Le invasioni barbariche

Data: 01/12/05

Rivista: dicembre 2005

Premiato al Festival di Cannes per la miglior sceneggiatura e la miglior attrice, vincitore del premio Oscar come miglior film straniero e di tre premi César, “Le invasioni barbariche” di Denys Arcand è una di quelle opere che bisogna trovare il tempo di assaporare.

I sapori di questo lavoro, datato 2003, sono più di uno e come un buon vino va gustato e ha la capacità di farsi gustare fino in fondo.

Remy, professore universitario di storia in una pubblica università di Montreal, è all’ospedale a causa di una grave malattia. Accanto a lui l’ex moglie. All’aggravarsi delle condizioni di Remy accorre il giovane figlio Sebastien, ricco e capace uomo d’affari di Londra. Benché il loro rapporto non sia mai stato dei migliori, fa di tutto per aiutarlo. Remy è un convinto socialista, rifiuta le cure migliori, pagate dal figlio, che potrebbe avere in America. Sebastien non demorde e cerca di addolcire gli ultimi giorni del padre creando una sistemazione tutta per lui in ospedale e prendendo contatto con gli amici di gioventù del professore e, come lui, brillanti intellettuali, amanti dell’arte, della buona cucina, vittime di tutti gli “ismi” che hanno attraversato il XX secolo. Inoltre Sebastien fa in modo di procurare al padre una sorta di speciale “cura palliativa” somministrata dalla figlia di un’amica di Remy con la quale il professore s’interrogherà sul senso della vita.

Attorno al letto di Remy c’è sempre qualcuno, ma soprattutto vi sono le risate degli amici, ciascuno con il suo umorismo, il suo cinismo e la genialità di chi ha letto i libri, cosa che Remy rimprovera al figlio, il barbaro, di non aver mai fatto.

La fine, piena di commozione, sulle rive del lago tanto amato dal professore, lascia un retrogusto dolce-amaro che può far venir voglia di rivedere il film.

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