L’affidamento condiviso

Data: 01/06/06

Rivista: giugno 2006

Data storica il 16 marzo 2006: è diventato legge dello Stato, a grande maggioranza parlamentare, la norma sull’affidamento condiviso dei figli di genitori separati. Nel nostro ordinamento è così introdotto il principio della bigenitorialità ossia il diritto dei figli ad avere due genitori anche dopo la fine della loro unione. Un diritto molto sentito particolarmente dai padri considerato che, fino al 15 marzo, l’84 per cento dei figli minorenni veniva affidato dai giudici alle madri.

La legge era attesa da anni tra polemiche e contestazioni che hanno assunto anche i toni della protesta plateale da quando i padri, cui era negato vedere i figli, hanno iniziato a radunarsi con regolarità davanti al Parlamento italiano con cartelli e striscioni di contestazione. Avevano addirittura fondato varie associazioni come “Figli negati”, “Caro papà” e “Papà separati” confluite in un movimento “Armata dei padri” promotrice in questi anni di una cinquantina di manifestazioni.

Quello dell’affidamento dei figli era, in sede giudiziaria, una decisione davvero difficile da prendere poiché, come si sa, quasi mai le ragioni sono soltanto da una parte. Nei fatti però, nell’84 per cento dei casi i padri, vedono il proprio ruolo ridotto a quello di visitatore ad ore dei figli e pagatore “a fondo perduto” ossia senza poter quasi mai accompagnare con la propria presenza le fasi della loro crescita.

Non di rado poi, i genitori scaricano sui figli forme di rancore reciproco, utilizzandoli come arma di pressione, di ritorsione e perfino vendetta verso l’altro, sminuendo il coniuge non affidatario soltanto perché non paga regolarmente l’assegno di mantenimento, perché è tornato da sua madre non avendo più nemmeno i soldi per un’altra casa in affitto, perché convive con un’altra donna che gli vuole magari più bene di quella che lo ha cacciato di casa.

Le conseguenze sono gravissime: i ragazzi vivono la perdita di un genitore come un trauma. È provato infatti che, seppure in tenera età, i figli apprendono comportamenti e abitudini dai genitori percepiti come un’unica figura e forgiano il proprio carattere con la partecipazione attiva del padre (madre) che rappresenta per loro la sicurezza, così come con la vicinanza della madre (padre).

Ora, con questa legge si prova a girare pagina: il bambino diventa soggetto di diritto e non più oggetto dei diritti (o delle liti, dei ricatti e delle pretese) di un singolo genitore. L’affidamento condiviso tende a ristabilire le funzioni genitoriali responsabilizzando entrambi e soprattutto restituendo le figure del padre e della madre ai figli. Questo per evitare che, appena raggiunta l’età di 10-13 anni, questi ultimi cadano nella depressione e nella sfiducia verso il prossimo trasmesso loro dall’affidamento monogenitoriale. I padri (o le madri!) avranno il diritto di vedere le pagelle dei figli, la cartella clinica o altri documenti prima esclusivi del genitore affidatario.

La potestà, quella che una volta era la patria potestà, sui figli è esercitata in comune da tutti e due genitori e le decisioni di maggior interesse, istruzione, educazione, salute, dovranno essere assunte di comune accordo. Ove ciò non sia possibile per contrasti insuperabili, i due potranno ricorrere al giudice che deciderà per loro. Quest’ultimo, poi, potrà negare l’affidamento congiunto allorché valuti la figura dell’altro genitore come contraria all’interesse del minore.

In verità, il giorno dell’entrata in vigore della legge, i magistrati hanno paventato il rischio di paralisi dell’attività dei tribunali in materia di famiglia ipotizzando migliaia di ricorsi di padri intenzionati a capovolgere situazioni a loro sfavore: l’allungamento dei tempi sarebbe diventato intollerabile! Pronta la replica degli interessati per i quali sarà, invece, più facile risolvere direttamente tra i genitori le controversie una volta che ambedue siano suo stesso piano.

Ecco un piccolo vocabolario delle voci della nuova legge:

  • Il giudice: il giudice che pronuncia la separazione adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Entrambi i genitori hanno pari doveri e diritti verso i figli.
  • Spese di mantenimento: È obbligo di ciascuno dei genitori provvedere al mantenimento dei figli in proporzione al proprio reddito. Il giudice può disporre un assegno integrativo anche ricorrendo a un accertamento della polizia tributaria. Il mancato versamento dell’assegno per oltre tre mesi senza giustificati motivi può comportare una condanna penale.
  • L’esclusione di un genitore: Il giudice può decidere di affidare i figli ad un solo genitore se ritenesse l’affidamento contrario agli interessi del minore. Ciascun genitore può chiedere in qualsiasi momento l’esclusione dell’altro.
  • La casa: la casa familiare, ottenuta come coniuge affidatario, è attribuita tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Viene meno nel caso in cui il coniuge assegnatario dell’abitazione non vi abiti più o conviva more uxorio o contragga un nuovo matrimonio.
  • Soldi ai figli maggiorenni: Il giudice può disporre in favore dei figli maggiorenni non ancora indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico, anche oltre i 30 anni, come già visto in precedenti sentenze.
  • Padri e nonni: Dopo la separazione o il divorzio dei genitori, i figli avranno il diritto di mantenere un “rapporto equilibrato e continuativo” non solo con loro ma anche con i nonni, che spesso non vedevano più, ed i parenti.
  • Nuove competenze per il giudice: il giudice che pronuncia la separazione, adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Interverrà per la soluzione di conflitti insorti tra i genitori sull’esercizio della potestà, adotterà ogni provvedimento nell’interesse della prole e deciderà se l’affidamento sarà condiviso o disgiunto, risolverà i conflitti tra i genitori.

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