Vorrei iniziare questa rubrica con il commento ad un articolo che ho scritto a pagina 11 nel numero 21, del dicembre 2003. In quell’occasione avevo commentato due delle tante e-mail che arrivano alla nostra redazione da persone, soprattutto ragazze, autolesioniste, che ci scrivono le loro esperienze fatte di un sommesso dolore. Ginger è una delle più assidue frequentatrici della bacheca autogeneratasi dai commenti all’articolo di Elisabetta Liverani. Con questo pretesto colgo l’occasione, ora che sto per terminare la mia esperienza al giornale, di ringraziare queste ragazze. Grazie per avermi dato così tanto, spero veramente di aver dato qualcosa anche io a voi.
Grazie per averci dato questa opportunità: di conoscerci prima di tutto. C’è così poca informazione sul nostro problema che ci sentiamo soli, gli unici sofferenti di questo male. Grazie a voi ho trovato persone come me, di diversi paesi ed età, ma così simili nel bisogno e nelle debolezze, paure, speranze. Avete già fatto molto, credetemi.
Non so se e quando potrò guarire da tutto ciò, ma leggendo le storie degli altri, d’istinto, li avrei voluti difendere, fargli capire che l’amore va oltre ogni cosa. Ho provato dell’affetto (certo virtuale), ma provare questo sentimento di affetto mi ha aiutata a dirottarne un po’ anche verso di me, che poi sono come loro. È molto più facile vedere le cose dal di fuori, si è più lucidi.
Io me la prendo un po’ con chi, a differenza vostra, non si cura della nostra sofferenza. C’è così tanta informazione su bulimia e anoressia! Questo è un bene, ma non si parla mai dell’autolesionismo, che lascia i segni dentro, che ha un modo di possederti così aggressivo, che non se ne esce facilmente, anche quando lo vorresti.
Dateci sempre tutta la vostra informazione, attenzione, umanità.
Ieri ero a casa dei miei genitori e mi ero sdraiata per riposare. Poi mi sono accorta che mia madre, in silenzio, mi scopriva le braccia, i polsi. Stava cercando, con l’apprensione di una madre, i segni della mia sofferenza. Mi ha fatto così male.
Vorrei che voi sentiste la commozione che vivo in questo istante… Grazie per il vostro sincero aiuto.
Un abbraccio.
Ginger
Per questo numero ho scelto la storia di Fabio, 25 anni e un grande dolore. È un autolesionista che non si vergogna del modo in cui si punisce, tanto che si taglia direttamente in pieno viso. La sua storia mi ha colpito, perché nel giro di pochi giorni ci ha mandato tre mail. Fabio mi ha stupito perché in poche righe ci ha raccontato la sua vita attraverso le sue emozioni.
Giovedì 6 maggio, ore 3.14:
Avevo i capelli corti ed un ciuffo più lungo sulla nuca, che a volte diventava un ammasso di tanti piccoli dread; stasera ho deciso di tagliare tutto. Il ciuffo dietro me lo aveva fatto la mia ex ragazza, ce lo avevo da dicembre. Stasera ho preso la lametta e ho tagliato tutto, a pelle.
Oltre a quello mi sono fatto due graffi vicino agli occhi: ho preso la lama di un coltello, l’ho scaldata con un accendino e ho fatto due tagli vicino all’occhio sinistro. Uno orizzontale, che va dalla coda dell’occhio verso l’esterno, e uno orizzontale, che dal centro dell’occhio scende verso il basso. Non è la prima volta che mi taglio attorno alla zona oculare. Lo faccio sia per autolesionismo, che per look – vorrei aggiungere che ho il sopracciglio sinistro tagliato come se avessi tre graffi verticali.
Ho sofferto molto con la mia ex-ragazza. Lei era neo-zelandese, cultura diversa della mia. Le dicevo che stavo male, mi rideva in faccia. Stavamo a Dublino, lei lavorava, io stavo in ostello. Un giorno mi sono presentato al lavoro con due tagli sugli occhi appena fatti (con coltello e accendino). Cercavo attenzione, aiuto. Lei non mi ha rivolto la parola per tutta la giornata, evitando pure di guardarmi in faccia. In un’altra occasione ho preso a testate un comodino, dopodichè ho cominciato a bucarmi il braccio con un compasso con tutta la forza che avevo. Davanti a lei. Mi sarò dato una ventina di colpi. Lei piangeva.
Siamo tornati in Italia, ed un giorno a Milano, poco prima che ripartisse per la Nuova Zelanda, mi sono ritrovato a prendere a testate le colonne in corso. Lei diceva che tanto non le facevo pena. Oltre che con le parole, non sapevo che altri modi usare per dirle che stavo male.
Confermo, lo si fa per cercare attenzione, ma anche aiuto in modo forse più evidente.
Ho 25 anni, pensavo di aver superato questa fase. Invece stasera, proprio mentre girovagavo per casa come un dannato, ripetendo fra me e me che prima o poi sarei scoppiato (avvenimenti scioccanti questi giorni, sono un ometto sensibile io…), ebbene stasera i tagli sono ricomparsi. Mi dispiace solo per mia madre che dovrà vederli domattina.
E che forse è l’unica che capisce che sto male.
Giovedì 6 maggio, ore 20.23:
Scampata? Scampata cosa? Ci tagliamo perché vogliamo essere notati, perché vogliamo qualcuno ci dia una mano con i nostri problemi, e poi, quando raggiungiamo il nostro scopo ci tiriamo indietro???
Io no! Non me ne frega niente! La mia personalità la devono vedere tutti: se sto male tutti devono vedere che sto male; se sto bene tutti devono vedere che sto bene se posso aiutare qualcuno, lo farò.
Se qualcuno può aiutare me, spero lo faccia. Ho 25 anni e ancora non ho smesso di credere alle favole. Voi sì? Io non copro le mie ferite, non copro i miei difetti. Io sono io, ed è bene che gli altri imparino ad accettarmi per quello che sono, con o senza graffi sugli occhi. Non mi nascondo per questo, mai fatto. Se volete cambiare qualcosa cominciate a farlo voi invece di lamentarvi del fatto che gli altri non capiscono. Cominciate voi a capire gli altri.
Sabato 8 maggio, ore 5.21:
Ritratto: i miei tagli li hanno notati e mi hanno rotto le p. tutta la sera sul perché di quelli. Poi mi hanno evitato. Hanno evitato di parlare del “problema”, della mia “pazzia”. Hanno evitato di parlarmi del tutto. Gente che si sente aperta, innovativa, avanti, alla moda, ma poi non è capace di affrontare un discorso del genere, come se ognuno facesse finta di non possedere le proprie pazzie. Se gli altri accettassero le proprie, accetterebbero anche quelle degli altri. Siamo tutti pazzi e non c’è limite alla pazzia. Che differenza c’è fra un graffio ad un occhio ed un piercing al setto?
Hanno forse tutti e due la stessa funzione autolesionista? Si prova dolore in entrambi i casi, mi sembra. Solo che se a me da fastidio una tipa con due palline che le escono fuori dalle narici devo accettare questo suo fastidio che mi impone. Se a qualcun’altro i miei graffi gli danno fastidio viene a rompermi le p.! È una questione di rispetto, accettarsi, tutto qua. Sembra semplice. Non lo so.
Finale: ho trascorso la serata con visiera e cappuccio, cercando di coprirmi da sguardi fissi ed ossessivi. Cercando di coprire le mie ferite, il mio intimo che nessuno capisce. Mi aspetto più comprensione dalle tipe invece zero. Mi sono vergognato e mi sono ritirato dal gioco di società qual è la vita.
Morale: ho perso una battaglia.