Il film-documentario, girato dal regista Sembene Ousmane, si intitola “Moolaadè” e, ambientato in un villaggio africano del Burkina Faso, pone l’attenzione sui problemi annessi alla tecnica dell’escissione dei genitali femminili e della libertà delle donne nei paesi africani musulmani. La trama si sviluppa seguendo la storia di una donna, Collè Argo, che decide di accettare la richiesta di moolaadè (protezione) di quattro bambine del villaggio che rifiutano di sottoporsi all’infibulazione. Anni prima Collè aveva evitato che la figlia fosse sottoposta al rito barbarico che lei stessa aveva dovuto subire da ragazza, rischiando la vita. Questo atto di ribellione inaccettabile la porta ad essere esiliata e attaccata sia dai capi maschi sia dalle altre donne del villaggio. I primi, rendendosi conto del rischio che comporta un simile atteggiamento, decidono di ritirare subito il primo mezzo di libertà e istruzione che, da pochi anni, si è diffuso nei villaggi: la radio. Attraverso i suoi programmi infatti alle donne viene data maggiore consapevolezza di quelli che sono i loro diritti e i rischi nel sottoporsi a simili pratiche, spacciate come atti purificatori. La radio infatti è uno dei pochi mezzi che riesce, nei paesi del terzo mondo, ad essere diffusa ed a trasmettere il valore della libertà e della vita. Un po’ alla volta le donne iniziano a comprendere che l’atto di Collè Argo non è dettato dalle ragioni sbagliate e, dopo aver assistito all’ennesima vittima delle escissione genitale, decidono di mettersi al fianco della coraggiosa donna che non si è piegata ne all’emarginazione ne alle botte subite dal marito che aveva tentato di dissuaderla dal suo scopo. Una volta unite nella lotta contro l’infibulazione le donne diventano troppo forti per essere contrastate dai mariti e così, grazie al loro coraggio, riescono finalmente a far cadere la terribile tradizione che aveva già rubato la vita a molte loro sorelle e figlie.
In tutto il lungometraggio risultano estremamente chiari i motivi per cui la tradizione, per quanto barbarica, ancora persiste. I villaggi del terzo mondo, spesso a causa della loro povertà, si basano spesso su tre principali pilastri: disinformazione, superstizione e cultura maschilista. La donna in questi contesti è vista come una merce di scambio a cui l’escissione aumenta il valore di vendita. Per tradizione alla famiglia della sposa vengono fatti preziosi doni da parte del marito che assicurano una condizione economica migliore a tutti i membri della casa. Se illibata, la ragazza avrà un prezzo di scambio maggiore e questo spiega il perché la tradizione si è perpetuata fino ai giorni nostri.
Il problema dell’infibulazione è quindi molto diffuso e complicato da combattere in quanto, facente parte di un sistema culturale, è radicato nella mentalità stessa della persone. Questo ci fa comprendere come, prima di tentare di eliminare la pratica, sia necessario spingere la popolazione femminile a rivolgersi a strutture sanitarie attrezzate. Questo dev’essere fatto per diversi motivi. Primo: per limitare il rischio di infezioni che sono la maggior causa di mortalità per chi si sottopone all’intervento in un ambiente non ambulatoriale. Secondo (ma non meno importante): per permettere a ciascuna donna una reale scelta. Infatti ciò permetterebbe a coloro che volessero perpetuare la tradizione di sottoporvisi in maniera sicura e, a coloro che non volessero, darebbe la possibilità di non essere obbligate dal consiglio del villaggio in quanto, rivolgendosi all’ospedale, avrebbero il diritto di rifiutare l’operazione. Terzo: per avere un’informazione medica di quello che accadrà al corpo mutilato ed ai maggiori rischi che porterà in caso di gravidanza e probabili infezioni. Il percorso da fare è quindi lento e deve seguire piccoli passi in modo da sgretolare poco alla volta la struttura che regge questo tipo di violazioni del corpo femminile. Chi ha voluto tutto e subito ha ottenuto ben pochi risultati: il veto assoluto da parte dei governi fallisce contro la più radicata tradizione. Ne è la prova il fatto che in alcuni stati sono state emanate leggi che vietavano l’escissione ma i risultati non hanno dato l’esito sperato: la situazione non si è comunque modificata. In Africa infatti, sebbene vi siano governi in ogni singolo Stato, rimane molto più forte il potere dei capi dei villaggi che viene maggiormente osservato e riconosciuto dai cittadini. Ma non per questo bisogna pensare che la situazione non sia modificabile. Un po’ alla volta, tramite l’informazione e la maggior consapevolezza della libertà di scelta, si potrà vedere sconfitta questa prevaricazione dei diritti della donna. Bisogna stare attenti però: lo si potrà fare solo se si tenterà di comprendere il punto di vista di una cultura diversa dalla nostra senza tentare di soffocarla.