Curva dopo curva, ostacolo dopo ostacolo, la vita è come un Rally, nel quale per vincere è necessario avere una buona dose di determinazione e caparbietà; è fondamentale credere in se stessi e nelle proprie capacità, ma soprattutto, quello che più conta è il non rinunciare mai ai propri sogni. Questa è la sintesi di Lorenzo Bogi, un uomo che è sempre stato un po’ particolare, fuori dagli schemi. Un pilota e un navigatore paraplegico da 8 anni che ha un mondo da raccontare, un mondo fatto di corse, avversità, desideri, conquiste, sogni e di traguardi raggiunti.
Lui si definisce un “ragazzo di paese”, racconta che ha iniziato a trafficare con i trattori agricoli molto presto e già a 11 anni li guidava senza nessun aiuto. Poi a 16 anni tagliava da se un piccolo appezzamento di bosco per ricavarne i soldi per gli svaghi adolescenziali. Lorenzo, in quel periodo aveva un idolo e non era un cantante rock, era invece, Italo che a Valle Secondo (Alta Val di Cecina – Pisa) lavorava con un Caterpillar D9 in una cava. “Sognavo di poter esser li – racconta Lorenzo Bogi orgoglioso – che potessi esserci io al suo posto; questo primo sogno l’ho poi realizzato, infatti, dopo pochi anni ho avuto Italo come maestro e poi in seguito l’ho sostituito proprio in quella cava. Chi dice che i sogni non si realizzano?” Sorride beffardo Lorenzo
Quel sogno realizzato è stato il primo di una lunga serie.
“Sono nato a Volterra il 5 agosto del 1973. Manovravo Ruspe ed Escavatori per la Granchi Rodolfo s.r.l.” Citare quest’impresa non è pubblicità come ci dirà in seguito Lorenzo.
Insieme alla passione per il lavoro, Bogi ha coltivato la passione per i Rally nei quali era impegnato come navigatore sin dal 1993. Ha partecipato tra il 1993 e il 1995 al trofeo Peugeot disputando tantissime gare tra la Toscana e l’Emilia.
“La passione per i Rally mi è venuta grazie a mia madre che con mio fratello e alcuni amici ci scarrozzava con il suo ‘126 verde’ a vederli tutti, di notte e di giorno. Era inevitabile che appena presa la patente iniziassi a disputarli, naturalmente sempre come “naviga”. Ho praticato l’attività sportiva rellistica fino al 1995 anno in cui ho dovuto abbandonare perché il lavoro non mi permetteva più di farlo. – ci racconta Lorenzo – Al tempo facevamo 20-25 passaggi a prova durante le ricognizioni e questo significava partire alle 22:00 e rientrare alle 6:00 ora di ripartire per lavoro. Così ho iniziato con le due ruote, che mi “rubava” meno tempo e dal 2001 ho iniziato a correre in moto.”
Poi il suo rovinoso incidente: “La mia caduta è avvenuta il 6 agosto 2006, giorno successivo al mio 33esimo compleanno, durante la penultima gara del Campionato italiano di Velocità in salita Sillano – Ospedaletto. Una caduta della quale non è mai stata chiara la dinamica, avvenuta quasi all’arrivo, alla penultima curva dopo un rettilineo, ho tirato dritto non completando la curva e schiantandomi contro un terrapieno e un muretto di cemento. Spettatori e commissari hanno fornito descrizioni contrastanti, ma questo non cambia le cose. Le conseguenze sono state subito catastrofiche: doppio trauma cranico, 17 vertebre fratturate di cui D3 esplosa che ha procurato una lesione midollare completa oltre a 5 costole rotte, un polmone perforato e bacino fratturato. Non avevo nessun movimento, nessuna ripresa, solo alle 3° fiala di adrenalina il mio cuore ha ripreso a battere. Nessuno parlava della paralisi perché in gioco c’era ben altro, ovvero la vita.
Sono stato trasportato con l’Elisoccorso presso l’ospedale di Pisa, ma la situazione era disperata; il chirurgo, parlando con i miei genitori disse che avevo circa 3 giorni di vita se non fossi stato operato, ma operarmi era molto rischioso perché le emorragie interne erano copiose e avrebbero potuto uccidermi.
I miei genitori firmarono per l’intervento. Mi sono svegliato dal coma farmacologico dopo dodici giorni e sono stato trasferito presso la terapia intensiva del Montecatone Reabilitation Istitute. Da lì ho inizio la mia nuova vita.
Tornare alla normalità è stato più facile del previsto, – continua sorridendo Lorenzo – il mio è stato un percorso lungo e graduale e questo mi ha aiutato. Passando dalla terapia intensiva a quella sub intensiva ancora non mi rendevo conto di ciò che avevo realmente, capivo solo che non muovevo niente e non riuscivo a muovere nemmeno le braccia per alimentarmi, non respiravo autonomamente e avevo la Tracheotomia.”
Ciò che faceva ben sperare medici e familiari era il fatto che il giovane rallista aveva molta fame, e anche se costretto a farsi imboccare, era un ottimo segnale di ripresa.
