Gli ultimi mesi hanno evidenziato una realtà tristemente nota: le persone con specifici bisogni e necessità non trovano risposte adeguate nel sistema di gestione dell’emergenza. Tra le molteplici difficoltà che le persone con disabilità si sono trovate ad affrontare, una in particolare è quella legata alla comunicazione e più precisamente alla complessità nel comunicare con le mascherine. Uno strumento prescritto, non solo al personale sanitario e agli addetti alla gestione dell’emergenza come dispositivo di protezione individuale (DPI), ma all’intera popolazione come unico sistema – in combinazione alla distanza sociale – per la riduzione del rischio di contagio, a propria tutela e nel preservare gli altri dal virus che si è rivelato letale.
L’introduzione di questi dispositivi, in ogni tipologia e forma, si è rivelata di particolare disagio per le persone sorde, in quanto non possono effettuare la labiolettura, ovvero la lettura delle labbra per comprendere ciò che l’interlocutore dice. Non possono gesticolare, se l’interlocutore non conosce la Lingua dei Segni, e non possono percepire in maniera limpida né il tono né il volume della voce dell’interlocutore.
A seconda del tipo di sordità e dell’esperienza individuale, sono diverse le esigenze e le modalità di comunicazione per ogni persona e ciascuno sceglie il modo di comunicare più consono alle proprie abilità. Di conseguenza l’autonomia e l’indipendenza della persona sorda viene sempre meno.
Cosa vuol dire “mascherine per i sordi”? Posta così sembra che siano solo le persone sorde a doverle indossare, mentre in realtà tutti dovrebbero usarle, per consentire a questa gente in difficoltà di vedere con chiarezza le labbra dell’interlocutore.
E anche sul vedere con chiarezza sorgono ulteriori criticità, poiché percepire appena la bocca in movimento dietro la finestrella trasparente, che per altro è soggetta a riflessi, non aiuta certo la persona che legge il labiale nella comprensione. Per effettuare questo particolare tipo di lettura, infatti, non deve esserci alcun disturbo a compromettere la visibilità della bocca, mentre tutti i dispositivi finora prodotti in Italia non rispondono a questo fondamentale requisito. Ad oggi la trasparenza è garantita unicamente da materiale plastico, che nella maggior parte dei casi è soggetto ad appannamento, e molti dei modelli prodotti ha una finestra di piccole dimensioni, tali da non consentire una buona visibilità della bocca. Se si considera anche l’ombra proiettata sul viso, all’interno della mascherina, dal materiale opaco di supporto che contorna la finestra trasparente e che costituisce la struttura vera e propria del dispositivo, si può capire quanto difficoltoso sia per un non udente comprendere i propri interlocutori.
Sono molteplici i requisiti che una mascherina dovrebbe soddisfare per garantire una buona comunicazione: si passa dall’ergonomia del dispositivo, alla trasparenza e alla necessità di mostrare quanto più possibile il volto per la lettura non solo delle labbra, ma anche della mimica facciale, attraverso la quale ciascuno di noi comunica e si mette in relazione con l’altro. Garantire la comunicazione empatica dovrebbe essere l’obiettivo di chi progetta questi dispositivi, ma per fare ciò è necessario strutturare percorsi che prevedano la multidisciplinarietà e la partecipazione.