Non arrendersi mai!

Data: 01/02/12

Rivista: febbraio 2012

Il paesaggio scorre veloce quasi visto dal finestrino di una locomotiva. Curve, boschi, strapiombi e più in alto solo le alture più ripide generano emozioni. Dall’interno dell’abitacolo, però solo il rombo del motore riempie la mente del pilota concentrato nel recuperare ogni centesimo possibile oltre ogni curva.

Il casco stringe sugli zigomi, le cinture si sicurezza sono tese e imbracano come se fossero un tutt’uno con le articolazioni.

I ritmi sono velocissimi: quarta, terza, decelerare, per inforcare la curva successiva inseguendo il tempo, per poi uscire dal tornante e dare tutto il gas possibile fino al breve rettilineo.

Alla guida c’è Luca Donateo, il trentaduenne pilota toscano disabile. Lo abbiamo raggiunto e ci siamo fatti raccontare la sua incredibile storia di uomo e di pilota.

Trafelato, ancora con la tuta indosso e con un sorriso scintillante dice di se: “sono nato a Chiusi, in provincia di Siena, il 30 luglio 1978. Dicono che ho le corse nel sangue perché a diciotto mesi sono scappato via da un grande magazzino di giocattoli in sella a una moto elettrica con i miei genitori allibiti fermi alle casse. A tre anni me ne andavo in giro con una Lotus Jhon Player Special a pedali.

La passione per le corse e i motori l’ho sempre avuta dentro, ad esempio, a scuola i miei compagni guardavano le partite di calcio, io cercavo le macchine e compravo le riviste automobilistiche. Ho imparato a guidare con la playstation che mi permetteva anche di conoscere tutti i circuiti di gara.

Ho svolto il servizio militare in Artiglieria, chiaramente come conduttore di mezzi. Mi sono dato al ballo latino americano ottenendo anche buoni risultati agonistici (2° posto ai regionali nel 2002) e insieme con alcuni amici ho creato un gruppo di musica rock: “Il complesso di Elettra”.

Ho sempre messo impegno e passione nel mio lavoro di chimico, ottengo grandi soddisfazioni professionali e personali.

La mia vita? Una corsa continua, con gioie, dolori, soddisfazioni, problemi dell’età, fino al 30 luglio 2004, giorno del mio 26mo compleanno.

Andavo al lavoro in sella alla mia moto e un’auto mi ha tagliato la strada, invadendo la mia corsia di marcia.

Nonostante l’urto sia avvenuto a velocità estremamente ridotta (35Km/h dai rilevamenti dei Carabinieri), i danni riportati sono stati gravissimi, tanto che in ospedale non mi danno possibilità di salvezza. Non riuscivo a muovere niente, sentivo pianti e grida. Ero terrorizzato, avevo paura. Ricordo l’ambulanza e l’arrivo in ospedale. Di quei momenti “eterni” mi ricordo una straordinaria lucidità.

L’assurda consapevolezza della situazione: lesione midollare D9. Ricordo che un dottore, convinto che non fossi cosciente, mi disse: “Noi abbiamo fatto il possibile, ora dipende solo da te”.

Come avviene solo in certi casi è la grinta che fa la differenza. E la grinta a Luca non è mai mancata. Ha continuato a combattere senza abbattersi mai, merito sopratutto di una grande carica interiore, della famiglia e di quegli amici che non l’hanno mai lasciato solo.

Le sue condizioni fisiche poco tempo dopo l’incidente migliorano, permettendogli di poter effettuare gli interventi necessari. Poi terapie, riabilitazione e lunghi mesi di ricovero.

Quando continua il suo racconto, quasi con ironia ci dice: “sono uscito dall’ospedale su di un trono in carbonio e titanio, portando con me i segni della battaglia, ma con gli occhi e il sorriso di chi ha vinto la sua guerra.

In ospedale non mi ero reso conto del mio cambiamento, decisamente tangibile, ma di quanto ora fosse diverso il mondo fuori. Adesso ci sono porte, gradini, scale, strade, locali, auto, scaffali esclusivamente progettato e realizzato per persone “normali”. 26 anni, per “costruire” quello che era il mio mondo e adesso non c’era più.

Tornato a casa, pensavo di aver perso tutto, era normale che mi sentissi triste quasi una vittima del mondo. Mi sono chiesto tante volte perché era successo proprio a me oppure se avessi sbagliato qualcosa. Alla fine ho capito che dovevo rimboccarmi le maniche.”

