Le crociate viste dagli arabi

Data: 01/02/07

Rivista: febbraio 2007

Le Crociate furono una serie di campagne militari patrocinate dal Papa per riconquistare la Terrasanta caduta in mano ai Mussulmani e permettere ai pellegrini cristiani di visitare liberamente Gerusalemme. Più concretamente, gli europei volevano espandere i propri commerci con l’Oriente ed alcuni principi senza regno procurarsene uno. Finché la Palestina era rimasta sotto il dominio arabo-musulmano, cristiani, ebrei e fedeli di Maometto avevano potuto professare liberamente la propria religione nelle chiese, nelle sinagoghe o nelle moschee.

Poco prima dell’anno 1000 però, orde di nomadi turchi si erano stanziate in Siria e Mesopotamia imponendosi con la forza delle armi. Vessavano con rapine, sequestri, uccisioni e richieste di riscatto le carovane di pellegrini diretti ai luoghi dove era vissuto Gesù. Per difendersi costoro iniziarono ad organizzare “pellegrinaggi armati” ma quando uno di questi, guidato da Pietro l’eremita, fu sterminato senza pietà appena di là del Bosforo il 21 ottobre 1096, papa Urbano indisse una “crociata”.

Si poneva, però, un problema: come può un cristiano conciliare la guerra non difensiva con la parola di Dio? Come giustificare l’uccisione di altri uomini in nome di Gesù che si era sacrificato per salvare ognuno di noi? Ci pensò il teologo Bernardo di Chiaravalle con la teoria del “malicidio”: chi uccide un uomo intrinsecamente cattivo, quale è chi si oppone a Cristo, non uccide in realtà un uomo ma il male che è in lui. Dunque egli non è un omicida bensì un malicida! Citando lo stesso Bernardo: “Il Cavaliere di Cristo uccide in piena coscienza e muore tranquillo: morendo si salva, uccidendo lavora per il Cristo”. Una capriola di parole davvero aberranti ma tant’è, la scusa era stata trovata!

Tutti conosciamo la versione cristiana delle crociate: di qua i nostri, i bravi cristiani Bohemondo, Goffredo di Buglione, Riccardo cuore di Leone, i Templari, di là i mussulmani, il Saladino, al Malik e Baybars, naturalmente cattivissimi. In verità esiste anche l’altra versione, quella scritta dagli storiografi arabi. Amin Maalouf, storico francese di origine Libanese, la espone in un libro “Le crociate viste dagli arabi” scritto nel 1983 ma di ancora grandissima attualità considerata la situazione in Medio Oriente e le sempre più accentuate incomprensioni tra mondo arabo musulmano e occidentali.

Le sue fonti sono storici e cronisti arabi del tempo, scrittori precisi, a volte distaccati e perfino ironici. Le crociate si susseguiranno fino al 1291 quando il sultano Kalil espugna San Giovanni d’Acri, ultimo avamposto cristiano in terra Santa. Sterminerà 60.000 prigionieri, gli ultimi di tante migliaia di sconosciuti cristiani, ebrei e musulmani macinati dall’odio e dall’ambizione. La loro morte di tante persone, come altre volte in quelle cronache, pare semplicemente un dato di contorno: [..] Distrusse ad una ad una tutte le città e in particolare la capitale Sis di cui uccise gran parte degli abitanti e ne portò con sé più di 40.000 prigionieri. Gli occidentali, costretti a ritirarsi, se ne andarono portandosi dietro importanti nozioni di astronomia, chimica, matematica e architettura, di fabbricazione della carta e del cuoio e nuovi prodotti agricoli che saranno la base dell’impetuoso sviluppo dell’Europa. Per il mondo islamico, invece, la vittoria si tramutò in un disastro. Si chiuse in se stesso rifiutando qualsiasi novità portata dai crociati, considerati barbari volgari e ignoranti, si trattasse di diritti dell’individuo, di rapporti tra poteri o di conoscenza. Divenne intollerante e timoroso di veder ancora messa a rischio la propria identità.

Per difenderla si opporrà al progresso e alla modernità, intesi come simboli dell’Occidente, finendo così per cristallizzare il proprio sviluppo e venir travolto, una seconda volta, dal colonialismo tecnologico europeo dell’800.

Così se oggi, dopo crociate e colonialismo, eserciti occidentali sono tornati ad invadere territori dell’Islam (Iraq ed Afghanistan), niente di più immediato per i mussulmani che considerarli come il terzo tentativo di impadronirsi della loro terra e di espropriarli dell’identità culturale con il sotterfugio della modernità: democrazia e non teocrazia, codice civile al posto del Corano, secolarismo contro spiritualismo, edonismo contro devozione, reato contro peccato… Respingere queste proposte e conservare la propria identità non può, dunque, che essere un obbligo per ogni buon musulmano.

Quindi, se “loro” che sempre più spesso incrociamo per strada o ci troviamo alla porta di fianco, non sono come dovrebbero essere per piacerci, sforziamoci di fare qualche passo verso di loro… sarebbe una bella cortesia!

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