Notizie dai palazzi, giugno 2004

Autori:Redazione

Data: 01/06/04

Rivista: giugno 2004

Danni da vaccino
Tribunale di Trento. La Corte d’appello di Trento ha accolto il ricorso presentato dall’avvocatura dello Stato, per conto del Ministero della salute, negando ad una donna di 45 anni l’indennizzo di circa 140 mila euro riconosciutole in primo grado dal giudice Giorgio Flaim. La signora, oggi 43 anni, fu colpita da poliomielite 5 giorni dopo essere stata sottoposta a vaccino tipo Salk (con virus ucciso). Allora ovviamente nessuno sospettò che la malattia potesse essere stata causata dal vaccino utilizzato per combatterla. Il primo ostacolo per i legali fu quello di vedere riconosciuto il diritto al risarcimento e per questo avevano dovuto percorrere la strada del ricorso alla Corte costituzionale. Poi è decollata la causa vera e propria, un procedimento che appariva in salita per i legali della donna perché ufficialmente non esistevano contagi addebitabili a vaccino tipo Salk (tutte le condanne in passato, infatti, erano su vaccini tipo Sabin). In primo grado i legali della donna erano riusciti a mettere alle strette il ministero costringendolo, attraverso il giudice, a fornire la prova che erano già stati pagati altri indennizzi per vaccini tipo Salk. Ciò in qualche modo significava riconoscere che il nesso di causalità può esserci anche nei casi di somministrazione di virus morto. Questo elemento era stato determinante nel convincere il giudice Flaim a riconoscere alla donna un indennizzo di circa 140 mila euro. Si trattava di una cifra già ridotta per effetto di una legge che abbatte del 70 per cento l’ammontare degli arretrati, rispetto agli oltre 400 mila euro stimati. Ma ora tutto viene rimesso in discussione. Anzi, la donna rischia di dover restituire anche quanto già ricevuto a titolo di provvisionale.
Arriva il Liceo per studenti-atleti
Ha già sollevato grande interesse, almeno a giudicare dal centinaio di persone in aula alla presentazione, il «Liceo tecnologico per studenti che praticano attività sportiva» al via il prossimo settembre presso l’istituto Pozzo di Trento. Un nome complesso, come travagliato è stato l’iter di questa scuola secondaria che si rivolge a ragazze e ragazzi che praticano un’attività sportiva a livello agonistico e risultano iscritti ad una federazione sportiva. Ci sono voluti almeno quattro anni nonché alcune riletture, come spiegato a due voci da Iva Berasi (assessore allo sport) e Tiziano Salvaterra (assessore all’istruzione), per giungere ad un’innovativa offerta capace di coniugare la formazione scolastica (gli iscritti conseguiranno il diploma tecnologico per geometri) all’attività agonistica. Il punto di partenza è un dato oggettivo: troppo spesso lo studio viene tralasciato se addirittura non completato per la difficoltà di conciliare i due impegni. Ora, a risultato di un progetto condiviso tra assessorati allo sport, all’istruzione e sovrintendenza scolastica, sarà possibile coniugare una formazione scolastica qualificata, che permetterà di accedere a tutti gli indirizzi universitari e corsi post diploma, con una cornice organica ma flessibile per studenti che intendano percorrere in parallelo le due carriere (l’Adige-14 maggio2004)
Droga nelle scuole
Nuove misure contro la droga a scuola. Il presidente di Alleanza nazionale del Trentino Marco Zenatti ha proposto un controllo in bocca agli studenti per sapere se si drogano. «Si tratta di un controllo oro-faringeo che va fatto a scuola. Una sorta di esame enzimatico introducendo uno stick in bocca e testando la saliva. In tal modo è possibile accertare con metodo sicuro se il giovane fa uso di spinelli o di droghe, leggere o pesanti che siano.
Poi, una volta scoperto, in via riservata viene comunicato alla famiglia che il figlio si droga». «La sollecitazione per una proposta di questo tipo ci viene dalle stesse famiglie, che spesso non conoscono come stanno veramente le cose. Anzi, capita di sentire genitori che dicono: ah, se lo avessi saputo. Nessuno mi ha mai aiutato a scoprirlo».
