Buongiorno Laura. Ti va di presentarti brevemente a tutti i nostri lettori che non ti conoscono ancora?
Buongiorno Noemi. Voglio ringraziare anzitutto l’Associazione Prodigio, per questa opportunità di condividere la mia storia. Ho 37 anni e soffro di una malattia rara, la Malattia di Danon. Questa patologia è poco conosciuta e ad oggi non esiste una cura che porti alla guarigione, ma solamente una terapia per tenerla sotto controllo.
Quando ti è stata diagnosticata questa patologia? Come ti sei sentita?
Mi è stata diagnosticata nel 2018 e, ovviamente, è stato un momento difficile da affrontare. Quando ci si ritrova di fronte all’evidenza di avere una malattia rara, poco conosciuta e con remote possibilità di cura, è facile cadere nello sconforto totale. Ho cercato di pensare ai lati positivi, uno dei quali sicuramente è costituito dall’essere a conoscenza della propria condizione reale di salute: in quel momento ho dato un nome al problema che mi affliggeva sin dalla nascita e che, fino a quel momento, i dottori non erano stati in grado di identificare.
Dopo alcune ricerche sul web sono venuta a conoscenza dell’esistenza di un gruppo di medici e ricercatori americani che sta studiando una terapia genica come cura da questa malattia. La fase uno è in corso e i primi risultati, registrati su pazienti molto gravi di sesso maschile, sono davvero incoraggianti.
Se digitiamo su Google “malattia di Danon”, i risultati di ricerca sono tutti paroloni scientifici, un po’ tosti da comprendere… In cosa consiste?
Si tratta di una malattia genetica, scoperta nel 1981 dal dott. Moris Danon. Non ci sono dati precisi sull’incidenza in Italia, anche perché spesso non viene riconosciuta e diagnosticata dai medici. È una malattia sistemica, che colpisce più organi e può causare vari disturbi, come l’ingrossamento del muscolo del cuore, debolezza e dolore ai muscoli o disturbi visivi. Nei casi più gravi si possono registrare anche ritardi mentali. Principalmente è ereditaria, correlata al cromosoma X. Per questo, i sintomi nell’uomo sono molto più severi che nella donna. Attualmente sono affetta da cardiomiopatia ipertrofica: mi stanco facilmente e spesso avverto improvvisi battiti anomali che possono portare aritmie pericolose, causa di morte improvvisa.
Come stai affrontando questo periodo di pandemia?
Da quando è arrivato il Covid ho iniziato a lavorare in smart working, ed esco solamente per qualche passeggiata. Vivendo da molti mesi sempre in casa, il rischio più grande è di estraniarsi dalla realtà e rimanere sospesi all’interno di una bolla, in compagnia di pensieri negativi. Cerco di rimanere aggiornata rispetto a quello che succede nel mondo e di instaurare relazioni positive anche all’interno di gruppi virtuali sui social, con persone unite da interessi affini come il web marketing.
Sappiamo che hai aperto un blog in Internet, dove parli di te e della malattia. Come lo hai chiamato? Com’è nata l’idea? Qual è l’obiettivo?
Dopo essermi trovata a sostenere esami e controlli medici senza risposte certe, ho pensato a come essere d’aiuto a chi ora si trova nella mia stessa situazione, magari senza conoscere la patologia. Il sito, www.malattiadidanon.it, è nato nel marzo 2020, durante il primo lockdown: in quella fase ho delineato la strategia iniziale e sviluppato il sito web con il blog. L’obiettivo è quello di dare informazioni semplici e chiare a chi è affetto da tale mutazione, e allo stesso tempo suggerire a chi avverte qualche sintomo di sottoporsi al test genetico. A questo si affianca il desiderio di condividere consigli legati all’alimentazione, alla psicologia e a stili di vita sani. Sto lavorando allo sviluppo del blog, coinvolgendo nella pubblicazione di contenuti le persone affette da malattie rare, che possono raccontare in prima persona le loro esperienze, e professionisti come medici e infermieri. Inoltre, è possibile iscriversi alla newsletter e ricevere informazioni in modo diretto via e-mail. In futuro, se il numero degli interessati dovesse aumentare considerevolmente, mi piacerebbe aprire un’associazione a supporto di chi è affetto da questa malattia.
Qual è il tuo più grande sogno?
Guarire completamente, e affrontare la vita senza la preoccupazione di avere una malattia degenerativa, che inevitabilmente porta a limitare molte scelte. Per questo, sto aspettando che la sperimentazione della terapia genica passi alle fasi successive e alla possibilità di essere testata anche sulle donne.
C’è un messaggio che vorresti dare a chi leggerà questa intervista?
Il messaggio per chi è affetto da disabilità o malattie rare come la mia, è di cercare sempre il lato positivo della situazione in cui si trova. Penso, ad esempio, alle persone che ho incontrato e alle situazioni imprevedibili che si sono verificate come conseguenza dell’identificazione della mia malattia: si tratta di fattori che hanno inevitabilmente cambiato il mio modo di affrontare la vita, a conferma della mia convinzione che, anche dai momenti più difficili, nasce sempre qualcosa di buono.
Noemi Manfrini