Dopo alcune settimane è stato poi trasferito nel reparto di riabilitazione. “In corsia iniziano le nuove amicizie, e le sfide; ci si sfida a chi riesce per prima a mettersi in piedi, perché noi siamo convinti che torneremo a camminare, anche se i dottori ci dicono subito che questo non avverrà mai, ma noi mica ci crediamo! Poi ho iniziato a praticare gli sport in carrozzina e credo di averli provati tutti: Tennis, Basket, Nuoto, Handbike e Sci Paralimpico. Quando si è dimessi dall’Unita Spinale, si è quasi preparati alla nuova condizione, perché si è già affrontato il mondo esterno, grazie all’attività sportiva.”.
“Soltanto che preparati non lo si è mai del tutto”. Riflette Lorenzo. Il primo scoglio da affrontare è il reinserimento nel mondo del lavoro. Il motociclista di Cecina non avrebbe più potuto arrampicare sugli escavatori o sulle macchine operatrici.
“Non sono stato lasciato solo in quel periodo e i titolari dell’azienda Granchi si sono attivati affinchè potessi continuare ad avere una collocazione all’interno della loro ditta. Sono riusciti a trovare una soluzione mediante un inserimento U.S.L. (inserimento socio terapeutico). Il mio nuovo lavoro è diventato quello di gestire le manutenzioni di tutte le macchine operatrici e stradali, oltre a seguire l’acquisto dei nuovi macchinari; un lavoro stupendo che mi realizza e che faccio tutt’oggi con grande passione. In 13 anni di lavoro nel settore credo di non aver mai detto: domani non ho voglia di andare a lavoro, per me era un piacere farlo, tanto da essermi guadagnato la stima di molti ed in particolare del mio datore di lavoro che dopo la caduta mi è stato molto vicino e mi ha fatto sempre sentire importante anche dopo l’incidente e credetemi, questo non ha prezzo”.
Lorenzo Bogi continua nel suo racconto appassionato. “Sistemata la questione lavoro, ho provato subito a praticare gli sport che avevo imparato a Montecatone, ma vivendo in un piccolo paesino sperduto, tutto è stato molto difficile, così incontrando delle vecchie conoscenze mi si è riaccesa la passione per il Rally. Le gare, le corse mi hanno sempre stimolato, l’adrenalina che provavo sotto la pioggia, tra il fango dei percorsi accidentati l’avrei voluta riprovare anche con la nuova condizione e la conseguente limitazione; Avrei voluto tornare a fare il navigatore, ma…”
Tornare a “navigare” non è stato facile per Lorenzo. È vero ci sono tanti ragazzi paraplegici che corrono in pista, primo fra tutti il pilota Luca Donateo, ma nei Rally nessuno, tantomeno come navigatore, un ruolo dove dalla macchina bisogna scendere e salire in continuazione per timbrare al controllo orario.
Il primo passo è stato conseguire la licenza “h disabile”. L’iter è impegnativo: è necessaria una visita medica che attesti le possibilità fisiche e neurologiche. Poi il Corso FISAPS (Federazione Italiana Sportiva Automobilismo Patenti Speciali) l’organismo che permette di correre paraplegici tra i normodotati. Il quel periodo i corsi si tenevano solo in provincia di Bari, dove Lorenzo si è trasferito per un breve periodo con il fratello. Un corso che consiste in esami teorici e la prova di guida in pista con la macchina adattata alla guida per paraplegici. Bogi, campione di determinazione ha superato tutte queste prove.
Tornare a fare il navigatore da paraplegico è molto complicato però, è necessario sostenere anche un’altra prova ovvero la simulazione d’uscita dall’auto in caso d’incendio, seduti e con casco e cinture allacciate, è indispensabile uscire in 14 secondi. Lorenzo centra anche questa sfida.
“Non è stato sufficiente! Ho dovuto confrontarmi con il CSAI (Commissione Sportiva Automobilistica Italiana) che è l’organismo che si occupa del settore Rally, e lottare per far comprendere che io non potevo uscire ai posti di controllo, per timbrare la tabella di marcia durante una gara. Era necessario, invece, una volta arrivati in prossimità del tavolo dei commissari che raggiungessero loro la mia auto per la timbratura. Questa forse è stata l’ultima resistenza: cambiare una piccola regola per ottenere un grande risultato, ossia l’integrazione di un navigatore disabile. Risolto anche questo dettaglio, si è potuto partire con le gare. Ho ottenuto un numero rosso sulle fiancate della macchina per essere identificato meglio e via, sono tornato a “navigare”. Ho ottenuto una importante modifica al regolamento che adesso può servire a qualsiasi navigatore abile e non, per la timbratura dalla propria auto”.
Lorenzo ha realizzato tutti i sogni della sua vita anche grazie a tante persone che hanno creduto in lui. La sua famiglia, i datori di lavoro e gli organismi competenti in merito di corse sportive: la FISAPS, principalmente, l’organo competente che permette di far gareggiare le persone disabili con i così detti i normodotati, permettendo un’integrazione perfetta.
“Oggi penso di vivere una vita normale – conclude Lorenzo – essere paraplegico è solo non poter stare in piedi e non poter fare la scale in autonomia, per tutto il resto c’è quasi sempre una soluzione. Per quel che mi riguarda il problema più grande sono i dolori, neurologici e non, che spesso sono molto forti e una vera e propria soluzione non si riesce a trovare.”
Ci può essere un antidoto a questo? “Non è sempre facile superare i giorni “no” ma io cerco di uscire, lavorare, distrarmi e sperare che domani siano passati”.
Speranze per il futuro?
“Spero di riuscire a realizzare sempre i miei sogni, abbattendo muro dopo muro!”