Ogni scuola si organizza per uno screening generale della popolazione studentesca. Si informano le famiglie di questa possibilità, e quelle che sono interessate comunicano alla dirigenza scolastica che intendono sottoporre il loro figlio ai controlli. A quel punto, l’esame per lo studente, diventa obbligatorio e non può sottrarvisi. Poi, una volta fatti i prelievi, le comunicazioni vengono inviate direttamente a casa alle famiglie, che quindi possono prendere i provvedimenti che più ritengono opportuni nei confronti dei loro figli». Secondo Zenatti, provvedimenti analoghi sono già stati adottati anche in altre regioni italiane, e pertanto non devono scandalizzare.
Far deporre i minori
Trento, tribunale dei minori. Il procuratore della presso il Repubblica tribunale dei minori di Trento, Gian Cristoforo Turri, ha lanciato a Firenze un appello a tutte le istituzioni competenti «affinché sia assicurato concretamente l’esercizio del diritto di parola ai bambini e agli adolescenti nei procedimenti che li vedono parte in causa». Il messaggio è stato divulgato ieri in occasione del primo incontro nazionale sulla giustizia minorile organizzato dall’Unicef e dall’Istituto degli Innocenti. A garantire questo diritto è la Convenzione di Strasburgo, peraltro applicata con difficoltà. «I due principali ostacoli – ha detto Turri – sono il familismo e il paternalismo dominanti nella nostra cultura». Per il procuratore il problema riguarda l’intera società che non riconosce ancora al bambino ed all’adolescente un pieno esercizio del diritto di parola.
Giovani e alcolismo
Azienda Sanitaria. Roberto Pancheri, dirigente del servizio alcologia dell’Azienda Sanitaria di Trento, ha denunciato come l’alcol sia diventato nelle valli trentine un’abitudine per ragazzi sempre più giovani. I numeri sembrano non avere pietà quando affermano che ormai il consumo di alcol coinvolge addirittura il 27% dei ragazzi tra i 14 ed i 15 anni della val di Sole. Un dato davvero allarmante che diventa addirittura angosciante se lo si abbina al 45% dei ragazzi dai 14 ai 21 anni che consumano con una certa frequenza bevande alcoliche in val di Sole e nelle valli di Fiemme e Fassa.
Davanti a questa precocità nel bere, Pancheri spiega come sia necessario «anticipare la prevenzione» intervenendo nelle scuole medie ed elementari per formare insegnanti capaci di portare avanti un percorso didattico sui rischi dell’alcol. Bisogna che i ragazzi siano in grado di aumentare la propria stima senza ricorrere all’alcol e saper dire di no ai gruppi di pari che trovano nella birra e nel vino comodi rifugi alla loro fragilità.
La guerra in TV
Ciampi: no al “bombardamento mediatico”. No ad una informazione basata sulle immagini che “destano preoccupazione ed ansia”. Basta con l’ignorare i modelli positivi della società italiana. Carlo Azeglio Ciampi, ricevendo oggi al Quirinale i vincitori del premio “Cronista dell’anno”, ha chiesto che smetta questo bombardamento continuo di “negatività”, che è ben altra cosa rispetto alla sana denuncia dei problemi e del disagio. La presa di posizione di Ciampi giunge a 24 ore dall’ennesima polemica all’interno della Rai, scatenata dall’intervista di Paolo Bonolis a Donato Bilancia. Ciampi non ha citato né questo, né altri casi. Ma ha detto: “I cittadini chiedono sempre di più un’ informazione basata su modelli e comportamenti positivi, di impegno sociale, di nobiltà d’animo, di dedizione al prossimo, di sentimenti”. Sono stanchi di un “bombardamento continuo di negatività di immagini che crea preoccupazione ed ansia ed è diffuso in tutti gli spazi informativi”. “Certo, tutto deve essere raccontato senza censure o autocensure”, ha aggiunto, “tuttavia l’informazione sulla ricchezza di umanità nella società è importante quanto la denuncia dei problemi, del disagio, delle tragedie”.
Poveri italiani!