Luca si è rimesso in gioco e con impegno e grinta ha costruito una nuova strada. Si è allenato duramente ed è riuscito a superare i test e le prove necessarie per diventare un pilota “vero” e a guidare una vettura che nessuno, con una paraplegia, aveva mai guidato, una formula a ruote scoperte. Luca voleva fare di più ad esempio gareggiare nelle cronoscalate.

Il suo sorriso è diventato un simbolo gara dopo gara e l’eco del suo motore era sempre più forte.

Adesso ha più di qualche vettura da corsa allestita per la guida manuale con le quali offre un servizio di scuola e noleggio per tutte le persone che vogliono percorrere la sua strada, magari per realizzare un sogno, come è stato per lui.

Ci dice ancora ammiccando alla sua auto da corsa: “Mi piace rapportare le gare con la vita di tutti i giorni, perché la vita è spesso in “salita” e come nelle gare in salita ci sono tratti facili, tratti sconnessi, curve veloci dove assaporare il brivido e tornanti lenti dove per ripartire si deve rimettere la prima marcia. Poi ancora rettilinei ampi e visibili o curve cieche dove si può contare solo su se stessi. E quando capita di sbandare o di finire fuori strada, si deve avere la forza e il coraggio di rimettersi in pista e riprendere il via. Perché dalla partenza la montagna sembra molto alta e l’arrivo lontanissimo, ma quando arrivi in cima e guardi giù, non si può fare a meno di sorridere soddisfatti!

Infine, l’aria fresca entra nei polmoni annullando la fatica e in un momento, si è di nuovo pronti per ricominciare.”

Mi parli della tua carriera di pilota, cosa sei riuscito a realizzare?

“Mi fa strano parlare di “carriera da pilota” perché dico sempre che più di un pilota io sono uno che si diverte correndo! Affrontando seriamente l’argomento mi ritengo molto soddisfatto del mio percorso. Dalle ricerche fatte sembra che io sia il primo pilota disabile ad aver preso parte ufficialmente a una competizione titolata con una vettura formula (a ruote scoperte).

E già questo mi sembra un buon risultato, poi nel 2009 ho vinto il titolo italiano E1 Italia classe 1150 con la mia Citroen C1 CUP nel Campionato Italiano Velocità Montagna, unico pilota disabile di tutto il campionato ovviamente in classe con tutti gli altri normodotati. La vera fortuna è stato il tocco magico di “Fadiel Italiana” creatore di dispositivi di guida per disabili, che grazie ad impegno e dedizione mi ha dato la possibilità di guidare la macchina al meglio, cancellando la differenza di prestazione che deriva dalla guida manuale rispetto a quella normale con i piedi.

Adesso sto preparando la prossima sorpresa, per me e per quelli che vorranno provare, una vettura per fare “Drifting” nuova specialità estremamente divertente e tecnica, nella quale si guida la vettura in sovrasterzo.

E anche qui l’apporto di Fadiel Italiana è stato sublime, sistemando i dispositivi di guida al punto di permettermi di far letteralmente “danzare” la macchina”.

Che sensazione ti dà la velocità?

“La velocità è un brivido e i cavalli non bastano mai, sentire la macchina in curva al limite mi blocca il respiro”.

Sono tanti i piloti disabili che possono permettersi di guidare una monoposto?

“Sono tantissimi. Organizziamo giornate in pista a prezzi assolutamente accessibili, dalla semplice prova a vere e proprie sessione di allenamento, fino alla partecipazione di gare vere e proprie. C’è chi è solo curioso di provare a chi è intenzionato a intraprendere lo stesso percorso che ho fatto io.”

Sapevi che prima di te l’idea di una scuola per piloti disabili era stata di Clay Regazzoni?

“Avvicinare il mio nome al suo è per me motivo di profondo orgoglio e umiltà.

La mia idea è nata quando dopo il “rumore” che avevo fatto con la vettura formula, hanno cominciato a cercarmi in molti con problemi simili ai miei, chiedendomi come avevo fatto e dove avrebbero potuto provare una vera vettura da corsa.

La federazione non ne ha allestite per la guida manuale e allora ho deciso di provarci io. Perché io quando sono dentro quella gabbia sto bene”.

Hai realizzato tutti i sogni oppure ne hai ancora qualcuno da realizzare?

“I sogni non finiscono mai… dopo ogni bandiera a scacchi c’è un nuovo semaforo verde…

Vorrei partecipare almeno una volta alla 24 ore del Nürburgring”.

Luca Donateo si congeda da noi con una personale riflessione: “la strada per ottenere i risultati migliori è anche quella più difficile e faticosa, ma le grandi guerre si vincono combattendo una battaglia alla volta che capiterà anche di perdere, ma non bisogna arrendersi mai.”

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