Magdalene

Data: 01/02/11

Rivista: febbraio 2011

Premiato nel 2002 con il “Leone d’Oro” a Venezia, la pellicola di Peter Mullan tratta un argomento delicato quanto controverso. Ispiratosi al documentario “Sex in a cold climate”, racconta in chiave cinematografica ciò che accadeva all’interno delle cosiddette “Case della Maddalena”. Ci troviamo nell’Irlanda degli anni ‘60, in una società la cui moralità era dominata dai dogmi della chiesa cattolica. Margaret, Bernadette e Rose hanno storie diverse ma accomunate dal medesimo destino, che le porteranno a condividere le stesse sofferenze fra le mura di una di queste strutture. Forse nemmeno le tre giovani sanno spiegarsi il perché di ciò che succederà loro, tuttavia per la Chiesa si sono macchiate di peccati tanto gravi da dover essere espiati ad ogni costo; l’essere vittima di una violenza sessuale, l’avere un figlio al di fuori del matrimonio o essere considerata troppo “avvenente” facevano di loro creature tanto immonde da dover essere purificate. Ripudiate addirittura dai propri genitori, le giovani venivano affidate alle suore di una delle tante case della Maddalena presenti sul territorio irlandese, che avevano il compito di “purificarle” dai loro peccati. Le tre ragazze, una volta trasferite presso l’istituto, vengono introdotte al cospetto della “madre superiora”, sorella Bridget. Intenta a contare dei soldi, enuncia alle giovani la “filosofia” delle Case Magdalene: “Grazie al potere della preghiera, della pulizia e del duro lavoro, le donne perdute possono ritrovare la strada verso Gesù Cristo, nostro Signore salvatore”. La realtà era che, una volta varcata la soglia di una di queste strutture, le peccatrici venivano private di qualsiasi cosa: dai vestiti alla propria femminilità, dalla libertà di parola fino al divieto assoluto di instaurare qualsiasi tipo di contatto o di rapporto con le coetanee. Senza dimenticare le punizioni e le umiliazioni che venivano quotidianamente inflitte loro, con il minimo pretesto, dalle suore, sino ad arrivare a veri e propri abusi sessuali da parte, invece, dei preti.

Le vie d’uscita erano poche: quelle meno “drastiche”, ossia decidere a loro volta di farsi suore presso le Case della Maddalena oppure aspettare che un familiare o un parente le venissero a prelevare (caso raro). Le alternative erano tentare la fuga, consapevoli delle immancabili ritorsioni che avrebbero subito in caso di insuccesso o, nella peggiore delle ipotesi, attendere la morte all’interno di quelle mura.

Il film in questione non è facile da commentare e non può essere valutato sotto l’aspetto meramente tecnico; ognuno deve sentirsi libero di trarre le proprie conclusioni in merito, con il consiglio di visionare anche il documentario (“Sex in a cold climate”) che rappresenta la base di quest’opera di Peter Mullan. Sicuramente, però, merita una menzione particolare l’elevata qualità recitativa delle protagoniste, perfette nei loro ruoli e capaci di trasmettere alla perfezione la drammaticità delle vicende. Il regista, che appare in una scena quale padre di una ragazza che aveva tentato la fuga, lascia in eredità allo spettatore un inquietante elemento di riflessione: in apparenza, la conclusione più semplice sembrerebbe quella di condannare la Chiesa per ciò che accadeva all’interno di queste case di “riabilitazione”. Ma non è, invece, più logico e razionale soffermarsi sul ruolo che ha avuto in quest’ambito la società, in questo caso irlandese, e su quanto essa sia realmente la responsabile della segregazione di queste donne?

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