Le semplici accortezze e i dispositivi tecnologici che favoriscono l’autosufficienza degli anziani

In agosto siamo stati da Rita, una amica, alla casa di riposo di Lavis e da Elena, mamma di un nostro collaboratore, Carlo alla rsa di Povo. Ampi giardini, gazebi, fontanelle e panchine: posti belli da vedere ma un po’ meno da vivere. Ecco infatti un anziano, solo di fianco a una grande vetrata. Un altro, tra aiuole di fiori e piante, ascolta e guarda il cielo. Il personale, disponibile e sempre presente, rende il tutto quasi “normale”, ma… si tratta comunque di una casa di risposo, luogo dove si spera sempre di trasferirsi il più tardi possibile. Ed è proprio questo l’interrogativo assillante: quando è il momento di ricoverare un nostro caro? 

Perché la RSA, per quanto accogliente ed efficace, è un luogo con limiti di spazio invalicabili, tempi regolamentati e contatti prevalenti con gli “addetti ai lavori”, cui si aggiunge la consapevolezza di essere al “penultimo passaggio”. 

Ecco allora che sorge spontanea la domanda: come rimuovere gli ostacoli all’autosufficienza degli anziani in modo da farli vivere il più a lungo possibile a casa, tra i loro ricordi di sempre? 

Un tema chiave è sicuramente quello della rimozione delle barriere architettoniche. 

Per esempio, Vito da Valdobbiadene – ciao Vito, ovunque tu sia – aggredito da una sclerosi implacabile, dopo aver saputo della paralisi si era costruito una casa esclusivamente su un piano con ascensore, coi mobili collocati in maniera strategica, una grande terrazza, il bagno extralarge. Una soluzione, questa, che gli permise di stare tra le “sue quattro mura” fin quasi alla fine. 

Con un po’ di ricerca, poi – oltre a questi accorgimenti – si possono adottare dispositivi più specifici. Partiamo dalle scale d’accesso, con gli ausili elettrici di salita e discesa, poltrone che si alzano, vasche da bagno con apertura laterale, water autopulenti con un getto di acqua calda e aria, eliminazione di ogni tappeto. E poi mobili, tavoli, scrivanie e letti da adattare alle capacità motorie delle persone coinvolte, ma anche il semplice girello – sempre più diffuso come si può constatare facendo due passi in città – e le ventose al silicone (handy grasp) applicabili a qualsiasi superfice liscia, da usare per tenersi sempre ben saldi, come al momento di uscire dalla vasca da bagno, entrare in macchina o percorrere un corridoio.

E ancora vestiti con tessuti elasticizzati e domotica, tanta domotica: comandi vocali in ogni locale per accendere e spegnere la TV, alzare e abbassare il letto, automatizzare gli elettrodomestici e addirittura robottini in grado di aiutare le persone con mobilità ridotta o altre difficoltà. 

Da questo punto di vista, vale la pena sottolineare come la domotica abbia fatto passi da gigante nel ritardare l’effetto della mancanza di autosufficienza. Aveva cominciato anni fa in via sperimentale una regione limitrofa alla nostra predisponendo un piccolo alloggio in cui il disabile o l’anziano potevano unicamente contare sulle proprie forze, anzi affinandole. Il risultato non pare negativo: ricordiamoci di Pino, nostra grande guida, che è riuscito per anni a vivere quasi da solo.

Da ultimo, troviamo le auto adattate di chi grazie a questo ausilio può continuare a seguire la propria routine, andare a ritirare la pensione, il giornale, una ricetta o partecipare a una festa di quartiere. Esistono infine gli strumenti tecnologici di telesoccorso e teleassistenza, che inviano un segnale di allarme a un familiare o un professionista in caso di necessità, cui si aggiunge la variante del localizzatore satellitare per far conoscere la propria posizione.

Da quanto detto – visto e considerato poi che nel nostro Paese il numero di anziani che hanno bisogno di supporto nella gestione delle faccende quotidiane è in costante crescita – emerge quanto sia importante essere autosufficienti, anche per un discorso di autostima. Niente, infatti, fa sentire liberi come sentirsi ancora all’altezza dei compiti richiesti dal vivere quotidiano e non pensare di dovere qualcosa a qualcuno. Una gran bella differenza, dunque, rispetto al rimanere lungo un corridoio in struttura ad aspettare melanconicamente che un figlio o un parente si siano ricordati di passare!

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