Eurispes, dati sulla povertà in Italia: Un’indagine realizzata da Eurispes ha messo in luce che più di 15 milioni di italiani sono a rischio povertà. Nel 2002, tra le famiglie povere, il 33% delle famiglie con un solo genitore, il 22% delle coppie con due figli ed il 33% delle coppie con tre o più figli non hanno avuto i soldi per comprare il cibo necessario, per pagare le bollette e per le cure mediche. Il dossier intitolato «Le famiglie italiane tra crisi, bisogni e nuove tendenze demografiche» ha evidenziato, tra le cause principali, soprattutto la caduta verticale della qualità dei servizi, ad esempio sanità e trasporti, lo smantellamento del welfare, la trasformazione del mercato del lavoro e l’impoverimento dei ceti medi L’Italia è inoltre uno tra i Paesi dell’Europa che spendono meno per la famiglia (0,9% del Pil): ben 15 Paesi superano il nostro, tra i quali il Portogallo (1,2%), l’Irlanda (1,9%)e la Grecia (2,1%). Anche i bisogni e le abitudini stanno cambiando: le famiglie ed i consumatori vogliono ottimizzare le risorse a disposizione, privilegiando la qualità ed il risparmio quotidiano e rinviando negli anni le grandi spese.
Alcool e giovani
Dati che testimoniano il consumo sempre più precoce di bevande alcoliche negli under 14 sono stati presentati dall’Istituto in occasione della giornata di prevenzione alcologica (Alchol Prevention Day). Secondo le elaborazioni dell’Iss sui dati Istat, sono circa 900mila i giovani al di sotto dei 16 anni che bevono abitualmente birra, vino e aperitivi alcolici. Si calcola che i giovanissimi (14-16 anni) consumatori di alcolici siano aumentati dai 781mila del 1998 agli 848mila del 2000, agli 870mila del 2001. Tra questi ultimi, circa 400mila abusano di vino, birra e altre bevande alcoliche e le più accanite consumatrici sono le ragazze, passate dal 35,7% del 1998 al 41,6% del 2001. Nello stesso periodo i consumatori fra i ragazzi sono aumentati dal 46,2% al 51,6%.I giovani consumatori abituali di alcolici preferiscono la birra, ma di solito il primo bicchiere che li conquista è una bevanda zuccherina e gradevole. I nuovi cocktail a base di frutta che li attirano tanto sono soltanto in apparenza innocui. Il loro contenuto alcolico può infatti oscillare fra 3,5 e 8 gradi (vino 10 – 12, superalcolici 40).
I dati sul lavoro minorile
CGIL: “Il lavoro minorile in Italia è in crescita ed è facile capire il perché: crescono la povertà e l’emarginazione, cresce il lavoro irregolare clandestino, cresce l’abbandono scolastico”. Sono questi, secondo la Cgil, i fattori determinanti di una delle piaghe dell’economia italiana: lo sfruttamento dei minori. Il segretario della Cgil conferma le cifre dei minori al lavoro: sono 400mila bambini tra i 7 e i 14 anni (l’Istat parla invece di 144mila bambini lavoratori), il 10 per cento dei quali lavora otto ore o più al giorno. Che cosa fanno? La metà aiuta la famiglia, il 32,5 per cento fa lavori stagionali, il 17,5 per cento lavora in maniera continuativa – prevalentemente nel commercio e nell’artigianato – dalle quattro alle otto ore al giorno. La retribuzione di questi ultimi è compresa tra i 200 e i 500 euro al mese.
Il rapporto della Cgil è stato aggiornato con una ricerca focalizzata su tre realtà metropolitane: Roma, Milano, Napoli. In queste tre città, la Cgil ha censito circa 26mila bambini-lavoratori tra i 7 e i 14 anni. A Roma, sottolinea la ricercatrice dell’Ires Anna Teselli, è emersa una forte concentrazione di bambini che lavorano in strada, Napoli è la città dove i bambini cominciano a lavorare prima, verso i 9-10 anni. Milano, invece, conta un cospicuo numero di adolescenti “rinunciatari e nullafacenti”.
Per far fronte allo sfruttamento del lavoro minorile e alla miseria (il 17 per cento dei minori vive sotto la soglia di povertà, il che pone l’Italia al secondo posto in Europa, dopo la Gran Bretagna, in questa drammatica classifica), la Cgil avanza un pacchetto di proposte, che dovrebbero essere finanziate con l’accantonamento del 2 per cento delle risorse provenienti dall’Iva sui beni di lusso.

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