Lo specchio che ti guarda dentro

Data: 01/04/04

Rivista: aprile 2004

Il Gioco degli Specchi è un progetto nato da un’idea dei volontari dell’Atas Onlus (Associazione trentina accoglienza stranieri) per fare sensibilizzazione verso le altre culture. Gli ideatori sono stati appoggiati ed affiancati dal Comune di Trento attraverso gli assessorati alla Cultura, delle Biblioteche, delle Politiche per la Pace e per le Pari Opportunità. All’interno di un ottica di espansione e integrazione a tutto tondo, il Gioco vede e incentiva la partecipazione di diverse associazioni trentine, gettando uno sguardo anche oltre il territorio regionale.

Gli scopi perseguiti sono prevalentemente culturali e mirano all’integrazione degli immigrati attraverso un diverso approccio: la conoscenza della loro specificità culturale per l’appunto. Per conoscere qualcosa in più parliamo con Maria Rosa Mura, una delle anime del progetto.

“Nella nostra società, ci dice, c’e sempre più interesse per la realtà dell’immigrazione, anche perché ci coinvolge un po’ tutti”. E afferma che “secondo la mia personale opinione è importante conoscere prima la nostra cultura”. L’interculturalità insomma è un interessante mezzo per crescere. “Il nome Gioco degli Specchi – ci spiega, – deriva dal fatto che mi riconosco nella cultura dell’altro. Andiamo anche nelle scuole e in mezzo alla gente comune, per insegnare il nostro passato coloniale. È troppo facile parlare del Portogallo, della Spagna o dell’Inghilterra! Noi abbiamo un nostro passato e non dobbiamo dimenticarcelo. Inoltre l’Italia era fino a poco tempo fa terra di emigrazione”. Insomma gli spunti sono molti.

“Ci sono molti modi per arrivare ad una persona diversa, per farle capire che la diversità è una ricchezza, – dice la Mura. – Noi lo facciamo attraverso eventi, quali festival letterari, mostre, laboratori teatrali, studi, conferenze, dibattiti”. Il festival di letteratura organizzato lo scorso anno ha visto la partecipazione di ben 59 autori e studiosi da tutto il mondo. L’idea innovativa, ci si conceda il termine, è il far incontrare le persone in modo semplice.

Se la provochiamo chiedendole dove sta e se esiste un limite all’immigrazione, lei ci risponde con pacatezza e sincerità: “A mio parere ci dovrebbe essere più libertà. I flussi migratori sono legati ad una questione naturale: se una persona scappa dal suo Paese per necessità economiche si ferma lì dove questo bisogno viene appagato. Se l’immigrato non trova lavoro, se ne va. Le leggi in questo campo mi sembrano tutte ingiuste”. Se andassimo a sconfinare nel vasto campo delle ipotesi, quasi un mondo fatto di sogni, “bisognerebbe avere rapporti con i Paesi da cui provengono gli immigrati. Sarebbe bello poter prevenirne la fuga”. Ma se usciamo dalla favola e rientriamo nel mondo reale “lo scopo sociale che ci prefiggiamo è quello di mescolare il più possibile”.

Dopo un lungo viaggio sbarca a Trento il Cinema Migrante

Come evento clou di quest’anno il Gioco degli Specchi ha organizzato una rassegna cinematografica dal titolo Cinema Migrante.

È la prima volta e si può dire che questo è un mezzo esperimento visti alcuni intoppi tecnici (il primo giorno mancava il film principale, ci sono stati problemi con l’audio). Fortunatamente dopo un inizio tutto in salita il buon numero di partecipanti e l’interesse suscitato dalla sapiente organizzazione pensiamo abbiano soddisfatto le aspettative della vigilia.

Nelle mattinate si è avuta una buona partecipazione da parte delle scuole. Questo momento era stato pensato proprio per gli studenti: si è dato spazio al dibattito sull’integrazione razziale, con l’obiettivo di sensibilizzare le nuove generazioni. Gli spunti offerti dai filmati sono stati elaborati dai ragazzi che sembrano aver apprezzato la novità dell’evento.

Durante questa settimana nello spazio Foyer è stata allestita una mostra di Arte Islamica: Le Vie del Cielo, di Nadia Valentini Alla presentazione della mostra l’artista, italiana convertita all’Islam, ha affermato di aver trovato nella religione musulmana un’interpretazione della religiosità che sentiva più propria. Nelle sue opere, che prendono spunto dalle sure del Corano, i colori e le forme nascondono un percorso interiore alla scoperta di Dio.

Noi abbiamo partecipato alle proiezioni del pomeriggio del 4 marzo, per offrirvi un assaggio dei temi affrontati. Molti sono gli spunti che potrebbero essere evidenziati. Entriamo nel teatro che è appena partito un breve filmato amatoriale in bianco e nero, con delle immagini dai contorni sfumati. Esso ritrae la storia della famiglia Vaccaro, dallo sbarco in America alla fortuna fatta di babà, attraverso decenni di stenti e pregiudizi subiti.

La seconda proiezione è un cortometraggio realizzato da una maestra di Prato. In pochi minuti veniamo a contatto con la difficile realtà della comunità cinese del posto. Siamo sempre pronti a giudicare, ma quanto è difficile integrarsi sia quando siamo i diversi che quando arrivano tra noi dei diversi?

Infine un lungo documentario dell’Istituto Luce sugli italo-americani dei primi decenni del secolo scorso: c’è chi ha fatto fortuna e chi sta ancora cercando la sua strada. Nel loro italiano incespicante gli emigrati ricordano con una punta di malinconia la patria che hanno dovuto lasciare. Nonostante tutto, a quanto si evince dal filmato, sono stati molti gli immigrati italiani a far grande gli Stati Uniti, al di là della fama che accompagna da sempre la storia di quell’emigrazione.

Tutti i film, i cortometraggi e i documentari sono stati poi proiettati in una non stop trasmessa nella giornata di domenica, a conclusione dell’evento.

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