I nostri media hanno dato grande spazio agli scontri nelle periferie francesi. Se n’è attribuita la colpa al disagio sociale ed urbano di migliaia di immigrati stoccati in palazzoni di sterminate periferie senza anima e alla loro voglia di avere le stesse opportunità di tutti gli altri francesi. Ne parliamo anche qui perché alcune migliorie promesse alle nostre periferie cittadine sono sparite, per scelte di bilancio, dall’elenco delle opere fattibili da enti pubblici di vario livello, Provincia, Comune, ITEA. Quest’ultima, in particolare, ha cancellato una serie di interventi già tante volte garantiti come “praticamente in cantiere” rimandandone la realizzazione a “tra qualche anno”.
La situazione delle periferie trentine, indubbiamente, non è paragonabile a quelle francesi, sia per le percentuali di Trento (5,4% di stranieri ufficiali) sia per la composizione dei suoi immigrati (soltanto uno su tre i mussulmani). Nessuno però, può negare il disagio, particolarmente quello giovanile, di alcune aree urbane cresciute troppo in fretta né escludere il delinearsi di qualche forma di rifiuto e antagonismo rispetto al resto della città.
Tra queste, Roncafort, un bar ed una rivendita ad ore di pane e latte, è senza dubbio la più penalizzata. I suoi 300 ettari di terra coltivata, strappati alle piene dell’Adige, sono stati consumati, in un crescendo da via Gluck, dall’avanzare da Trento di capannoni, case, strade, sopra e sotto passi, tangenziale, interporto ecc.. Come compensazione, da via Belenzani le promesse più seducenti: palazzina per servizi sociali, piazza, sala pubblica e comodi collegamenti! Tutto però rimasto nel libro dei propositi mentre catrame e cemento e, con molta probabilità, l’inceneritore, continuano a fare dannatamente sul serio. Eclissato anche il sottopasso verso Canova, richiesto per rendere accessibili negozi e diluire l’isolamento avvertito come un torto. In concreto, la frazione ha visto crescere centinaia di edifici di cui non sentiva alcuna necessità e rimanere promesse quei due – tre di cui aveva assoluto bisogno! Carmelo, da sempre a Roncafort, sghignazza: Finché ci sono “bauchi” disposti a crederci… dopo anni di ciacere hanno fatto un parco, quello vicino alla chiesa: il mio orto é più grande! Gianpietro, piccolo artigiano, vuol sapere invece se è stato il sindaco a mandarmi fin lì a prenderlo per i “cosi”.
Stessi bauchi anche a Spini, un bar tabaccheria ed un ristorante? Probabile: sparita la sala polifunzionale mentre la Provincia ha dato la propria benedizione al nuovo carcere, 250 celle da un posto (ma estendibile a tre: 750 detenuti!). Nella logica del “do ut des” forse arriverà l’asilo… A Gardolo, 12 mila abitanti, silurato il teatro e a Matterello, ingigantita in pochi anni da capannoni e costruzioni residenziali e, a breve, alleggerita di altri 25 ettari di pomi e vigne per far posto a caserme (…mettete dei cannoni nei vostri fiori!) scordati impegni pluriennali, nuova scuola, ristrutturazioni della caserma dei carabinieri e dell’ex convento dei Cappuccini e sedi per le associazioni. Luisa: Non possiamo lamentarci di quel che abbiamo ma non bisogna neanche accontentarsi. Per dire, il centro anziani andrebbe ampliato e ammodernato. C’è anche la struttura dei Cappuccini inutilizzata: potrebbe servire a mille usi! Certi “putelami” che vanno in giro di notte a gridare e fare piccoli dispetti potrebbero avere un posto dove fare qualcosa.
È sufficiente un giretto di sera in queste periferie per verificarne il disagio: inutile cercare gruppi di giovani, spazi collettivi affollati di ragazzi, qualche attività sportiva o culturale che raduni i residenti attorno a “qualcosa”: niente! Rarissimi i pedoni, pochi negozi, qualche macchina, verso sera un autobus che scarica giovani autodeportatisi in centro città o nel brulicare di gente e luci dei centri commerciali, blocchi di case alternate da capannoni e qualche fazzoletto di vigne, strade vuote: il mix ideale per dare vita ad insofferenza, emarginazione, alienazione. Sembra quasi sia stato dichiarato un tacito coprifuoco fai-da-te, gente tappata in casa o al massimo in auto e pronta a farsi inghiottire da qualche garage sotterraneo.
I residenti di Roncafort esprimono il disagio più acuto: la maggior parte è capitata lì in cerca di casa a basso costo, si considera di passaggio, in attesa di accantonare abbastanza euro per comprar casa da qualche altra parte. Gli extracomunitari, circa il 10%, fanno perlopiù gruppo a sé senza alcuno sforzo per integrarsi. Insomma gente che è lì con il corpo ma con la mente altrove
Ben poco che stimoli il germogliare di un piccolo senso di identificazione col posto dove si “sta”, di cui si fa parte, al cui progresso tutti potrebbero partecipare, che trasformi un’ammucchiata di individui, case e strade in una comunità, dove non si ha soltanto il tavolo e il letto ma si abita nel senso lato del termine.
Eppure basterebbe poco, si potrebbe iniziare con cinque milioni di euro a rendere normale la vita anche qui: qualche centro di aggregazione per giovani e meno, servizi, qualche negozio, un campetto da calcio, una palestra, una sala riunioni… tutto quello che viene puntualmente promesso insomma!