L’Oms cancella l’handicappato

Data: 01/06/02

Rivista: giugno 2002

Si è conclusa recentemente a Trieste la Conferenza mondiale su salute e disabilità nella quale sono state messe a fuoco le nuove classificazioni che l’O.M.S. intende usare per definire le disabilità delle persone. Alla conferenza hanno partecipato i rappresentanti di settanta stati dei 191 paesi che hanno accettato lo standard internazionale per misurare e classificare salute e disabilità. Le relazioni presentate sintetizzano anni di lavoro che gli esperti dei vari stati hanno elaborato in gruppi interprofessionali sia universitari che operativi.

Da Trieste in pratica è partita una rivoluzione culturale che come ha evidenziato anche il ministro della sanità Sirchia, modifica le conclusioni che l’organizzazione mondiale della sanità aveva codificato nel 1980 con il tentativo di uniformare e sistematizzare il concetto di handicap. Tale classificazione si basava sul concetto più medico che sociale che distingueva fra menomazione, disabilità ed handicap.

Naturalmente le leggi si adeguarono a questa concezione, basta pensare alla certificazione dell’handicap prevista dall’art. 3 della legge 104/1992.

Quindi il fatto di essere portatore di una menomazione o di un fatto morboso invalidante o di un handicap grave, spesso era visto come un aspetto importante anche perché la certificazione offriva la possibilità concreta di un sussidio o di una occupazione lavorativa come categoria protetta.

Molte sono state in questi anni le critiche a questo modo di concepire le classificazioni per cui l’OMS ha voluto una nuova certificazione che parte non più da concetto di handicap, eliminando quindi l’uso di questo termine. La nuova impostazione quindi evidenzia non quello che manca alle persone, ma una scala di valutazione del grado di salute delle stesse.

È quindi uno strumento che consente di valutare, per ogni cittadino che ne faccia richiesta, non l’incapacità in se, ma quanto l’individuo è in grado di fare, gli ostacoli da rimuovere o gli interventi da effettuare perchè lo stesso possa raggiungere il massimo della propria realizzazione.

Come è facile comprendere è il superamento della sola visione sanitaria, con la necessità di una valutazione integrata dei servizi socio.sanitari.

Un salto di qualità nel complesso mondo della classificazione dei deficit, che a nostro parere devono integrarsi con una crescita cultura della società verso tutte le persone a di la della loro situazione socio, sanitaria e lavorativa.

Chi volesse approfondire l’argomento il Trentino a Trieste era presente con la casa editrice Erikson che ha pubblicato per l’Italia i lavori preparatori in un volume che può essere richiesto anche via e-mail.

Per cercare una definizione capace di delineare con precisione chi vada considerato “handicappato” e cosa “handicap” evitando eufemismi, circonlocuzioni e termini affievoliti utili soltanto a non alludere al difetto oppure ad attenuarne la complessità, nel 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) pubblicò la “Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli Svantaggi Esistenziali” (International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps ICIDH). In essa si indicavano le condizioni della situazione di “handicap” distinguendone tre livelli interagenti ed interdipendenti:

Menomazione: era riferibile a qualsiasi perdita o anomalia permanente a carico di una struttura anatomica o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica (esteriorizzazione).

Disabilità: per essa si intendeva qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività di base (quale camminare, mangiare, lavorare) nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano (oggettivazione).

Handicap: era la condizione di svantaggio, conseguente ad una menomazione o ad una disabilità, che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento di un ruolo sociale considerato normale in relazione all’età, al sesso, al contesto socio-culturale della persona (socializzazione).

Questa triplice articolazione mirava a rendere definibili separatamente ma in modo continuo ed in forma consequenziale, gli aspetti che di norma ricorrono in un processo invalidante e precisamente:

La menomazione: si riferisce a qualunque perdita o anormalità, transitoria o permanente, a carico di una struttura (compresi arti o tessuti) o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica. È un termine più comprensivo di disturbo, poiché riguarda anche le perdite: per esempio la perdita di una gamba è una menomazione ma non un disturbo.

La disabilità: si intende, nell’ambito delle evenienze inerenti la salute, qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a menomazione) della capacità di compiere un’attività nel modo o nell’ampiezza considerati normali per un essere umano. Le disabilità, come le menomazioni, possono avere carattere transitorio o permanente ed essere reversibili o irreversibili, progressive o regressive. Possono insorgere come conseguenza diretta di una menomazione o come reazione del soggetto, specialmente da un punto di vista psicologico, a una menomazione fisica, sensoriale o di altra natura.

La disabilità rappresenta l’oggettivazione della menomazione e come tale riflette disturbi a livello della persona. Essa quindi si riferisce a capacità funzionali estrinsecate attraverso atti e comportamenti che per generale consenso costituiscono aspetti essenziali della vita quotidiana.

Lo svantaggio: soltanto ad esso si potrebbe a rigore applicare il termine inglese di handicap inteso come difficoltà subita dal menomato o dal disabile nel confronto esistenziale con gli altri e nella realizzazione del ruolo sociale cui, in stato di normalità, avrebbe ragione di aspirare. L’OMS definisce quindi l’handicap come quella condizione di svantaggio conseguente ad una menomazione oppure disabilità che in un soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo normale per il soggetto stesso in relazione alla sua età, al sesso e a fattori socioculturali. L’handicap è caratterizzato dal divario tra efficienza o stato del soggetto e le aspettative di efficienza o di stato sia dello stesso soggetto sia del particolare gruppo di cui fa parte.

L’handicap rappresenta pertanto la socializzazione di una menomazione o di una disabilità e come tale riflette le conseguenze, culturali, sociali economiche ed ambientali che si ripercuotono sull’individuo a causa delle sue difficoltà.

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