La tecnologia per modificare il DNA di un embrione non è una novità, essa viene già utilizzata in molti laboratori in tutto il mondo, ma esclusivamente sugli animali e solo in qualche rarissimo caso sugli esseri umani. Tra questi ultimi, l’esperimento più degno di nota, finora, è quello svoltosi in Cina nell’ottobre 2018, ad opera dello scienziato He Jiankui.
Nonostante non vi siano conferme scientifiche al riguardo, sembra che He Jiankui abbia condotto il test durante i trattamenti di fertilità di sette coppie, alterando gli embrioni. Si trattava, in particolare, di embrioni di coppie i cui genitori erano sieropositivi. Solo una di queste gravidanze sarebbe poi giunta a termine.
L’obiettivo del ricercatore non era quello di curare o prevenire patologie ereditarie, bensì di modificare il Dna dei feti, rendendolo resistente a future infezioni da Hiv, il virus dell’Aids. Per farlo He Jiankui avrebbe cercato di disattivare, tramite il Crispr (il sistema per “tagliare” e “modificare” il DNA), il gene CCR5, una vera e propria ‘porta d’ingresso’ per l’Hiv all’interno della cellula.
Ora quindi esiste la consapevolezza che sia possibile modificare geneticamente gli embrioni, con tutto ciò che questo comporta. Implicazioni etiche, ad esempio, vengono sollevate soprattutto per quel che riguarda la possibilità di creare esseri umani modificati su misura, non solo per renderli più resistenti alle infezioni, ma anche per avvicinarli ai nostri canoni di normalità e bellezza. Oltretutto alcuni ricercatori, autori di un’analisi sistematica pubblicata nel luglio 2018 su Nature Biotechnology, hanno dimostrato come sia notevole il rischio di “modifiche fuori bersaglio” e “arrangiamenti” del Dna, difficili da prevedere e che possono portare a mutazioni genetiche e/o a gravi problemi di sviluppo.