrivano gasati e pimpanti è quella di metterli in discussione da capo a piedi per come guidano. Quando alla fine del corso lasciano la pista, sono meno pericolosi, più umili e più veloci (in pista) di quando sono arrivati.
Guido Meda
Dati personali
Nato a Milano il 26 marzo 1966
Giornalista italiano
Cavallo di battaglia preferito: E Rossi c’è
Carriera giornalistica
All’età di 19 anni collabora con Il Giornale scrivendo di sport e cronaca
Ha collaborato con l’Ansa
Come inviato ha seguito 3 edizioni dei Campionati del Mondo di Sci e 2 Giochi Olimpici
Negli anni ‘90 ha seguito come inviato 3 edizioni dei Campionati del Mondo di Sci e 2 Giochi Olimpici.
Ha condotto nelle estati 1998 e 1999 Italia 1 Sport a richiesta, il programma che riproponeva grandi avvenimenti, personaggi e curiosità del mondo dello sport.
nel 2001 è il conduttore di Rewind (2001), che riproponeva immagini che hanno segnato la storia della televisione, da filmati storici a sportivi, di attualità e cultura e Studio Sport, di cui è conduttore di lunghissima data.
Dal 2002 gli è affidata la telecronaca su Italia 1 dei Gran Premi del Motomondiale assieme all’ex pilota Loris Reggiani.
Passioni
Pratica il motociclismo sportivo
È in possesso della licenza di pilota privato di aereoplano