Lettera ai miei genitori

Autori:Redazione

Data: 01/02/11

Rivista: febbraio 2011

In questa lettera autobiografica, che la protagonista forse non farà mai leggere ai propri genitori, c’è tutta la sofferenza di una giovane donna separata, con scelte difficili alle spalle che oltre alla solitudine, si ritrova ad essere stata esclusa dalla famiglia, appunto per le sue scelte di vita.

Cari mamma e papà, che bello il suono di queste parole soprattutto quando non si pronunciano da molto tempo.
Vi scrivo questa lettera che, forse, non leggerete mai, del resto non abbiamo mai comunicato e quindi farvi leggere quello che ho nel cuore è abbastanza irreale.
Mi dispiace questa vostra chiusura nei miei confronti, mi rendo conto che siete anziani, avete la classica mentalità all’antica e quindi non avete modo di accettare le scelte che ho fatto nella vita: la separazione dal mio ex marito, l’aver seguito irragionevolmente un uomo sbagliato e, infine, aver preso per i miei figli delle scelte che io ho ritenuto le più accettabili.
Ritengo che, a quasi quarant’anni, una donna, una madre debba avere tutto il diritto di decidere per la propria vita e per quella della propria prole, senza dover necessariamente ritrovarsi orfana.
Vi scrivo nell’occasione della festività dell’Immacolata, perché mi ricordo quando avevo cinque anni e tu, mamma mi hai confezionato con le tue mani, un vestitino azzurro come il manto della Vergine. Era sicuramente un ex-voto per una bambina che ce l’aveva fatta a crescere malgrado i piccoli problemi avuti alla nascita e nell’infanzia e che tanti grattacapi ti aveva dato.
Non mi avete fatto mancare nulla, papà era sempre emigrato per portare “il pane” alla famiglia ed io avida di cultura e voglia di sapere, ho avuto un’altra guida nell’adolescenza che è stato quell’anziano signore disabile di Napoli con il quale ho corrisposto per tre anni.
Non avete responsabilità se io sono cresciuta in modo differente da quello che vi aspettavate. Non è colpa vostra se sposo la generosità, l’altruismo, la condivisione, la tolleranza, la non discriminazione.
Ad un certo punto della mia vita ho creduto di farvi felice, sposandomi nel modo nel quale voi avevate sempre desiderato per le vostre figlie: una bella festa, l’abito bianco e con tutto quello che le mie cugine avevano avuto prima di me. Ma sicuramente non era quello il mio destino, non era quello l’uomo giusto per me, anche se adesso è un ottimo padre.
Potrebbe essere un motivo di vanto per voi che io mi batta per i diritti degli emarginati, delle persone disabili, vuol dire che è questa la strada che il destino aveva pianificato per me.
In questi momenti di solitudine, in parte ricercata, vi penso con nostalgia, non desiderando, in ogni caso, di essere diversa da quella sono.
Vostra Maria

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