Le scuole devono “comunicare”

Data: 01/10/00

Rivista: ottobre 2000

Le scuole sono appena iniziate con i problemi di sempre, compresi quelli di inserimento degli studenti disabili: niente di irrimediabile, qualche ritardo e qualche rinuncia, ma in via di superamento. Pazienza. Pare che anno dopo anno la situazione vada migliorando e che l’integrazione di alunni con handicap stia diventando un fatto acquisito.

Effettivamente alcune novità per tutta la scuola sono venute da un decreto del ministro della Pubblica Istruzione Tullio De Mauro: prevede la possibilità di integrare le graduatorie anche dopo il 31 agosto.

Ciò significa che potranno essere evitati i ben noti balletti, a danno dell’attività didattica, di professori e cattedre che in passato hanno caratterizzato l’avvio di decenni di anni scolastici. Di ciò beneficeranno, in primis, gli studenti disabili e quelli che soffrono di un disagio scolastico, ancor più svantaggiati da questa prassi di vai e vieni di docenti: per loro infatti è fondamentale intrattenere un rapporto interpersonale di fiducia e continuità con il proprio insegnante.

Il provvedimento contiene inoltre alcune disposizioni necessarie alla piena attuazione dell’autonomia scolastica tra cui la norma che consente “l’utilizzazione della dotazione finanziaria d’istituto”. In altre parole le scuole potranno spendere i propri fondi senza vincolo di destinazione ossia potranno decidere gli interventi da fare e le priorità senza passare per trafile burocratiche.

Ogni istituto potrà finanziare l’adozione di tecnologie atte a fornire un adeguato supporto tecnologico alla didattica. Ampio anche in questo campo il settore d’intervento a favore di alunni con handicap: sarà possibile acquistare al bisogno e senza troppi intoppi burocratici computer a comando vocale per chi non è in grado di scrivere, vocabolari digitali, sistemi di lettura per ipovedenti, ecc.

Queste novità, per così dire tecnico-burocratiche. Alcuni suggerimenti per altri passi avanti nell’integrazione e formazione di alunni svantaggiati sono proposti sulla stampa locale dal professor Dario Ianes del Centro studi Erickson di Trento. Peccato siano stati pubblicati lunedì 7 agosto scorso in piene vacanze estive e con l’articolo a fare quasi da preambolo alle pagine sportive, alle prime polemiche su goal fatti e negati e ai risultati di qualche corsa in montagna. Tant’è ma vale la pena riprendere alcune indicazioni proposte sperando che d’ottobre vi siano lettori più riposati e attenti.

Ianes parte da una constatazione: «le scuole sono tradizionalmente dei corpi isolati con poca memoria della propria attività e poco propensi a scambiarsi informazioni al di fuori di momenti istituzionali quali convegni, simposi, seminari, ecc. Ognuna vive quasi gelosa una sua vita autonoma, va per la sua strada senza comunicare alle altre le proprie esperienze, su tratti di organizzazione interna, didattica oppure di sostegno ad alunni svantaggiati».

Fin ieri i ridotti e lenti sistemi di comunicazione favorivano tale isolamento ma, oggi, nell’era dello scambio globale di informazioni, esso non ha alcun senso: ogni scuola può facilmente mettere a disposizione “on line” di tutte le altre la propria esperienza su quanto sta facendo, può cioè costituire una “banca dati” consultabile da tutti sui metodi adottati, i progetti ed i risultati ottenuti nello svolgimento di attività didattiche, compreso il recupero e l’integrazione di alunni disabili.

Propone poi un’iniziativa “on line” di sviluppo professionale per gli insegnanti di sostegno specializzati, non specializzati e per gruppi di interesse. Ianes ricorda come lo scorso anno, su 445 insegnanti di sostegno della Provincia di Trento, ben 136 (il 30%) non avessero titolo di specializzazione. Fortunatamente in base al DPR 460/98 sono stati avviati corsi biennali gestiti dalle università in regime di transizione verso l’inclusione della specializzazione nel corso universitario base per gli insegnanti (ricordiamo che il concorso per l’ammissione in ruolo di maestri svoltosi nello scorsa primavera è stato l’ultimo per i possessori del solo diploma di maturità). Quanto ai non specializzati ormai inseriti nel giro dell’insegnamento di sostegno potrebbe essere utile per la loro formazione seguire dei percorsi diversi che li porti a livelli di preparazione più elevati rispetto alla vecchia figura dell’insegnante di sostegno.

Suggerisce poi che siano le scuole mediante un’auto-valutazione a stabilire il numero da coprire di insegnanti aggiuntivi. Le istituzioni scolastiche, con l’appoggio dei Servizi socio-sanitari, fanno una propria valutazione sull’insieme di “bisogni educativi speciali” legati a difficoltà degli alunni, dalle disabilità fisiche, mentali e sensoriali ai disturbi nell’attenzione e nell’apprendimento di lettura, scrittura e calcolo; dalle difficoltà legate a differenze linguistiche e culturali ai problemi emozionali, relazionali e comportamentali. Disfunzioni che, in buona parte e fin pochi anni fa, non venivano nemmeno presi in considerazione come tali (pensate alla dislessia) oppure erano semplicemente valutati come caratteristica negativa propria dell’alunno e spesso motivo per giustificarne il fallimento scolastico.

Per ultimo Ianes affronta il punto d’arrivo di ogni discorso sull’handicap: l’integrazione scolastica e sociale dei disabili. I tentativi in tale direzione, pur supportati da buone leggi, non hanno dato fin qui risultati significativi per cui è d’obbligo percorrere altre strade.

Ianes propone di raccordare, su base locale, le risorse rivolte all’integrazione scolastica e sociale al fine di predisporre un “Progetto di vita” per la persona disabile.

Questo progetto va ben oltre il Piano Educativo Individualizzato che la scuola progettava in funzione di un suo impegno extrascolastico. Esso coinvolge anche le attività extrascolastiche, famiglia, ambiente sociale e tempo libero e collega ed integra assieme realtà diverse ad iniziare dalla famiglia, con la scuola, i servizi socio sanitari, la cooperazione, tutto con l’obiettivo di offrire le migliori opportunità al disabile di vivere la propria vita al meglio.

De Mauro e Ianes: un cambiamento epocale? Certamente sì, anche se le difficoltà per attuarlo sono enormi: lentezze istituzionali, inevitabili intoppi degli iter burocratici, comode posizioni acquisite da cambiare ma la strada indicata potrebbe veramente portare all’adempimento di quanto dichiarava la nostra Costituzione già nel 1947: “Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge” e più avanti: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3).

A tutti i cittadini, compresi dunque quelli handicappati, rimane “il dovere di svolgere secondo le proprie possibilità e la propria scelta un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (art. 4, comma 2).

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